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 2021  dicembre 20 Lunedì calendario

COME CAMBIERA' LA POLITICA ESTERA DELLA GERMANIA CON OLAF SCHOLZ? - RESTANO APERTI I DUE FRONTI PIU' DELICATI: RUSSIA E CINA - IL CANCELLIERE VUOLE TENERE IN VITA IL DIALOGO CON CREMLINO PER EVITARE L'ESCALATION MILITARE ALLE PORTE D'EUROPA -  IL SUO MENTORE, GERHARD SCHRÖDER, E' PRESIDENTE DEL COMITATO DEGLI AZIONISTI DI NORD STREAM, CONTROLLATA DA GAZPROM. E IN RUSSIA LAVORANO ALMENO 4MILA IMPRESE A CONTROLLO TEDESCO - LA CINA È DA 5 ANNI CONSECUTIVI ANNI IL PRIMO PARTNER DELLA GERMANIA, CON UN INTERSCAMBIO CHE NEL 2020 HA TOCCATO I 212 MILIARDI DI EURO… -

Il programma della coalizione semaforo, il contratto di 178 pagine «leggermente più lungo del Grande Gatsby», come ha ironizzato su Twitter il corrispondente da Berlino dell'Economist, Tom Nuttall, è solo un punto di partenza per capire se la politica estera tedesca sarà davvero diversa, e di quanto, rispetto ai 16 anni passati. Olaf Scholz è al momento più imperscrutabile di Angela Merkel, che nel lungo e quasi interminabile cancellierato aveva sviluppato una certa carica emotiva nei passaggi cruciali della sua leadership politica, se pensiamo soprattutto alla crisi dei rifugiati nel 2015 e alla crisi pandemica.

Subito chiamato a esprimersi su questioni internazionali rilevanti, Scholz ha sempre risposto in maniera indiretta a domande dirette. Sul Patto di Stabilità e Crescita continua a ripetere che nella sua forma attuale «si è dimostrato flessibile», senza sbilanciarsi sulla necessità o meno di cambiarlo. Sul Nord Stream 2 e sul possibile congelamento di un progetto già ultimato nel caso la Russia invadesse l'Ucraina, ha parlato di «conseguenze pesanti» nei confronti di una eventuale violazione della sovranità territoriale di Kiev, ma non ha detto esplicitamente se tra queste «conseguenze pesanti» è contemplato un blocco del nuovo gasdotto, come del resto chiedono gli Stati Uniti.

La ministra degli Esteri Annalena Baerbock, dei Verdi, è stata più esplicita e dura in proposito. Intervistata dal canale televisivo Zdf, ha spiegato che Nord Stream 2 non è stato ancora approvato dalle autorità competenti «perché non soddisfa i requisiti del diritto comunitario in materia energetica e perché restano questioni importanti legate alla sicurezza».

Matt Qvortrup, professore all'Università di Coventry, studioso della Germania e autore di una biografia sulla Merkel ("Angela Merkel: Europe' s most influential leader") ritiene che come sempre nella politica tedesca sia in atto un gioco delle parti. «Probabilmente - dice - il ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, farà la voce grossa, anche in Europa, sulle politiche di bilancio, mentre alla Baerbock toccherà assumere posizioni più nette in politica estera, soprattutto per quanto riguarda questioni legate al rispetto dei diritti umani che chiamano sempre in causa Cina e Russia. Alla fine, però, la sintesi è una prerogativa del cancelliere.

L'articolo 65 della legge fondamentale tedesca afferma chiaramente che le linee generali della politica vengono definite dal cancelliere. Ciò vale anche per la politica estera». Così, se Annalena Baerbock è stata molto diretta con Mosca nel giorno in cui un tribunale tedesco ha condannato un russo all'ergastolo per l'omicidio di un separatista ceceno nel Tiergarten di Berlino attribuendone la responsabilità diretta ai servizi segreti, Scholz sostiene la necessità di una nuova Ostpolitik per tenere in vita il dialogo con Cremlino e disinnescare la possibile escalation militare alle porte d'Europa.

Socialdemocratico, il cancelliere viene da una famiglia politica che ha storici legami con la Russia, anche sul piano economico. Il suo mentore, Gerhard Schröder, continua a essere presidente del Comitato degli azionisti di Nord Stream, controllata da Gazprom. In Russia lavorano almeno 4mila imprese a controllo tedesco nonostante il raffreddamento delle relazioni dopo l'annessione della Crimea da parte di Mosca e un crollo degli scambi commerciali anche a causa delle sanzioni, passati dagli 80 miliardi del 2012 ai 45 miliardi dell'anno scorso.

Anche in Cina, come in Russia, Berlino persegue da decenni la dottrina di politica estera del "Wandel durch Annäherung", del "cambiamento attraverso l'avvicinamento". Helmut Kohl all'inizio degli anni 80 andò a Shanghai a inaugurare le prime fabbriche di Volkswagen, Schröder non fu da meno portando in Cina il treno a levitazione magnetica Maglev progettato da Siemens, Merkel c'è stata in visita ufficiale 14 volte («più che negli Stati Uniti», nota Qvortrup).

Sul piano economico e commerciale ha funzionato e la Cina è da 5 anni consecutivi anni il primo partner della Germania, con un interscambio che nel 2020 ha toccato i 212 miliardi di euro. Sul fronte politico decisamente no: tanto con Mosca quanto con Pechino, superpotenze che negli anni hanno accentuato la loro tendenza autoritaria creando tensioni geopolitiche senza precedenti nel post-89 e conflitti potenziali legati rispettivamente alla crisi ucraina e a quella di Taiwan.

Le premesse del contratto di governo lasciano intravedere un cambiamento, almeno di tono, nei confronti della Cina, e nel documento si appoggia esplicitamente la partecipazione «della democratica Taiwan nelle organizzazioni internazionali», si condannano le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang e si chiede «il ripristino a Hong Kong del principio di "Un Paese due sistemi"».

È un percorso tortuoso, quello della nuova consapevolezza tedesca nei confronti della Cina, iniziato con fatica negli ultimi anni dell'era Merkel. Ancora prima che fosse la Commissione europea a farlo, nel gennaio 2019 un documento strategico della Bdi, la Confindustria tedesca, rappresentante anche degli interessi della Mittelstand, la piccola e media impresa, classificò Pechino come un «concorrente sistemico» dal quale ci si doveva anche difendere.

Quale sarà la linea Scholz? «Di sicuro questo governo, oltre a essere più europeista dei precedenti - sottolinea Qvortrup - vorrà essere più atlantista e rafforzare i legami con gli Stati Uniti assecondando, almeno in parte, la visione americana di un contenimento della Cina». Quello che al momento Scholz sembra prospettare sui dossier più difficili di politica estera è una sorta di "cambiamento nella continuità" che potrà sembrare un ossimoro, ma è anche la cifra di una strategia comune nella Germania del dopoguerra.

Come il suo ispiratore Willy Brandt, il nuovo cancelliere crede fermamente nell'idea che anche sistemi diametralmente opposti possano trovare un terreno comune di dialogo. In più vanta precedenti riformisti di tutto rispetto che hanno richiesto notevoli capacità di sintesi e persuasione.

Quando fu segretario generale della Spd, dal 2002 al 2004, convinse la base del partito ad appoggiare il più grande programma di riforma del welfare in Germania dai tempi di Bismarck, l'Agenda 2010 di Gerhard Schröder. Più recentemente, come ministro delle Finanze, è stato assieme ai francesi il vero artefice del Recovery Fund. Infine è riuscito a mettere insieme per la prima volta in Germania una coalizione di governo a tre delineando la visione strategica della «più importante modernizzazione industriale del Paese degli ultimi 100 anni». Sarà presto chiamato a dimostrare un'analoga visione in politica estera. E la guida di Brandt, soprattutto pensando che le ultime linee rosse tracciate da Vladimir Putin per la Nato coinvolgono anche l'Europa orientale e i Baltici, com' era prevedibile, sarà una guida utile e preziosa.