il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2021
Ultime sulla guerra agli oppiacei
Si allontana negli Usa la fine della guerra legale contro Purdue Pharma, uno dei principali produttori di oppioidi, i farmaci antidolorifici il cui abuso è ritenuto responsabile di almeno mezzo milione di morti nell’ultimo ventennio. Giovedì un giudice federale ha annullato un accordo da 4,5 miliardi di dollari che salvaguardava la famiglia Sackler, proprietaria della società che produce l’OxyContin, uno dei prodotti accusati di aver contribuito all’epidemia. Il giudice Colleen McMahon ha negato che il tribunale fallimentare di New York, che aveva approvato la ristrutturazione di Purdue, avesse l’autorità per concedere ai Sackler la protezione legale da ogni causa futura. Prima di chiedere la riorganizzazione fallimentare, in un decennio Purdue aveva distribuito oltre 10 miliardi ai suoi proprietari: anche dopo averne pagati 4,5 alle vittime per tacitarle, alla famiglia sarebbe rimasta un’enorme fortuna.
Secondo il procuratore generale Merrick Garland, “il tribunale fallimentare non aveva l’autorità per privare le vittime del diritto di citare in giudizio la famiglia Sackler”. I proprietari tacciono, mentre l’azienda ha preannunciato appello: “La decisione del tribunale non influisce sulla stabilità di Purdue o sulla sua capacità di produrre farmaci in modo sicuro, ma ritarderà e forse impedirà la possibilità che i creditori ricevano miliardi per contrastare gli effetti della crisi degli oppioidi”, ha dichiarato il suo presidente Steve Miller. Il 29 luglio la Purdue aveva ottenuto il 95% di 120 mila voti favorevoli all’accordo fallimentare per chiudere tremila cause civili che accusavano l’azienda e i Sackler di aver contribuito con l’OxyContin alla morte per overdose di circa 500 mila cittadini Usa. L’accordo prevedeva pagamenti in denaro e donazioni di farmaci e trattamenti per la dipendenza da oppioidi. I beni di Purdue sarebbero stati trasferiti a una nuova società che avrebbe operato in “modo responsabile e sostenibile”. Ma l’intesa avrebbe anche protetto da ogni ulteriore vertenza i Sackler, che hanno un patrimonio stimato in 10,8 miliardi. Alla base delle cause c’era l’accusa alla società di aver commercializzato in modo aggressivo l’oppioide OxyContin tra le decine di milioni di americani che soffrono di dolori cronici, minimizzando la sua capacità di indurre dipendenza e i rischi di overdose. Secondo la Camera di Washington, il medicinale ha generato circa 30 miliardi di entrate per l’azienda farmaceutica. Sia gli azionisti che l’azienda hanno sempre respinto le accuse, ma l’anno scorso la società si era dichiarata colpevole nel processo penale sugli oppioidi. Tuttavia otto Stati Usa, oltre a grandi comuni come Washington e Seattle e altri 2.600 querelanti per danni da lesioni personali avevano votato contro l’intesa. Anche il Dipartimento di Giustizia degli Usa e l’ufficio del procuratore di Manhattan si erano opposti. La decisione della giudice McMahon è arrivata una settimana dopo che il Metropolitan Museum di New York e i Sackler, noti filantropi, hanno annunciato un accordo per rimuovere il nome della famiglia dagli spazi espositivi del Met.
Usati come antidolorifici dal 1999, gli oppioidi sono diventati famosi per l’alto rischio di dipendenza e overdose tra i pazienti, oltre che tra i tossicodipendenti che li usano come sostituti della morfina. Secondo i Centers for Disease Control, l’equivalente Usa dell’Istituto superiore di Sanità, il loro abuso crea danni per 78,5 miliardi l’anno negli Usa. Purdue non è l’unica azienda a essere stata portata in tribunale. Il 22 luglio scorso è stato firmato uno storico accordo transattivo in oltre quattromila cause (tra le quali quelle avviate da 14 Stati Usa) del valore di 26 miliardi in 18 anni per chiudere la guerra legale contro altre aziende coinvolte in questo business. La multinazionale produttrice Johnson & Johnson pagherà in totale 5 miliardi, i distributori AmerisourceBergen e Cardinal Health fino a 6,4 miliardi ciascuno e McKesson altri 7,9.