la Repubblica, 19 dicembre 2021
Il Presidente di cui ha bisogno il Paese
I n vista dell’elezione del nuovo Capo dello Stato da parte di Parlamento e delegati regionali è legittimo e necessario chiedersi di quale Presidente abbia bisogno la Repubblica nella turbolenta fase di insicurezza collettiva che ci troviamo ad attraversare, causata dalla simultanea emergenza della perdurante pandemia e della ricostruzione economia.La risposta deve partire dalla Costituzione repubblicana, del quale il presidente è chiamato ad essere custode e garante, rappresentando l’unità della nazione attorno ai principi da cui nacque nel 1948 all’indomani della sconfitta del nazifascismo e del referendum contro la monarchia.l continua a pagina 37segue dalla prima pagina S aper custodire gelosamente quel patto fra laici e cattolici è il primo, irrinunciabile, tassello del profilo di un Capo dello Stato chiamato a incarnare principi e valori della democrazia repubblicana. A rappresentare il patriottismo costituzionale. Perché l’identità di una nazione è tanto più forte quanto salde sono le sue radici. Tale indispensabile caratteristica – che ritroviamo nel profilo dei 12 Presidenti finora avuti – deve accompagnarsi ad una qualità necessaria per affrontare le due emergenze del presente, pandemia e ricostruzione economica, ovvero saper garantire un punto di riferimento al più vasto schieramento politico al fine di potersi rivolgere a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione, per sostenerli sulla strada di una coesione indispensabile per arrivare a battere il virus ed a far decollare la ricostruzione del sistema produttivo grazie ad un corretto uso dei fondi Ue. E sotto questo punto di vista l’eredità di Sergio Mattarella si presenta come un modello di coesione da seguire perché ha consentito di tenere il Paese unito a dispetto di sconvolgimenti imprevedibili: prima nel 2018 davanti al populismo partorito dalle urne e poi nel 2020 di fronte al Covid-19 arrivato da Wuhan. Rivelandosi come l’alleato più importante dei governi Conte I, Conte II e Draghi.Ma non è tutto perché, oltre al ruolo di custode dei principi fondamentali e di garante della coesione nazionale in tempi di grave emergenza, il nuovo Capo dello Stato dovrà saper esprimere anche la vocazione di un Paese che – dalla scienza alle arti, dalla ricerca al volontariato – ha bisogno di innovare, di guardare lontano, di essere protagonista di un mondo che cambia grazie a nuove generazioni impegnate a misurarsi su difesa del clima, esplorazione del cosmo, allungamento della vita umana.Per le forze politiche che, attraverso il Parlamento, eleggeranno il XIII° Capo dello Stato la sfida non potrebbe essere più difficile: devono scegliere un uomo o una donna capace di rappresentare radici e orizzonti di un Paese immerso nella più grave crisi che ci ha colpito dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.La scelta è resa ancor più difficile dal rischio che litigiosità politiche, ambizioni personali e interessi di parte trasformino l’elezione del Capo dello Stato in una fiera degli errori capace di travolgere il governo Draghi, riuscito in poco più di dieci mesi a garantirci una stabilità interna ed una credibilità internazionale tali da farci invidiare da Berlino per i successi contro il Covid-19, ascoltare da Bruxelles come mai avvenuto, considerare da Washington ipartner Ue più credibili e perfino incoronare dall’ Economist come la “nazione dell’anno”. Basta passeggiare in una qualsiasi città italiana per ascoltare l’apprezzamento che riscuote il nostro esecutivo – dall’efficacia delle vaccinazioni coordinate dal generale Figliuolo ai dati sulla crescita record fra i Paesi Ocse – come è sufficiente affacciarsi in una qualsiasi cancelleria Ue e Nato per scontrarsi con gli evidenti timori per un imminente corto circuito politico a Roma, capace di far uscire di scena non solo Sergio Mattarella ma anche il governo Draghi.La confusione con cui i vari leader politici si alternano sul palcoscenico di improbabili mediazioni che durano lo spazio di un mattino aumenta i timori. Così come la sola ipotesi dell’elezione al Colle dell’ex premier Silvio Berlusconi – figura altamente divisiva per gli scandali che lo hanno avuto protagonista – descrive il rischio di un clamoroso passo indietro tanto sulla stabilità interna che sulla credibilità internazionale.Da qui il bivio che le forze politiche dell’attuale, vasta, maggioranza hanno davanti: possono sfruttare l’elezione presidenziale per consolidare o cestinare i risultati positivi ottenuti negli ultimi dieci mesi su pandemia e ricostruzione. Nel primo caso l’Italia ne uscirà rafforzata nell’affrontare la sfida di un Covid-19 ancora non del tutto sconfitto e nel pianificare l’uso efficace dei fondi Ue, nel secondo scenario invece la brusca inversione di marcia rischierà di far pagare al Paese un prezzo molto alto, in sicurezza e prosperità.