La Stampa, 19 dicembre 2021
La giungla dei cantieri in Italia
Con il boom del Superbonus al 110% i cantieri nelle città italiane si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Secondo i dati Enea di novembre i lavori certificati sono oltre 57 mila, che equivalgono a quasi 10 miliardi di euro di investimenti messi a detrazione. Le ristrutturazioni concluse sono il 70% (pari a 6,7 miliardi) e gli interventi nei condomini da un punto di vista finanziario pesano la metà di tutti gli investimenti.
Il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, che nel governo Conte 2 era allo Sviluppo economico, è uno dei padri del Superbonus e dopo l’incidente di Torino di ieri ha tenuto a sottolineare che non c’è un nesso tra le morti sul lavoro e la ripresa economica. La maxi detrazione sulle ristrutturazioni «green», in realtà non è solo una misura bandiera del Movimento 5 Stelle, tutte le forze politiche spingono compatte i bonus edilizi, tanto che nella manovra all’esame del Senato verranno rimossi i vincoli sulle villette.
Cantieri far west
I sindacati hanno da tempo lanciato l’allarme sulle scadenze legate Superbonus: la fretta di aprire i cantieri per iniziare le ristrutturazioni e l’incertezza legata alle tempistiche delle detrazioni fiscali, destinate a un decalage nei prossimi anni, sono temi che non aiutano ad assicurare ambienti sicuri. Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro, lo dice chiaramente: «Le scadenze legate ai bonus stanno imprimendo un’accelerata anomala e incontrollata, con difficoltà a reperire ponteggi, materiali e personale qualificato». I costi sono alti anche a causa dei rincari delle materie prime e allora qualche azienda, per risparmiare, decide di tralasciare proprio le norme sulla sicurezza. Basta girare per le strade delle città per notare operai spesso senza caschi, guanti e in equilibrio precario sulle impalcature. Oltre ai controlli fiscali, sostiene Quirico, servono «più ispezioni, specialmente nei cantieri dei centri urbani».
L’edilizia italiana, inoltre, come spiega un dossier dell’Inail sulle costruzioni, sconta una normativa sui ponteggi «datata» rispetto a quella europea che invece è all’avanguardia sul fronte dell’innovazione tecnologica.
Il bollettino di guerra
Secondo l’Inail il settore delle costruzioni ha fatto registrare nel quinquennio 2015-2019 una riduzione delle denunce di infortunio dell’8,7% e un ancor più forte decremento dei casi accertati, passati dai 35.083 del 2015 ai 29.104 del 2019 (-17%). Probabilmente l’onda lunga della crisi del settore ha influito sui numeri in calo, che naturalmente tengono conto solo degli assicurati, e non dei tanti lavoratori irregolari vittime di questo fenomeno drammatico. Nel 2020, però, il trend si è invertito e ciò si nota soprattutto sui casi mortali. I decessi nel settore si erano ridotti del 40% dal 2015 al 2019 (da 140 a 84), ma l’anno scorso, appunto, le denunce sono state 149.
Quasi il 60% degli infortuni nei cantieri accade in una regione del Nord, in testa Lombardia, Emilia Romagna e Veneto che da sole arrivano al 40% dei casi. Le prime regioni del Mezzogiorno che compaiono nella classifica delle più colpite sono la Puglia e la Sicilia (4,7% e 4,5% degli infortuni). Mediamente, rileva l’Inail, oltre il 43% degli incidenti avvengono per perdita di controllo di una macchina, di un mezzo di trasporto, di un utensile o per scivolamento con caduta di persona (20,7%).
Cosa ha fatto il governo
Il 15 ottobre scorso è stato varato un decreto sulla sicurezza. La stretta prevede il Durc (documento unico di regolarità contributiva) di continuità sul costo del lavoro, la sospensione dell’attività se il 10% del personale è «in nero» e multe raddoppiate nei confronti delle aziende recidive. L’organico dell’Ispettorato nazionale e cresciuto di mille unità.
Eppure, la mattanza continua. Molte di queste misure non sono ancora a regime, però, denunciano i sindacati, «senza una nuova cultura di impresa che metta la vita delle persone al centro, rischiamo che ogni incentivo, ogni crescita del comparto, produca più infortuni e irregolarità».