Robinson, 18 dicembre 2021
Calvino odiava le biografia, Manzoni amava le pozzanghere. "Le buffe vite degli scrittori" di Andrea Micalone
Italo Calvino non sopportava le biografie degli scrittori. Sono inutili, diceva, l’unica cosa che conta sono le loro opere. Non aveva torto, probabilmente, ma provate a raccontare ai ragazzi che Leopardi era ghiotto di gelati. O che Omero mangiava a sbafo e Dante soffriva di narcolessia. Magari anche che Manzoni era ossessionato fin da piccolo dalle pozzanghere e dall’asfalto bagnato. Per non parlare della timidezza di Virgilio che lo spinse ad abbandonare la toga di avvocato e del caratteraccio di Dostoevskij. Curiosità del tutto insignificanti ai fini della letteratura, certo. Ma utili a renderli più simpatici agli studenti e a invogliarli a conoscerli meglio. Cioè a leggerli al di là degli obblighi imposti dalla scuola.
Le buffe vite degli scrittori di Andrea Micalone con i disegni di Ivan Bigarella è una raccolta di biografie semiserie (più serie che semi) che rivelano ai lettori – è consigliato dagli 11 ai 99 anni – vizi e virtù degli autori che più abbiamo amato. Dopo averli detestati da adolescenti, si capisce. E così scopriremo che il papà di Francesco Petrarca sognava per lui un futuro da giudice. Alla peggio da notaio, che all’epoca valeva un po’ meno. Quando l’aspirante poeta gli spiegò che lui, invece, voleva soltanto scrivere, il pover’uomo non ci restò affatto bene: «Ho fatto tanto per farti studiare e tu pensi ai versi? E come pensi di mangiare e mantenere una famiglia?». Evidentemente anche nel Trecento erano convinti che con la cultura non si mangia. Per fortuna Francesco fece di testa sua, altrimenti ci saremmo persi il Canzoniere e tutto il resto. Senza contare che, secoli più tardi, poeti come Leopardi e Pascoli furono ispirati proprio da Petrarca e senza i suoi sonetti anche loro chissà che strada avrebbero intrapreso.
A proposito di Leopardi, tanto era goloso di dolci che al suo pasticciere napoletano di fiducia, Vito Pinto, dedicò un famoso verso: «Quella grand’arte ove barone è Vito». E visto che ci siamo, sarà utile sapere che Pascoli era davvero una testa calda, tanto da essere arrestato durante una protesta contro la condanna di un gruppo di anarchici. Per sua fortuna l’autore de La cavalla storna
era discepolo di Giosuè Carducci che dopo ben cento giorni di processo intervenne a suo favore spiegando che quel Giovanni era sì un po’ irruento, ma in fondo era un bravo ragazzo. E solo così Pascoli riuscì a cavarsela.
Ora, chiunque abbia letto i romanzi di Jane Austen – da Ragione e sentimento a Emma fino al capolavoro Orgoglio e pregiudizio – è convinto che la grande scrittrice americana fosse una romanticona. Nella realtà, invece, era decisamente allergica all’amore tanto che rimase tutta la vita a vivere con la madre e la sorella. A dire il vero una volta accettò di fidanzarsi con un suo spasimante. Quella sera a casa Austen ci fu una grande festa. Solo che poi Jane non riuscì a prendere sonno e la mattina seguente, a colazione, annunciò che niente, si era sbagliata. Quel fidanzamento era durato appena dodici ore: se non è da Guinness dei primati poco ci manca.
Decisamente singolare anche la vita di Emily Dickinson, forse la più grande poetessa americana della storia. La sua fu un’educazione decisamente rigida, improntata ai più ferrei comandamenti religiosi. Fatto sta che intorno ai diciassette anni, Emily decise di rinchiudersi nella sua stanza e di vestire sempre di bianco. In pratica fu una hikikomori ante litteram, cioè quei ragazzini che scelgono di fuggire fisicamente dalla vita sociale, fenomeno tipicamente giapponese come appare chiaro dalla definizione. La Dickinson scrisse e pubblicò in vita appena sette poesie. Ma quando morì, la sua famiglia trovò nella sua stanza centinaia di componimenti. Tutti chiusi con ago e filo, come dei pacchettini. Un vero e proprio tesoro inestimabile. E poi ci sono Gabriele D’Annunzio, «che si alzava ogni mattina deciso a cambiare il mondo», e lo spagnolo Cervantes «che proprio non riusciva a star fermo, tanto che dopo due anni di matrimonio e di vita sedentaria andò via di casa e la moglie non lo rivide mai più». L’incompreso Italo Svevo dalla perenne aria di impiegato di banca e la stravagante Virginia Woolf che credeva che gli uccellini cinguettassero in greco. Andrea Micalone ci avverte che qualcosa di quello che ha raccontato è frutto della sua fantasia. Ma resta il fatto che i grandi scrittori erano strani e anche un bel po’ buffi. E per questo, a tutte le età, vale la pena di conoscerli meglio.