la Repubblica, 18 dicembre 2021
Intervista a Eseosa Fostine Desalu
I quattro staffettisti dell’Apocalisse non hanno esaurito il loro compito. Anzi, sono appena all’inizio. Era solo il primo capitolo quella rimonta di Filippo Tortu sul britannico Mitchell- Blake che ha portato in Italia la medaglia d’oro olimpica della 4x100. Altro arriverà: lo garantisce uno dei Quattro. Il terzo uomo, quello della curva e dell’urlo a lanciare Tortu: Eseosa Fostine Desalu detto Fausto. Celebre anche perché mentre lui vinceva a Tokyo, la madre partita dalla Nigeria stava facendo la badante a Parma. Ma guai a parlare di staffetta della nuova Italia multiculturale: si chiama Italia. E basta.
Desalu, come si può migliorare una staffetta che ha toccato il cielo con un dito?
«Gli esperti hanno visto che era un cambio molto “schiacciato”, quello tra me e Tortu. Io non ho mai fatto la terza frazione, c’è sempre stato Davide Manenti e Filippo era tarato sul suo passo. Io sono arrivato molto veloce e lui non era ancora abituato.
Abbiamo tempo per limare questi dettagli, sono sicuro che l’anno prossimo potremo fare il record europeo della 4x100. Manca poco (37’’36 dei britannici contro il 37’’50 di Tokyo, ndr ). È uno schiocco di dita».
Chi ha una certa età ha avuto un brivido vedendo la sua curva e la rimonta: Mosca 1980, Mennea contro Wells.
«Ho visto tante volte quella gara, ma anche l’oro di Berruti. Sono atleti che mi hanno ispirato, forse faccio bene la curva anche grazie a loro. Aver visto come correvano, la loro inclinazione. Penso che ci sia qualcosa di mistico in questo. Spero un giorno di avvicinare, e magari, chissà, superarlo il record di Mennea sui 200».
Il 2022 è l’anno in cui scenderà sotto i 20 secondi?
«Sicuramente, avrei potuto riuscirci quest’anno, ma come si dice, del senno di poi sono piene le fosse. Non mi piace dire “se fosse andata così”: è andata così, pazienza, ci riproverò subito. A marzo andrò negli Stati Uniti per lavorare anche sui 100.
Sono affamato, ambizioso, ho tanti obiettivi: Mondiali ed Europei dell’anno prossimo, Mondiali del 2023, Olimpiadi di Parigi 2024. Voglio rimanere nella storia».
Dopo l’oro tutti sono venuti a cercare lei per abbracciarla, Tortu dice che è “lo staffettista più simpatico del mondo”.
«Abbiamo vissuto tante cose insieme, anche fuori dalla pista. È bello condividere un’emozione così con amici di lunga data. Marcell Jacobs lo conosco dal 2009, non avrei mai pensato che un giorno ci saremmo trovati insieme a cantare l’inno sullo stesso podio».
Com’è andato il dopo-Tokyo?
«Sempre lo stesso copione: “mi hai fatto emozionare”, “mi hai fatto piangere”. È bellissimo, incredibile dopo dieci anni di atletica scoprire un impatto simile sulla mia carriera.
Finalmente è arrivato questo giorno, però Tokyo l’ho già archiviata».
È apparso in uno show con Davide Oldani: vuole diventare
chef?
«Non mi piace cucinare, mangiare bene sì, lasagne, pizza, risotto con zucca e salsiccia. Sono amante della cucina e, per questioni di sopravvivenza, per seguire la mia dieta mi preparo tre cose: pasta, riso e bistecca».
Lo sa che le Olimpiadi sono nel suo destino: è nato nei giorni di Lillehammer ’94, la più grande edizione invernale italiana, con Tomba, Compagnoni, la staffetta del fondo…
«Non ci avevo mai fatto caso, io credo molto in queste cose. Ma è un segno che devo andare a sciare? Non ci sono mai riuscito, sono freddolosissimo».
La vostra 4x100 è sembrata la rappresentazione della nuova Italia.
«Ma io non parlerei nemmeno più di Italia multietnica: noi siamo italiani, è inutile dire italiani di seconda generazione. Il mondo va avanti.
Come diceva Jesse Owens, neri, bianchi, gialli o mulatti in pista non esistono. Esiste solo più veloce e più lento. È il bello dell’atletica».
Sua madre Veronica come ha vissuto la notorietà?
«Lei non era abituata a tutto questo seguito. È contenta che il mio valore sia stato riconosciuto, ma non è a suo agio, dopo un po’ ha voluto tagliare, è riservata, non desidera apparire. Non mi piace che sia strumentalizzata, la voglio lasciare fuori. Ora lavora in una casa di riposo a Casalmaggiore, dove abito anch’io, non segue più a Parma il signor Giulio con cui è rimasta in buoni rapporti».
Su Instagram ha parlato dell’incontro più emozionante dopo Tokyo: con il re dei doppiatori Luca Ward.
«Da quando ero bambino il mio sogno è fare il regista, non l’attore perché non mi piace stare davanti ai riflettori, sono un po’ introverso. Da ragazzino scrivevo sceneggiature.
Luca Ward ha doppiato tantissimi personaggi della mia infanzia, è la voce del Gladiatore, di Neo di Matrix, la lista dei suoi film è infinita. Non sono nato come sportivo, come Paltrinieri, Tamberi, Tortu, che seguono calcio e basket. Io sono partito come amante del cinema, poi sono entrato nel mondo dello sport.
Per me è bellissimo più che incontrare, che so, Cristiano Ronaldo, parlare di cinema con Luca Ward. Il Signore degli anelli, il genere fantasy, i film di Peter Jackson, Steven Spielberg, Quentin Tarantino: ma è pure difficile scegliere tra tutto quello che mi appassiona».
C’è qualcosa di cinematografico nel vostro oro della 4x100?
«Su un film ho plasmato le mie emozioni in vista delle Olimpiadi. È la biografia, guarda caso, di Jesse Owens: Race. Quando vedevo la scena di lui che usciva dal tunnel per entrare sulla pista di Berlino 1936, con la voce del pubblico sempre più forte e lo Zeppelin che volteggiava, immaginavo cosa sarebbe stato quel momento per me a Tokyo. È andato tutto in maniera inaspettata: lo stadio senza pubblico per la pandemia, e noi quattro con la medaglia d’oro».