la Repubblica, 18 dicembre 2021
Berlusconi ha paura di fare la fine di Prodi
Il sospetto ha iniziato a insinuarsi da un paio di giorni nei saloni di Villa San Martino ad Arcore addobbati a festa. Come uno spiffero infido e sgradevole dal quale è impossibile difendersi. Matteo Salvini e Giorgia Meloni – nonostante i veti apparenti su Draghi – non stanno giocando una partita limpida nella complicata trattativa per il Colle: di questo si sta via via convincendo Silvio Berlusconi, mentre al centralino di casa il tam tam delle telefonate somiglia sempre più a quello della batteria del Viminale. Ieri il fuoco di fila dal centrodestra sulla scalata dell’attuale presidente del Consiglio: «Resti premier».
Eppure, il capo di Forza Italia si fida ogni giorno meno di chi dovrebbe sostenere la sua corsa. «Non voglio fare la fine di Romano Prodi», ripete, per nulla entusiasta di quella sorta di mini-consultazione che il leader della Lega ha lanciato coi colleghi degli altri partiti. La ciliegina poi ieri, da Palermo, quando a margine del processo Open Arms l’ex ministro dell’Interno si è lasciato sfuggire con schiettezza: «Non dico che dobbiamo scegliere uno dei nostri, ma proviamo a fare la scelta più condivisa possibile». Per il Cavaliere, il sigillo sui peggiori auspici, generati anche dalle mezze frasi sfuggite a Giorgia Meloni («Berlusconi è una ipotesi seria, ma servono i numeri»), che pure lo aveva definito “un patriota”. Il veto di Enrico Letta ai leader di partito ha fatto il resto. E Gianni Letta non fa nulla per smontare la tesi secondo cui il capo del Pd sta giocando di sponda proprio con i leader di Lega e Fdi per neutralizzare Berlusconi.
«Se alla prova del voto mi mancheranno quindici voti vorrà dire che mi sono giocato la mia partita – è il ragionamento dell’anziano ex presidente del Consiglio riferito da chi è stato spesso con lui di recente. Ma se me ne mancheranno centoquindici, allora vorrà dire che sono venuti meno ai patti i nostri alleati. E per me il centrodestra sarebbe finito lì». Trasposizione berlusconiana della storia dei 101 franchi tiratori di Romano Prodi.
Considerazione amara che sa di avvertimento. Da parte del leader del partito certo più modesto, fra i tre che compongono la coalizione. Ma pur sempre patron delle reti Mediaset, quelle nelle quali Salvini e Meloni scorrazzano, saltellando da un talk a un tg, lucrando consensi. Come dire, se le cose dovessero andare tanto male nella corsa al Colle, cambierebbe tutto lo scenario, nel centrodestra. Politico, ma anche mediatico. Sono gli uomini rimasti vicini al Cavaliere a destarlo dal sogno quirinalizio carezzato da settimane: «Presidente, guardi che siamo certi soltanto dei nostri parlamentari e se non dovesse farcela non bisognerà scomodare Agatha Christie per risalire al colpevole». Berlusconi annuisce in silenzio, comunque convinto di poter giocare le sue carte dalla quarta votazione, evitando accuratamente di bruciarsi nelle prime. E chissà se ad alimentare le speranze non siano state nelle ultime settimane le frequenti, insospettabili telefonate con Giuseppe Conte: l’ex presidente del Consiglio targato M5S, il partito più lontano dalla storia politica berlusconiana. Sui loro voti (e su quelli degli ex grillini) paradossalmente confida l’uomo di Arcore. Nessuna delle fonti attendibili dei due partiti riesce a spiegare cosa ci sia dietro, sta di fatto che è nata tra loro una sorta d’intesa all’insegna di un vago “moderatismo”. «Ho saputo che Berlusconi può contare sull’appoggio di almeno 7 grillini alla Camera», confidava ieri sera all’Adnkronos Gregorio De Falco, ex capitano di fregata, ex senatore 5S oggi nel Misto. «Berlusconi? Il punto è che potrebbe essere affossato dallo stesso centrodestra», insinuava ieri con voluta malizia Luigi Di Maio intervistato dal Corriere.it. Ad ogni modo, Berlusconi continua a tessere la sua tela sostenuto (solo) dai suoi. «La strada è in salita e Forza Italia ormai ha imboccato una parabola discendente – raccontava l’altra sera Gianfranco Rotondi in una cena natalizia – ma se dovesse concludersi con Silvio al Colle per tutti noi sarebbe un finale più che dignitoso». Detto questo, il Cavaliere sa bene di essere la “seconda opzione”, lo confessa con scaramanzia a tutti. Ma con l’incognita Omicron anche il futuro di Mario Draghi sta diventando meno scontato. Poi, se già alle prime votazioni per l’ex presidente della Bce dovessero spalancarsi le porte del Quirinale, allora il leader forzista si farà trovare plaudente nella tribuna vip dei grandi elettori.