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 2021  dicembre 18 Sabato calendario

Intervista a Anna Maria Guarnieri

«La mia espulsione dalla scuola del Piccolo? Fu una fortuna sfacciata!». Anna Maria Guarnieri, che è in scena proprio al Piccolo di Milano con Arsenico e vecchi merletti, ride ancora ripensando a quell’episodio. «Frequentavo la scuola da poco tempo. Strehler lo avevo visto solo tre volte. La prima, mi fece studiare il prologo dell’Aminta del Tasso; la seconda, salii sul palco, mentre lui era in platea e, dopo avermi ascoltato, mi disse solo “scendi”, senza commenti. La terza volta, noi allievi insieme recitammo un pezzo di Garcia Lorca e io, su una frase del brano, feci un piccolo gesto, alzando la testa come per cercare la luce. Strehler si rivolse ai miei compagni, dicendo: non state lì come pezzi di legno, guardate la Guarnieri e fate come lei».
Ma perché venne espulsa?
«In quel periodo era nata la televisione e avevo bisogno di guadagnare perché mio padre, grande direttore d’orchestra, stava male, il suo lavoro scarseggiava e in famiglia eravamo passati dalle stelle alle stalle. Feci un provino in tv, lo superai e venni presa per un piccolo ruolo, guadagnando una buona cifra. Prima di accettare il ruolo, chiesi alla segreteria della Scuola di poter parlare con Paolo Grassi, per chiedergli il permesso. Non ottenni l’appuntamento e, poco dopo sull’ordine del giorno esposto in bacheca, c’era scritto che ero stata espulsa: un editto bulgaro. L’espulsione mi fece iniziare la mia vera carriera e la mia vera scuola fu la Compagnia dei Giovani con Giorgio De Lullo, Romolo Valli, Rossella Falk, Elsa Albani».
I veri maestri?
«Certo! De Lullo era un despota, ma tutte noi attrici eravamo innamorate di lui: credo di avergli fatto una dichiarazione. Romolo, un educatore: mi consigliava i libri da leggere e la prima volta che andavo a votare mi consigliò a chi dare il mio voto. Rossella era esigente, ma leale. Elsa era la mia poltrona Frau: mi accoccolavo su di lei e mi consolava».
Con Franco Zeffirelli e Anna Magnani come andò?
«Con Franco passai dal cilicio imposto da De Lullo alla libertà: era un incosciente. Mi costrinse a fare Giulietta: avevo 30 anni e interpretavo una quindicenne. Ero una vecchiona vicino a Giancarlo Giannini, un Romeo giovanissimo. La Magnani, una strana donna, sospettosa, non si fidava di nessuno».
L’esperienza più devastante qual è stata?
«Ero a Prato, per la Fedra di Racine diretta da Ronconi. Prima di entrare in scena, vengo assalita dal panico e scappo via, ho girovagato fino alle quattro del mattino, andando nei posti più strani. Entrai in un locale dove gli operai giocavano a carte e mi guardarono sorpresi. Poi vedo un portone su cui c’era scritto Misericordia, pensai fosse un convento. Entro e sento un forte odore di varecchina, mi viene incontro un uomo, gli chiedo se potevo parlare con una suora, avevo bisogno di sfogarmi. Lui mi guarda stranito e risponde: qui non ci sono suore, è un obitorio! Approdo a un pronto soccorso: il medico di guardia mi dà il lexotan, poi mi consiglia di chiamare telefono amico».
Uno spettacolo che non rifarebbe?
«Antonio e Cleopatra con Adolfo Celi: lui gentilissimo, ma era una montagna d’uomo rispetto a me piuttosto esile. Una sera venne a vederci Laura Betti e, siccome in scena ero vestita di verde, mi disse: sembri una rana che tenta di arrampicarsi su una quercia».
Quale personaggio vorrebbe ancora interpretare?
«Alla mia età, ormai, potrei fare Mago Merlino o la strega di Biancaneve».