Corriere della Sera, 18 dicembre 2021
Panariello tra i giovani per imparare ad usare TikTok
Un formicaio di tiktoker, un grande fratello versione influencer, una factory di contenuti brandizzati da dare in pasto all’algoritmo. Benvenuti nella Stardust House «prima content house italiana e straordinario hub di creator, dove i Talent vivono insieme h24 mettendo in connessione brand e large audience». Detto così sembra una supercazzola di marketing. In italiano si tratta di una casa dove 19 ragazzi tra i 17 e i 25 anni vengono «allevati» a creare contenuti per TikTok, Instagram, Twitch e YouTube, un luogo di formazione professionale e tecnica che «educa» le nuove generazioni a muoversi e monetizzare (per sé e per Stardust) nel mondo dei social. La casa che li ospita è concepita come quella del Grande Fratello: due grandi spazi comuni, palestra e piscina, le camere dove dormono i ragazzi (in totale hanno 50 milioni di follower), le postazioni di lavoro. Mancano le telecamere, ma a quelle ci pensano loro con i cellulari, perché la loro vita è rendere interessanti se stessi come prodotto.
Qui, a Capriano (a 35 chilometri da Milano), per un anno i ragazzi studiano, imparano, crescono e attraverso il lavoro quotidiano si trasformano in «creator» (Nanni Moretti perdonaci) sempre più abili a produrre contenuti e format per diverse categorie merceologiche (dall’automotive alla farmaceutica, dal cibo alla musica). Concepita come l’Academy Disney che forgia attori e attrici per nutrire spettatori, qui l’obiettivo è creare visualizzazioni: con 100 contenuti al giorno arrivano a 20 milioni di views quotidiane (sommando i numeri dei quattro media).
Così Stardust ha saputo entrare sul mercato industrializzando il mondo dell’influencer marketing. Ma non c’è solo la House, perché intorno alla società si muovono circa 500 influencer sotto contratto che riescono ad amplificare il messaggio di un brand. L’idea è tanto semplice quanto efficace: anziché avere un solo influencer con milioni di follower, nei hai tanti che uniscono i loro milioni di seguaci; tanti fucili che diventano un cannone. È successo con la canzone «Watermelon Sugar» di Harry Styles con il jingle utilizzato per i video di TikTok: se decine di influencer lo usano, la leva dell’emulazione spingerà molti follower a ricorrere a quello stesso brano per i loro video, creando un effetto virale: quelle note risuoneranno in milioni di cellulari.
Ma l’Italia è anche un Paese per «vecchi». Ora Giorgio Panariello ha deciso di debuttare su Twitch e Tik Tok con il suo primo format originale e 100% digital (il titolo è ironicamente chiaro: «From Boomer to Zoomer»). Lui (61 anni) ha passato una settimana nella Stardust House e ha raccontato l’esperienza che ha vissuto da inquilino «fuori corso». Una full immersion con la Generazione Z con l’obiettivo di imparare tutto quello che c’è da sapere su TikTok e i social: «Non ho figli, e questo è anche un modo per colmare un gap generazionale – spiega Panariello —. Sono venuto qui con curiosità e anche timore: per un ragazzo di 20 anni quelli come me sono di vetro, ti guardano con occhi che ti oltrepassano». Le lezioni sono a due sensi: «I nostri incontri sono come sedute di psicanalisi per me e per loro. Voglio far capire loro che guardare indietro può essere fonte di ispirazione. Questi ragazzi non sanno chi è Pieraccioni, non conoscono Fiorello, ma devono capire che guardare indietro serve, la memoria è fondamentale altrimenti costruisci sulla sabbia. Diciamo che io servo a loro per fargli aprire gli occhi all’indietro, mentre loro aiutano me a guardare avanti».
All’inizio i social non erano per lui: «Provavo un certo rancore: mi chiedevo come fosse possibile che ci fossero persone che avevano milioni di follower senza saper fare niente». Poi Panariello (a fine gennaio parte la sua nuova tournée teatrale, La favola mia) si è messo in discussione: «Ho capito che se non vuoi perdere contatto con il mondo ti devi agganciare anche a realtà diverse dalla tua. Sui social devo imparare a usare il loro linguaggio, cosa serve e cosa no, senza essere imbarazzante, cringe come dicono loro».