Corriere della Sera, 18 dicembre 2021
Dopo due secoli il North Shropshire ha scelto una deputata liberal democratica, Helen Morgan. Una batosta per Johnson
Londra «Ho ascoltato ciò che gli elettori volevano dirmi, devo accettarlo». Boris Johnson ha cercato di fare buon viso a cattivo gioco ma il risultato che gli elettori del North Shropshire hanno consegnato al primo ministro cambia completamente le carte in tavola.
Non è raro che il partito di governo perda alle suppletive. È un imbarazzo sopportato da Tony Blair, David Cameron e Theresa May. Il North Shropshire, però, è un collegio rurale e fermamente pro Brexit che, nella sua storia, ha sempre votato per i conservatori. Due secoli di fedeltà confermati alle scorse elezioni, appena due anni fa, con una maggioranza di 23.000 voti. Ieri ha scelto una deputata liberal democratica, Helen Morgan, con un vantaggio di 6.000 consensi.
La roccaforte è crollata: il perché va cercato nelle presunte feste natalizie di Downing Street durante il lockdown, nella percezione che Johnson e i suoi ministri si considerino al di sopra delle regole, nella frustrazione di tanti cittadini che con la pandemia hanno perso amici e familiari e che ora sono alle prese con difficoltà economiche dovute al Covid e all’uscita dall’Unione europea, nell’approccio a volte confusionario di un primo ministro che da una parte ha attuato una campagna vaccinale di tutto rispetto e dall’altra è in grado di perdersi in un discorso alla Confindustria e citare il parco a temi di Peppa Pig (questo proprio nello Shropshire non è andato giù).
Morgan, nel momento della vittoria, ha sottolineato che per il premier «la festa è finita», perché quello dello Shropshire è stato un voto tattico non necessariamente per lei ma contro Johnson. Nonostante le tentate rassicurazioni il significato per il primo ministro è lampante. La sua leadership è in dubbio.
«Un altro errore ed è fuori», ha commentato Roger Gale, deputato conservatore di vecchia data. «È un calcio in bocca per il partito», ha ammesso Oliver Dowden, copresidente dei Tories. «Ha i giorni contati», ha sottolineato Ruth Davidson, che è stata a lungo a capo dei conservatori scozzesi. Se la vera forza di Johnson era la sua abilità nel risultare simpatico e tagliare traguardi tangibili in momenti-chiave – il referendum sulla Brexit ad esempio, e le elezioni di due anni fa, vinte con una maggioranza di 80 seggi e il 43,6% del voto popolare, la percentuale più alta dal 1979 – il North Shropshire ha mostrato che l’elettorato è stanco e stufo.
Gli scandali
Si è dimesso il capo dell’inchiesta sui party in lockdown: ne aveva organizzati anche lui
Il potere del premier oggi è fragile come non mai. L’insofferenza del partito si era già vista martedì a Westminster con il dibattito sulle nuove misure anti-Covid, tra cui l’obbligo di Green Pass per alcuni eventi. Cento conservatori avevano votato contro il governo. I provvedimenti erano stati approvati solo grazie all’appoggio dei laburisti. «Sono il primo ministro e di conseguenza la responsabilità è mia», ha precisato Johnson. «Capisco la frustrazione», ha sottolineato.
«Si è parlato troppo di politici e non abbastanza di temi che hanno un impatto vero sulla vita dei cittadini», un’accusa neanche troppo velata agli organi d’informazione, che avrebbero amplificato oltre il dovuto le presunte infrazioni delle regole sul lockdown.
È difficile però intravedere come Johnson possa riconquistare la fiducia del Paese. Ieri, un ulteriore sviluppo nella saga delle feste proibite: l’uomo che il premier ha messo a capo dell’inchiesta interna, Simon Case, è lui stesso accusato di aver organizzato e partecipato a festeggiamenti natalizi in pieno lockdown e si è dimesso in serata.
La lingua inglese ha una parola – sleaze – che nelle sue sei lettere raccoglie corruzione, immoralità, squallore, viscida ipocrisia. È un sostantivo che segue Johnson a ogni passo.