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 2021  dicembre 17 Venerdì calendario

La seconda vita delle ville degli ex

Rischia di diventare un agriturismo, e sarebbe l’onta suprema ché, ai tempi d’oro, era la dimora del Doge Giancarlo Galan. Finito nelle patrie galere per via delle mazzette del Mose e con i beni più cari confiscati, tra tutti proprio Villa Rodella di Cinto Euganeo: di lì il Colosso di Godi, com’era anche detto il gaudente presidente del Veneto, era stato tradotto direttamente nel carcere di Opera salvo tornarvi ma solo per scardinare lo scardinabile: tazze da bagno, bidet, rubinetteria, termosifoni e caminetti, pur d’evitare che la magione padovana potesse essere valutata dallo Stato che poi l’ha incamerata e ora messa all’asta: prezzo base 2,7 milioni per accaparrarsi 13.600 metri quadri in tutto, sui quali insistono la villa cinquecentesca con terrazze alla veneziana di cui il ministero dei Beni culturali ha autorizzato la vendita, una chiesetta con altare tabernacolo e statue e pure un fabbricato di servizio, una barchessa particolarmente adatta a essere riconvertita all’ospitalità agrituristica, come recita l’annuncio dell’Agenzia del Demanio che ora aspetta le offerte.
Mentre ancora non è chiaro il destino degli immobili confiscati all’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, condannato in via definitiva per appropriazione indebita dei fondi del partito: da settembre 2019 è stato affidato ai servizi sociali e si è aggiudicato un contratto a tempo indeterminato alla Caritas di Roma, ma non rientrerà in possesso dei suoi beni, almeno quelli che son riusciti a confiscargli a ristoro degli oltre 20 milioni che aveva fatto sparire con una destrezza degna di un mago. Il Demanio ha preso in consegna le sue proprietà nella natìa Capistrello in provincia dell’Aquila e a Roma e provincia e sta valutando “per ognuno di essi le possibilità di valorizzazione e messa a reddito”. La villa da mille e una notte di Genzano ai Castelli Romani dove nel 2012 la Finanza l’aveva arrestato per portarlo in carcere potrebbe diventare presto un polo museale: 1.600 metri quadri su quattro piani con ascensore interno più un immenso giardino, campo di calcetto e chi più ne ha più ne metta che un tempo era l’eden della famiglia Lusi, tra marmi, saune e ogni comfort extralusso.
La casa, più delizia che croce per gli inquilini della Prima, Seconda e pure Terza Repubblica. Finiti nella bufera chi per via di un affitto a canone di strafavore e più spesso per compravendite straordinariamente vantaggiose. Come quella del favoloso attico di via in Arcione, 600 metri giusto sotto al Quirinale, regno di Ciriaco De Mita. Che era stato affittuario dell’immobile dell’Inpdai per anni a un canone modesto, fin quando non aveva deciso di comprarselo per 3 milioni: nel 2016 l’ha messo in vendita a 11.
E che dire della casa di Montecarlo che a Gianfranco Fini è costata la carriera e un processo con l’accusa di riciclaggio? Lasciato in eredità ad Alleanza nazionale l’immobile sarebbe finito (grazie ai soldi del re delle slot Francesco Corallo e a certi magheggi off-shore) nella mani del fratello della sua compagna Elisabetta Tulliani: acquistato per appena 300 mila euro e poi rivenduto a 1,3 milioni.
Claudio Scajola, già potente ministro berlusconiano, è invece diventato addirittura leggenda per via del mezzanino di via Fagutale, vista Fori imperiali. Che nel 2014 ha ceduto a 1,63 milioni e che nel 2004 aveva pagato 610 mila euro. Con l’aiutino “a sua insaputa” dell’imprenditore Diego Anemone che aveva colmato la differenza per l’acquisto da 1,7 milioni.