la Repubblica, 17 dicembre 2021
Intervista a Sebastian Coe
Sebastian Coe, presidente della federazione internazionale di atletica (World Athletics), commenta l’anno che si sta per chiudere e anticipa quello che verrà.Contento?«Siamo la forza dominante. Non esulto solo per le grandi prestazioni dell’atletica a Tokyo e nel mondo. Siamo al primo posto degli sport olimpici. Lo dicono i numeri: le ore di trasmissione, i 10 mila articoli della stampa scritta, e poi 700 milioni di visualizzazioni social e 62 milioni di visualizzazioni tra clip e highlights. Sono metriche solide.La nostra road map è sempre dalla parte dello sport, anche perché il 50% degli adolescenti tra i 9 e i 14 anni ha smesso di fare attività fisica».Pensare a cambiare la giuria che assegna i premi dell’atleta dell’anno?«No. La giuria è formata da sei statistici che provengono da diverse aree geografiche. È inevitabile che la scelta renda scontento chi non è stato selezionato».A parte l’assenza di Jacobs, mancava la martellista polacca Wlodarczyk: 36 anni, unica donna tre volte campionessa olimpica consecutiva, 4 titoli mondiali, 6 record del mondo.Cosa altro deve fare?«Mi chiedete anche di Jacobs, due volte campione olimpico. Non era nei nominati. Come rispondo? Il suo tempo verrà. Corra, faccia quello che deve fare. Ho detto all’indomani della sua vittoria che se l’era meritata, l’ho difeso dalle voci che avanzavano dubbi. Ma la giuria è libera di scegliere, senza condizionamenti».Ci dice i nomi dei sei statistici: chi sono?«No. Devono stare in pace. Hanno i loro criteri e le loro regole. Se rendo pubblici i nomi subiranno interferenze».E se ricapita che due atleti si mettano d’accordo per dividerel’oro?«Ero allo stadio, anch’io sul momento sono stato sorpreso dalla decisione Barshim-Tamberi di assegnarsi il primo posto. E c’erano presidenti di federazioni che dissentivano, dicendo che una gara deve avere per forza un vincitore. Ma quel gesto dentro e fuori lo sport ha scatenato molte condivisioni emotive, la gente ancora ne parla e sui social è andato fortissimo. Se chiedete a me atleta se avrei diviso un oro, rispondo no».È stata una stagione di molti record grazie anche alle nuove (criticate) scarpe e piste.«Io tendo a vederla in modo storico: tutto si evolve. Anche i materiali con cui si fa lo sport. E le compagnie che producono scarpe per l’atletica sono i partner che contribuiscono di più al nostro sport».L’ipotesi di introdurre il cross-country ai Giochi invernali?«Continuiamo a parlarne con il Cio. Noi siamo favorevolissimi.Anche perché sarebbe un modo per dare all’Africa un accesso vincente alle Olimpiadi invernali, da cui per ora è esclusa. Ci dicono che non è un evento da neve, ma, sarà il cambiamento climatico saranno le sedi scelte, io ne vedo poca di neve nelle ultime città designate».Avete di nuovo cambiato la formula dei salti in lungo e dei lanci nella prossima Diamond League.«Sì. Facciamo test, chiediamo ad atleti e allenatori cosa ne pensino, ascoltiamo i loro suggerimenti e la formula dell’anno scorso non era troppo piaciuta. Stiamo parlando della Diamond League non di competizioni olimpiche, ma oggi la durata non va più di moda, si va verso eventi mai troppo lunghi che riescano sempre ad essere adrenalinici. Oggi l’atletica non si confronta con altri sport, ma con il settore intrattenimento. Siamo nello show-business, è show-time, niente noia, né tempi morti».La posizione dell’atletica su Pechino 2022?«Lo sport è un ponte che può contribuire ad unire e che allarga la vista. Io difendo i più vulnerabili, gli atleti, per cui sono contrario ai boicottaggi anche perché ho potuto rendermi conto di persona come impoveriscano la qualità dei Giochi. Non mi piace quando si usa lo sport per altri fini».