la Repubblica, 17 dicembre 2021
Intervista a Shel Shapiro
Il musicista pubblica il singolo “La leggenda dell’amore eterno”di Luigi Bolognini C’è un mondo vecchio che ci sta crollando addosso ormai, ma che colpa ha Shel Shapiro? Lui, a 78 anni, vecchio non si sente affatto, e insomma se cercate uno di quelli popolari negli anni Sessanta e Settanta a cui abbeverarsi di aneddoti, reducismi e “io c’ero”, ecco, andate da qualcun altro. Lui tuttora continua a produrre musica nuova, ultimo esempio il singolo La leggenda dell’amore eterno, che porterà a un album a primavera 2022. E le canzoni vecchie, quelle coi Rokes, sono riservate nei concerti, «però gli cambio l’arrangiamento, lo modernizzo. È la pioggia che va deve emozionare la gente di adesso, non la gente di allora, il pubblico non deve venire a fare dei karaoke, ma ad ascoltare, e a dire di questa canzone “che bella che è”, non “che bella che era”, devo strappare l’anima».E questo lei cerca di continuare a farlo, anche con “La leggenda dell’amore eterno”.«Certo, perché tutti da giovani sogniamo l’amore eterno, e sulla prima persona che ti ruba veramente il cuore tu fai la scommessa della vita, punti tutto.Solo dopo – spesso, magari non sempre – capisci che devi essere fortunato per trovarlo. Ma il tuo primo amore resta comunque eterno».Il disco quando uscirà?«Per il momento sta uscendo a rate. Qualche mese fa c’è stato l’altro singolo, Non dipende da Dio. È pronto tutto, comunque, se ne parlerà in primavera. Sarà un disco di autoanalisi, della vita e della musica, anche se mettiamo in chiaro che non è un bilancio definitivo, ho ancora tanto da dire e da dare».Però è inevitabile cercare di chiarire la questione del suo passato, che è quasi da psicanalisi.Lei, come ex leader dei Rokes, potrebbe vivere tranquillamente di revival: ospitate nelle sempre più numerose trasmissioni tv rivolte ai giovani di mezzo secolo fa, dischi di “best of”, tour con scalette d’epoca. Invece no.«Invece no perché trovo così triste vivere di rendita, mi sembra non corretto. Se avessi inventato una macchina del tempo potrei farlo.Mi ci applicherò in futuro, prometto ma ora no. E mi sembra logico che uno cerchi di essere creativo, troverei noioso il contrario. Noi artisti dobbiamo rischiare la vita sempre, intendo in senso metaforico: se non rischi di fare una cosa brutta non rischierai neanche di farne una bella».Però rinnegare così il passato, e un passato come il suo...«Ma io non rinnego nulla. Nella vita e nella musica porto sempre me stesso, il mio passato, le mie esperienze, i i miei sogni. Io non capisco come si possa andare in pensione: o hai i soldi necessari per fare tutto quello che vuoi o bisogna continuare. Il privilegio mio, e di tutti quelli che hanno scelto una strada non garantita, è amare quello che fai, occuparti di qualcosa che faresti anche gratis, sperando che nessuno se ne accorga».Benissimo, ma resta questo rapporto difficile col suo passato.«Guardi, col mio passato ho un ottimo rapporto. Semplicemente se ci ripenso è per fare memoria, non per fare nostalgia, che è ben diverso. Non sono uno di quelli che pensano che il passato sia migliore del presente: se succede è solo perché allora ero più giovane. Mi viene da pensare al 1962, quando i Rokes si chiamavano ancora Shel Carson Combo: eravamo in tour ad Amburgo, dormivamo in una topaia, guadagnavamo quanto bastava per un pasto caldo quotidiano. Ma eravamo felici: facevamo musica, la nostra passione, e non avevamo ancora vent’anni».Ops, un ricordo del passato. Che succede?«La verità è che sono un pessimo raccontatore di aneddoti. Anzi, addirittura quando qualche mio coetaneo cita un episodio in cui c’ero, io me lo ricordo diverso o non me lo ricordo affatto. E poi mi dispiace se vengo ricordato solo come leader dei Rokes: sono una parte importante di me, e non li rinnego, ma ho fatto anche tanto altro, nel mezzo secolo successivo. Tanto che credo che musicalmente non ci sia niente dei Rokes in me ora.Non dico di essere meglio o peggio: sono altro».Però lei una certa età l’ha, o se preferisce una certa esperienza.Quindi può dirci come vede la musica di oggi e chi la fa.«L’offerta adesso è molto più variegata in qualità e quantità, penso soprattutto a trap e rap che hanno fortissimi saliscendi di livello. Ma gente come Mahmood, Ghali, Dardust, ha qualcosa di molto personale. Io ai giovani di adesso invidio solo una cosa, e non è l’età: è che hanno capito che possono anche farsi pagare bene, molto bene. Noi ai tempi proprio non ci arrivavamo» .