Il Sole 24 Ore, 16 dicembre 2021
Gli Usa puntano sulle pale eoliche galleggianti
È stata un’altra annata record per le fonti energetiche rinnovabili, con 290 nuovi gigawatt installati, soprattutto di eolico e fotovoltaico, malgrado il perdurare della pandemia. Le fonti verdi battono così nel 2021 (dati Iea) il record di tutti i tempi del 2020, che aveva segnato un balzo del 45% rispetto all’anno prima, con 280 gigawatt installati, e un cambio di passo decisivo nella transizione energetica globale.
L’eolico offshore è uno dei cavalli di battaglia più potenti in quest’avanzata delle rinnovabili e il risveglio del mercato americano, considerato la “bella addormentata” di questa tecnologia che non è ancora mai stata utilizzata lungo le coste degli Stati Uniti, promette grandi sviluppi per i mesi e gli anni a venire. L’amministrazione di Joe Biden si è posta un ambizioso obiettivo di 30 gigawatt di turbine eoliche offshore installate entro il 2030 e 110 gigawatt entro il 2050, per 10 miliardi di euro d’investimenti annuali stimati. Ci sono già 16 progetti in corso di autorizzazione, per complessivi 19 gigawatt, che potrebbero aprire i cantieri entro il 2025.
L’apripista, di cui è già cominciata la costruzione, sarà Vineyard Wind, un parco da 800 megawatt a 15 miglia da Martha’s Vineyard, l’isola del Massachusetts famosa per le riunioni di famiglia dei Kennedy, a sud di Cape Cod. Composto in una prima fase da 62 turbine, il progetto di Iberdrola e Copenhagen Infrastructure Partners era stato ostacolato dall’amministrazione Trump, ma con il cambio della guardia alla Casa Bianca gli è stato riservato un trattamento preferenziale e l’autorizzazione finale è arrivata in marzo. In ottobre i promotori si sono assicurati un finanziamento da 2,3 miliardi e a fine novembre sono partiti i lavori. La consegna è prevista già nel 2023. In parallelo procede il maxi-progetto Coastal Virginia Offshore Beach, il più grande in questa fase, da 2,6 gigawatt. Collocato a 27 miglia da Cape Henry, la punta meridionale della maestosa Chesapeake Bay, il campo eolico di Dominion e Orsted comprende in tutto 176 turbine e prevede di essere operativo nel 2026. Un terzo progetto da 800 megawatt, Empire Wind, promosso dalla norvegese Equinor, conta di entrare in esercizio nel 2026 davanti a New York, a 14 miglia da Long Island, con 60-80 maxi-turbine, che faranno concorrenza alla Statua della Libertà.
In tutti questi progetti è presente anche Prysmian, leader mondiale dei cavi sottomarini, utilizzati nei parchi eolici offshore per trasferire l’energia a terra. La partenza del mercato americano darà una robusta spinta al comparto e avrà forti ricadute per tutti gli operatori, come Prysmian, che può vantare ben quattro stabilimenti in Europa – ad Arco Felice, Pikkala, Nordenham e Drammen – dedicati alla produzione altamente specializzata di cavi sottomarini e ora ha deciso di aprire una nuova fabbrica negli Stati Uniti proprio per coprire il crescente fabbisogno locale di questi cavi.
L’altro grande cantiere per l’eolico offshore mondiale è il Mare del Nord. Qui si sta progettando una gigantesca rete sottomarina in corrente continua, per stabilire delle interconnessioni fra i Paesi che si affacciano su questo mare, dal Belgio fino alla Norvegia, come se fossero limitrofi. A questa rete verrebbero naturalmente allacciati tutti i campi eolici esistenti e futuri di quest’area, che in base alle previsioni della Commissione e del mercato ospiterà 210 gigawatt di eolico offshore nel 2050, la metà della potenza prevista per l’intero continente.
Tanto per fare un confronto, oggi in Europa ci sono in tutto 26 gigawatt di turbine in mare. Connettere tutte queste turbine in corrente continua ai Paesi prospicenti ha senso non solo per aumentare l’efficienza di trasmissione, ma anche per aggirare il problema dell’incostanza delle fonti rinnovabili: se la produzione eolica può essere scambiata in maniera istantanea fra Paesi anche molto lontani fra loro, ma interconnessi, diventa molto più facile compensare i momenti di calma piatta in un’area con la produzione di un’altra area.
I primi passi in questa direzione si stanno già facendo. Sia il Belgio che la Danimarca progettano la costruzione di “isole energetiche” artificiali e l’operatore di rete TenneT sta pianificando un hub energetico da 6 gigawatt davanti alle coste tedesche. Queste strutture potrebbero essere i primi gangli di una nuova rete internazionale, per connettere fra loro i vari Paesi prospicienti e rimettere ordine nel labirinto di cavi che oggi connettono i diversi parchi eolici offshore alla terra ferma. L’Autorità danese dell’energia conta di lanciare già l’anno prossimo le gare per appaltare la costruzione della prima di queste isole, che dovrebbe sorgere a 50 miglia dalla costa occidentale dello Jutland, con una potenza iniziale di 3 gigawatt e una prospettiva di crescere fino a 10 gigawatt.
Il Governo belga sta seguendo la stessa strada, con il progetto di costruire un’isola energetica nello specchio di mare al largo di Ostenda e Zeebrugge, dove sono già progettati 2 gigawatt di campi eolici offshore. Dal canto suo, l’operatore di rete belga Elia si è già detto intenzionato a connettere questa isola energetica con l’isola danese. Poco più a Est, l’Olanda conta di installare altri 10 gigawatt di eolico offshore lungo le sue coste da qui al 2030 e la Germania punta a raddoppiare la propria potenza eolica offshore dai 10 gigawatt attuali a 20 gigawatt nel 2030 e 40 gigawatt nel 2040, per compensare l’imminente dismissione delle sue ultime centrali a carbone. Di fronte a questi numeri, stabilire un’interfaccia comune e una rete interconnessa è una sfida ineludibile per l’Europa del Nord.