Corriere della Sera, 16 dicembre 2021
La Cina democratica per 283 volte
C’è un numero utile a capire come sarà il 2022 della Cina e del suo presidente, Xi Jinping: 283. Sono le volte che i termini «democrazia» e «democratico» sono apparsi in un documento pubblicato il 4 dicembre scorso dall’Ufficio per l’Informazione del Consiglio di Stato, cioè del governo centrale. Sotto il titolo «Cina: democrazia che funziona», vi si sostiene che nel Paese si tiene il maggiore esercizio di democrazia elettorale al mondo, le elezioni locali alle quali partecipano 900 milioni di cinesi. In realtà, si tratta di consultazioni che mettono solo il timbro a decisioni e nomine preordinate, ma poco importa: alla dirigenza pechinese interessava contrastare il Summit delle Democrazie organizzato nei giorni scorsi da Joe Biden. La curiosa impresa di definire democratico il sistema di governo cinese è però continuata sui mezzi d’informazione controllati dal Partito Comunista per sostenere che ogni Paese non deve prendere a modello la democrazia degli Stati Uniti ma sviluppare il proprio modello. Come ha fatto la Cina, dove «la leadership del Partito Comunista è la fondamentale garanzia» per quello che il documento definisce «l’intero processo di democrazia del popolo». Poi, il punto forte: «Il modo migliore per valutare se il sistema politico di un Paese è democratico ed efficiente è osservare se la successione dei suoi leader è ordinata e in linea con la legge». Affermazione che molti osservatori hanno letto come riferimento al Congresso del Partito della seconda metà del 2022, dove Xi verrà eletto per un terzo mandato, fatto che non accadeva da 30 anni (c’era il limite di due mandati abrogato dallo stesso Xi nel 2018). Per il presidente cinese, il 2022 sarà un anno cruciale, nel quale avrà bisogno di stabilità per portare a termine i suoi progetti di successione. L’economia è però in rallentamento: cresciuta solo del 4,9% nel terzo trimestre del 2021. I problemi di debito aumentano: quelli del settore immobiliare, che conta per il 29% del Pil, sono venuti alla luce con le insolvenze del colosso Evergrande e ora si scopre che le autorità locali hanno accumulato debiti (non registrati) enormi, secondo la banca Goldman Sachs pari a 8.300 miliardi di dollari, più del 50% del Pil cinese. Il 2022 sarà un passaggio delicato per il vertice di Pechino e per Xi: all’interno devono evitare crisi e verso l’estero continuare a mostrarsi aggressivi, ora anche come campioni della vera democrazia. Il caos globale cresce.