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 2021  dicembre 16 Giovedì calendario

Il record di Stephen Curry

La stella di Golden State è il tiratore più grande di sempre in Nba: con 2977 canestri da 3 punti ha superato Ray Allen
Potete essere Golden anche voi. Ragazzi/ e normali. Senza troppi muscoli, senza tanti centimetri. Addio mostri. Ve lo dice chi ha cambiato il basket, anzi chi ha firmato la rivoluzione: Stephen Curry, per gli amici Steph. Era Baby Face, ora è The Killer.
A 33 anni è il più grande tiratore da 3 della storia Nba e batte, anzi abbatte, con 2.977 triple in 13 stagioni, il record di Ray Allen (2.973). Il sorpasso l’altra notte al Madison Square Garden di New York contro i Knicks.
The man who changed the game, per gli esperti.
Quello che ha annientato schemi e tattiche, con una furia di triple. E ha fatto dire a tutti i tecnici: così non vale, così non si può più giocare, altrimenti noi che ci stiamo a fare? Tu alzi muri, lui li sorvola. Tu gli mandi contro la tua artiglieria, lui ha già scatenato i suoi fuochi d’artificio. Non ha la verticalità di Air Jordan, non ha il peso di LeBron James, però è immarcabile. Non è un grattacielo, alto “solo” 1.88. Non è un carrarmato, pesa “solo” 84 chili. Però la sua palla frulla. Curry è un architetto che disegna il suo spazio e i suoi canestri. Li mette dove vuole, sempre da molto lontano. Indovina traiettorie, ha un radar negli occhi e un navigator nella testa. Non puoi difenderti da uno che tira (e ci prende) da quasi metà campo, non una volta per caso, ma ogni volta che vuole. Le sue triple? «A storm in the sky», una tempesta nel cielo. Sentite questa: c’è un tipo, Fred Kast, che è appena andato in pensione, che per 57 anni ha tenuto il tabellino ufficiale dei Warriors e ha anche assistito agli allenamenti: «Alla fine Curry si esercitava con i tiri da tre: su 100 ne metteva dentro 98». Provare e riprovare, questo il segreto. Stephen non era così efficace e regolare all’inizio: se il primo a segnare una tripla nell’Nba è stato Chris Ford nel ’79, Curry al suo esordio nel 2009 contro Houston ne tenta una sola in tutta la partita e la sbaglia. Da 1 a 2.977 come? Migliorandosi: dalle sue prime stagioni con Golden State (2009-2015) alle successive Curry in partita raddoppia i suoi tentavi da tre (da 6 a 11). Quasi un quarto delle sue triple arrivano da oltre 8,22 metri (la linea del tiro è a 7.25): 1.255 dal palleggio, 1.722 dalla ricezione e tiro.
E ora veniamo ai segreti delle sue magie: Curry è un fast shooter. Tira in fretta: tra quando prende il pallone e quando lo lascia passano solo 40 centesimi di secondo (contro i 54 dei suoi concorrenti): Allen tirava da sopra la testa, Curry all’altezza del suo occhio destro. Stilisticamente
non un granché, ma è un dettaglio tecnico che influenza la lunghezza
del tiro. Allen aspettava di essere al massimo della sua elevazione per tirare, mentre Curry lo fa all’inizio: la sua palla parte più bassa di 10 centimetri rispetto agli altri, ma tutto viene compensato dalla sua velocità di esecuzione e dalla traiettoria arrotondata. Il suo angolo di tiro è tra i 50 e i 55 gradi (quello degli altri è a 45), l’apogeo invece è a 4,95 metri di altezza, 10 centimetri più alto degli altri. È stato calcolato che con questa traiettoria il canestro per Curry diventa il 19% più grande. E ora smettiamola con i numeri e veniamo ai sentimenti. «He just brings joy». Curry diverte, porta gioia, la sua minaccia è sottile, non aggressiva. Piace ai bambini, è un grande mangiatore di pop-corn, ha fatto la lista di quelli più buoni nei 29 stadi Nba. Il suo allenatore, Steve Kerr, dice: «Ha la miglior combinazione di umiltà di arroganza». Curry non è uno che crea divisioni in squadra. Infatti il suo record lo ha celebrato con gli altri: abbracciando il padre e regalando ai suoi compagni storici, Andre Iguodala, Draymond Green, Klay Thompson (infortunato) un orologio Rolex con incisione. È un primato individuale, ma sentito da tutto il collettivo, infatti coach Kerr dopo il tiro da record, quello dei 2.974 canestri da 3, ha fatto fare un fallo di squadra per poter chiamare time out e celebrare il momento. Però ricordatevi, Curry da ragazzo non lo voleva nessuno: troppo fragile, troppo debole, non abbastanza bravo. La sua maglia non si vendeva. Michael Jordan nel 2019 non lo giudicava degno della Hall of Fame. Ma come gli disse sua mamma Sonya in un giorno in cui Steph, 13 anni, aveva giocato male e perso: «Non permettere a nessuno di definirti, scrivi tu la tua storia». E lui lo ha fatto. A suo modo, con un arcobaleno di 2.977 triple.