Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  dicembre 16 Giovedì calendario

Intervista a Ornella Vanoni

 «Come va? Male, grazie», sbotta Ornella Vanoni al telefono della sua casa milanese, ma il tono di voce è allegro. Constata che rispetto a quando è caduta in treno «non c’è stato nessun miglioramento, sono a letto immobile da due settimane». È costretta a saltare l’anteprima di 7 donne e un mistero, commedia noir (dal film francese di Francois Ozon e prima dalla pièce omonima), in sala il 25 dicembre con Warner. A 87 anni le toccano il ruolo della nonna spilorcia in carrozzella e le battute sarcastiche. Dopo Ma che bella sorpresa nel 2015 recita ancora per Alessandro Genovesi. Il regista racconta che l’attrice ama far ridere, che lo chiama tutti i giorni, che sul set ha legato con le colleghe, che si è cappottata spesso con la sedia a rotelle, che rideva nel vedere la sua controfigura e sbuffava per i tempi lunghi.
Riunite per festeggiare la vigilia di Natale voi sette, madre, figlia, nipote, nonna, cameriera, nuove e vecchie amanti dovete risolvere il mistero dell’assassinio dell’uomo che era al centro della vita di tutte, seduttore ma anche vittima.
«Doveva essere un gran figo questo Marcello, che lo volevano tutte. Ma siccome non lo vediamo mai possiamo immaginarci chiunque, anche Mastroianni».
Uomo che amava le donne.
«Sì, ma lo lasciavano sempre, poverino. Ricordo che non voleva imparare il francese. Ma sono anni che stai con la Deneuve perché non lo parli? chiedevo io, e lui “sono pigro”.
Ma lei, che dice?, chiedevo, e lui “che sono cretino”».
Ha iniziato la carriera artistica da attice, in un fatale provino alla scuola del Piccolo, con Strehler.
«Avevo una paura da non far uscire il fiato. Sono entrata e ho fatto la scuola per due anni. Poi mi sono messa con Giorgio e non ho avuto altro contatto al di fuori di lui. Vivevo con lui, per lui, ho assorbito tutto. E quando ho recitato ho vinto il San Ginesio».
Quando ha capito che il palco era il suo posto?
«La confidenza è arrivata con la musica. Ci ho messo tantissimi anni, fino a che un giorno qualcosa si è sganciato. Ho detto: ma io sono brava».
Perché ha scelto la musica?
«Perché mi diverto di più».
Il cinema lo ha fatto. Ha debuttato nel ‘61 in “Romolo e Remo” di Corbucci. Lei, statuaria, interpretava Tarpea.
«Sì, come la Rupe. Ricordo che Virna Lisi era incazzata nera, giustamente, perché questo Steve Reeves, Romolo, tutto muscoli, la prende in braccio, inciampa e la trascina a terra.
Un’altra volta passa a cavallo, la prende, cade e lei si fa male al coccige su un sasso. Lo odiava, poverina.
Invece io stavo con l’altro, Gordon Scott, un vero muscoloso, non così pompato come l’imbecille. Ma in una scena in cui dico “Remo!” e gli corro incontro, eravamo a Pozzuoli, metto un piede su un soffione e volo urlando in braccio a lui. Noi avevamo le seggiole, Reeves aveva la roulotte.
E la maestra di dizione, abbastanza inutile visto che doveva dire solo “Sabines”... e al via uscivano dai cespugli le comparse aggiustandosi le mutande».
L’ironia l’ha sempre avuta?
«No, l’ho liberata a un certo punto, non con Strehler, non con Gino Paoli, che di ironia erano totalmente mancanti. È come il talento, lo puoi avere ma se non ti applichi non serve».
La sua biografia, “Una bellissima ragazza”, è piena di tenerezza, specie verso i suoi genitori.
«Quando sono invecchiati andavo a trovarli e facevo la loro vita, mangiavamo presto, ci alzavamo presto, guardavamo Beautiful. Quella è la tenerezza».
Il suo ruolo più importante è stato in “I viaggiatori della sera”, di e con Ugo Tognazzi.
«Tognazzi viaggiava sempre con una valigia di coltelli che neanche Cracco ce l’ha. Faceva un cibo pesantissimo che nessuno digeriva, per cui andavamo dal direttore della fotografia che faceva un pasto più leggero. Ugo era molto arrabbiato.
Era un grande attore, ma non poteva fare il regista, il film non piacque ai critici. Io mi sono costruita il personaggio da sola. Un giorno mi chiama al telefono, nella storia eravamo coetanei, “tu stai rovinando il mio film, come la Bouchet. Non dimostri 50 anni, dimostri molto di meno”. Rispondo “e tu ne dimostri molti di più, quindi chiudiamo il film”».
Nella sua storia d’attrice ha conosciuto tanti attori e con qualcuno, come Renato Salvatori, si è fidanzata.
«Ho conosciuto tutti. Ma non le rispondo perché so dove vuole arrivare: non ho fatto l’amore con Luchino Visconti, contenta?».
Molto. Com’è stato il set di “7 donne e un mistero”?
«Abbiamo molto riso e faticato, a volte mancava l’aria, ma mai un litigio. Mi sono affezionata a Buy, Ranieri, Ramazzotti.
L’Impacciatore è brava, ma ogni due minuti è un attacco d’ansia, bisogna fermarsi...».
Il suo mito è Maggie Smith.
«Mi piace da impazzire.
Amo le commedie brillanti. In questo momento cupo cerco le rare cose che fanno ridere. Ho ricomprato il libro La Milanese di Michela Proietti».
Reciterà ancora?
«Mi piace l’idea di lavorare. Non riesco a stare a casa, mi rimbambisco. Ora ragiono, telefono, organizzo, preparo un concerto. I titoli, le copertine, gli show sono idee mie».
Ha un bel rapporto con i fan?
«Mi chiamano Ornellina, mi aspettano sul palco. Sono gentile con tutti, non mi si può non voler bene».
Meglio e peggio della carriera?
«Le cito Keats: quando capirai che il successo e l’insuccesso sono due impostori, allora sarai un uomo».