Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  dicembre 16 Giovedì calendario

La sonda che ha toccato il sole

Tra le fiamme del Sole, due sonde volano in avanscoperta per carpire i segreti della centrale nucleare che ci regala la vita. E che in futuro potrebbe, se non spazzarla via, quantomeno azzopparla, colpendo le infrastrutture su cui la nostra civiltà tecnologica ormai poggia le sue fondamenta. Parker solar probe è americana ed è salita sul carro del Sole, un passaggio rapido, al di là del confine della corona, il diadema di fuoco che cinge la nostra stella e che possiamo vedere da Terra solamente durante le eclissi. La sonda della Nasa ci si è tuffata dentro durante uno dei suoi passaggi ravvicinati.
Una vertigine da brivido, come il volo di Icaro, da ripetere però almeno 24 volte, riemergendo per tornare sempre più vicino, sempre più veloce. Ogni tre mesi bagnarsi nella luce che annichilisce per tastarne la consistenza, analizzarne la composizione: «Uno degli scopi della missione era proprio quello di finire all’interno della corona solare – spiega Marco Velli, astrofisico del Nasa Jpl, e principal investigator di uno degli strumenti di Parker – è come essere nel motore di un jet, il vento solare è il getto supersonico, noi volevamo entrare nella camera di combustione. Le misurazioni degli strumenti ci hanno confermato che in quella zona domina ancora il campo magnetico sul vento solare». Velli è una delle firme dell’articolo sul Physical review letters, con il quale il team di Parker annuncia di aver varcato la soglia.
La corona è il luogo in cui si scatena l’inferno in quello che sembra un paradosso fisico, lontana milioni di volte dalla superficie del Sole eppure centinaia di volte più calda. Lì il vento solare accelera e rompe i legacci per espandersi come una bolla e inglobare tutto, compreso il nostro Pianeta, che ci protegge col suo scudo magnetico. Nel suo vorticare, Parker solar probe annusa e raccoglie particelle che sfrecciano a migliaia di chilometri all’ora: «Lì dove ci sono le linee aperte del campo magnetico abbiamo notato che questo si arriccia, come i cavalloni sul mare – spiega l’astrofisico del Jpl – ma non sono uniformi, abbiamo capito che sono correlati direttamente a ciò che succede sulla superficie del Sole».
L’altra nostra emissaria si chiama Solar Probe, dell’Agenzia spaziale europea e della Nasa, e non ha nemmeno cominciato la sua missione operativa, ma già ha fornito scienza in quantità. Più lontana e più lenta di Parker, ha sei telescopi per osservare il Sole in un dettaglio senza precedenti. Ci ha regalato particolari come quelli che sono stati chiamati “falò” solari, granuli di luce sulla pelle della stella, ha visto e misurato un’eruzione di plasma. Anche lei la approccerà, più timidamente, avvicinandosi a 42 milioni di chilometri, ma per la prima volta sbircerà i poli, che nessuno ha mai visto. Già 56 studi scientifici hanno attinto da questi dati. Tutto per capire come funziona la “macchina” Sole e avere contezza di quanto ma soprattutto, quando, potrà farci male.
Sappiamo che ogni 11 anni circa la nostra stella termina un ciclo fatto di periodi di riposo e altri più turbolenti, quando sono più frequenti brillamenti ed eruzioni e quindi le tempeste geomagnetiche, quelle che accendono le aurore polari più spettacolari. Nel 1859 il famoso evento di Carrington- Hodgson mandò in tilt i telegrafi. Oggi possiamo immaginare centrali elettriche fuori uso, satelliti ko e rischi per gli astronauti in orbita. Il senso di questo volteggiare è che dai “capricci” del Sole abbiamo molto più da perdere.