la Repubblica, 16 dicembre 2021
Omicidio Kennedy, torna la pista russa
NEW YORK – Probabilmente nemmeno i 1.500 file appena desecretati dalla National Archives and Records Administration su ordine dell’amministrazione Biden basteranno a fare luce sulla morte di John Fitzgerald Kennedy, assassinato a Dallas il 22 novembre del 1963. Ma certo, 58 anni dopo gli spari di Dealey Plaza, dove il presidente fu assassinato, si spera che le nuove informazioni aggiungeranno dettagli a quella che resta una delle vicende più oscure della storia Usa. Se nutriranno o smonteranno i complottismi che hanno ammantato quella morte, non si sa. Perché ancora non si tratta di tutta la verità. Ma di un’ennesima parte delle trascrizioni di interrogatori, rapporti, appunti e memorandum che compongono l’enorme archivio (circa 10mila pagine) che raccoglie tutti i dossier sull’omicidio. Una direttiva del 1992 emanata dal Congresso prevedeva di rendere interamente pubblici quei dossier a partire dal 2017, ma Donald Trump prima, e Joe Biden ora, citando ragioni di sicurezza nazionale ne hanno finora rallentato la diffusione. I nuovi 1500 file appena diffusi portano il totale dei documenti disponibili a oltre il 90% del totale. Ma alcune carte restano secretate. Molti documenti hanno ampi stralci censurati. Altri restano sotto chiave.
I media Usa, che hanno già dato una primo sguardo alle carte, notano che ci sono alcuni documenti inediti. E di grande interesse: perché rafforzano la tesi che a voler morto il presidente americano fossero i sovietici. In un memo si parla di telefonate anonime all’ambasciata americana di Canberra, in Australia, ricevute un anno prima della sparatoria, dove si affermava che il governo sovietico stesse tramando l’omicidio di Jfk. Un’altra telefonata, datata 24 novembre, due giorni dopo l’assassinio, puntava il dito su Mosca. E poi c’è il rapporto dettagliato sugli spostamenti messicani (già noti) nelle settimane precedenti l’assassinio di Dallas di Lee Harvey Oswald, ufficialmente l’unico colpevole identificato dalla commissione Warren che indagò sull’assassinio: l’ex marine attratto dal socialismo sovietico al punto di trasferirsi e chiedere la cittadinanza. Salvo poi tornare negli Usa con la moglie russa Marina che poi lo abbandonerà, ma il cui nome ritorna in molti file. Il rapporto, redatto della Cia, ripercorre i contatti di Hoswald a Città del Messico. Dove l’uomo era entrato in auto il 26 settembre, presentandosi come fotografo. Qui visitò le ambasciate di Cuba e Urss e chiese un visto per Odessa previo passaggio all’Avana. Dopo una serie di contatti con diplomatici russi, fra cui il vicepremier Valerij Kostikov, descritto come agente del Kgb, il 3 ottobre Oswald rientrò negli Usa e di quel visto non si seppe più nulla. C’è un intero anno per speculare. Altri documenti verranno diffusi fra un anno: il 15 dicembre 2022. Dopo essere stati però sottoposti a un’ennesima rigorosa revisione. E chissà se almeno allora ci avvicineremo un po’ di più alla verità.