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 2021  dicembre 16 Giovedì calendario

L’appello di Bolle per salvare la danza

Voglio iniziare questo mio intervento con alcuni nomi: Caterina de’ Medici, Baldassare da Belgioioso, Giambattista Lulli, Enrico Cecchetti. Nomi importanti e in parte dimenticati. Nomi che hanno in comune due cose fondamentali. La prima è che hanno creato, dato forma e struttura ad un genere artistico e culturale, il Balletto, che ha influenzato il mondo intero in maniera irreversibile. La seconda è che erano tutti italiani.
La Danza Classica è nata e si è evoluta attraverso le menti creative di italiani che hanno sentito la necessità di portare più in alto il livello espressivo delle arti rappresentative del loro tempo. Luminari che hanno avuto il coraggio di cambiare la rotta, di inventarne una nuova, per toccare corde più profonde. E per tutto l’Ottocento e parte del Novecento, i maestri, e le grandi ballerine nel mondo saranno per la maggior parte italiani. Gli italiani saranno artisti di grido e di esportazione: andranno oltralpe ad insegnare, divulgare e promuovere la loro arte. Ammirati e celebrati. Dico questo perché saper dare il giusto valore alla Storia è il primo passo per costruire il Futuro. Al contrario sembra proprio che il nostro glorioso passato sia stato dimenticato e lasciato indegnamente alle spalle.
La situazione della Danza in Italiaè sempre più difficile e arida, fatta di compagnie teatrali sempre più scarne, di corpi di ballo che vengono chiusi, di assoluta mancanza di protezione per la categoria artistica, di ballerini che devono lasciare il proprio Paese per vivere della loro passione e cercare di realizzare i propri sogni. Il mio intervento di oggi è al tempo stesso un grido di dolore e una richiesta di aiuto per il Balletto in Italia. Diciamo le cose come stanno: negli ultimi decenni è stato compiuto uno scempio verso la danza italiana, un depauperamento di cui ci si può solo vergognare. La Danza italiana viene costantemente avvilita, trattata come la Cenerentola delle arti, con Opera lirica e musica sinfonica nel ruolo delle sorelle privilegiate, cui sono riservate le cure delle Fondazioni.
Da cosa nasce questa decisione? Non certo dall’insostenibilità di un corpo di ballo. Ma nasce da una scarsa conoscenza del settore e da una mancanza di visione di chi ne era responsabile sia a livello governativo che di gestione dei teatri. Molti sovrintendenti amano l’opera, amano la musica. Al contrario molto raramente conoscono e apprezzano la danza. La frase più comune che si sente dire è «Non capisco nulla di Danza». E una risposta sta proprio lì: il Balletto è vittima dell’ignoranza di chi, per il ruolo che ricopre, dovrebbe proteggerlo, promuoverlo e valorizzarlo. Invece il taglio del costo del ballo è sempre stata la carta più facile da giocare sul piatto di un contenimento dei costi. Un gravissimo errore che non tiene conto dei numeri della danza.
I numeri appunto: nel nostro Paese ci sono circa 17 mila Scuole di Danza e 1 milione 400 mila studenti. Ma nonostante questi numeri impressionanti in Italia sono sopravvissuti solo 4 corpi di ballo. Abbiamo 14 Fondazioni lirico-sinfoniche, teatri che sono eccellenze ovunque. 14 orchestre. 14 cori. 4 corpi di ballo.
Napoli e Palermo sono corpi di ballo in fin di vita, destinati a morire se non si interviene rapidamente. Aggiungiamo il caso vergognoso dell’Arena di Verona. Il corpo di ballo stabile è stato licenziato nel 2017, ma non certo perché manchino le occasioni di mettere in scena balletti. Da allora ad oggi, infatti, la Fondazione ha prodotto almeno 44 produzioni con coreografie. Nella maggior parte di questi 44 titoli, la Fondazione ha assunto nuovamente, ma con contratti a tempo determinato, alcuni degli stessi ex danzatori stabili licenziati che, incentivati da una somma economica offerta loro dalla Fondazione, non hanno impugnato il licenziamento. Ora, se vogliamo dare una boccata d’ossigeno al nostro balletto agonizzante bisogna prima di tutto stabilizzare le danzatrici e i danzatori di Napoli e Palermo, ripristinando un organico consono. Rimettere in piedi il corpo di ballo stabile all’Arena di Verona, mettere mano alla situazione del MaggioDanza, a Firenze, compagnia di storia e prestigio indiscussi. Equiparare il punteggio Fus del balletto con quello dell’opera lirica. Diminuire il punteggio del Fus per le attività prodotte da un corpo di ballo esterno, che oggi valgono tanto quanto quelle svolte da un corpo di ballo interno. Incentivare e sostenere finanziariamente quei teatri che decidono di investire nei corpi di ballo. E incentivare e agevolare le coproduzioni tra i teatri e le tournée dei nostri corpi di ballo nelle altre Fondazioni e negli altri Teatri italiani. Modificare la denominazione Fondazioni Lirico-Sinfoniche in “Fondazioni lirico-sinfoniche e coreutiche”, come simbolo della loro identità, e stanziare un fondo apposito per la salvaguardia e la ricostituzione dei corpi di ballo stabili in questi enti. Quindi incentivare le Fondazioni che reintroducono corpi di ballo. Per concludere voglio aggiungere che un corpo di ballo ha una ricaduta economica molto importante sui tanti settori ad esso collegati, su maestranze e su professionalità diverse.
Ma valutiamo anche il valore della danza per l’impatto sociale che ha per le giovani generazioni: pensate quanti ragazzi e ragazze sognano di diventare ballerini e si nutrono con i valori etici, morali di quest’arte: disciplina del corpo e della mente, ricerca di bellezza e armonia. Quindi eliminare un corpo di ballo vuol dire inaridire tutte le realtà che operano sul territorio ma anche inaridire i nostri ragazzi. L’Arte e la cultura sono eccellenze del nostro Paese. Sono la nostra tradizione e la nostra identità ma anche il nostro oro e il nostro petrolio, cioè se da una parte sono quello che ci rende unici e speciali, dall’altra, se ben gestite potrebbero rappresentare una grande risorsa, anche economica. Quindi diamo valore alla tradizione e alla cultura della danza. Facciamone un punto di forza e di rinascita. È il momento che si attui un cambiamento.