la Repubblica, 15 dicembre 2021
Intervista a Matilde Gioli
A trentadue anni, quindici film (dal Capitale umano a Moschettieri del re) e una serie di strepitoso successo (Doc) Matilde Gioli ha imparato a prendersi sul serio. «Mi ripetevo che ero un’esordiente, arrivata alla recitazione per caso, senza volerlo davvero. Era un modo per sfuggire alla paura del fallimento», racconta nel salotto della casa romana, felpa gialla, occhi sgranati e diretti. Ha preso molto sul serio 4 metà, commedia romantica (su Netflix il 5 gennaio) di Alessio Maria Federici, che la racconta così: «Due ragazze e due ragazzi si incontrano a un pranzo di amici, sembra scontata la nascita di due coppie dalle anime affini, ma cosa succede invece – complice una situazione alla “sliding doors” – quando è l’attrazione degli opposti a mettersi in moto?». Le metà sono Marco Martari, Ilenia Pastorelli, Giuseppe Maggio e Matilde Gioli, che interpreta una manager che cambia se s’innamora del direttore di una libreria o di un avvocato di successo. «È stata la prima volta – dice l’attrice – in cui ho potuto lavorare su lati molto diversi ma coesistenti nel mio carattere, attingere a un ventaglio ricco di emozioni mie, vere. Tra le combinazioni delle coppie mi ha colpito quella con Matteo Martari, in cui divento mamma. Mi emozionava, anche al decimo ciak, la tenerezza del loro amore. Matteo ed io anni fa abbiamo girato Tonight, su due ragazzi che s’appartavano in macchina. Oggi siamo più maturi, con un vissuto e un gran bisogno di amore e tenerezza. Abbiamo caratteri chiusi ma ci siamo, di comune accordo, lasciati andare alla parte più dolce e nascosta, spero arrivi a chi guarda il film». Le “sliding doors” della sua vita?
«La più grande è stata trovarmi per caso fuori dal capannone in cui facevano i provini per Il capitale umano. Accompagnavo mio fratello a basket, parcheggiato il motorino davanti al posto in cui testavano le comparse mi hanno fermata, ho fatto un provino che Virzì ha visto, dandomi uno dei ruoli principali. Oggi, dopo nove anni sono diventata un’attrice».
Se non avesse accompagnato suo fratello dove sarebbe ora?
«Mi stavo laureando in Filosofia e avrei voluto studiare neuroscienze, mi piace pensare che oggi sarei in America in qualche laboratorio, da noi è difficile trovare finanziamenti sui progetti».
Quando ha capito che era diventata un’attrice?
«Quando giravo Il capitale umano è mancato mio padre e tutto quello che vivevo a livello professionale è passato in secondo piano. Non avevo il tempo di realizzare che occasione mi avesse dato la vita. Non pensavo di recitare, ai saggi delle elementari facevo l’albero. All’inizio ero diffidente rispetto all’ambiente. Oggi ho consapevolezza delle mie capacità, la voglia di metterle al servizio di questo bel lavoro».
Ilenia Pastorelli dice che si è dovuta liberare dell’etichetta della “coatta”. Lei?
«La mia etichetta era della milanese, la brava ragazza borghese. Nel Capitale umano avevo un lato oscuro ma in genere mi vedono come la ragazza pulita, quando in realtà ho delle ombre, a volte inquietanti, che potrei esprimere in personaggi diversi da quelli fatti finora».
Le inquietudini arrivano dall’infanzia?
«Sono sempre stata una bimba solare. Ma c’è uno spicchio di inquietudine radicato. Una parte di me che lascio stare perché capisco che è molto forte. Non mi rende cattiva o violenta, mi rende però a volte molto triste. Attingo a quella ferita quando voglio portare qualcosa di profondo ai personaggi».
E la diffidenza verso lo spettacolo?
«Nel mondo del cinema ho incontrato attori e registi interessanti e forti ma anche ingombranti ed egoriferiti. Sono cresciuta proiettando lo sguardo sull’altro, nello sport di squadra, negli scout, in famiglia. Le gerarchie del cinema mi creano disagio».
Che personaggio cerca?
«Sono aperta. Ma vorrei una guerriera, tirare fuori la forza fisica. Mi piacciono i primi piani, il lavoro sulle microespressioni del viso. Ho un corpo vivo e ho voglia di mettermi alla prova in film come Tomb Rider o Kill Bill ».
È una sportiva.
«Ho fatto nuoto sincronizzato agonistico, corro, mi sono allenata in palestra in sessioni ad alta intensità. Per me una nuotata sono 150 vasche».
Cosa ha fatto nelle varie clausure?
«Cucinato, fatto disegni bruttissimi ma rilassanti. Sono rimasta bloccata a Roma, da sola, cane e gatto a Milano. Ma è stata anche l’occasione per un bilancio».
Ha girato con Brizzi il film “Bla Bla Bla”.
«Una commedia carina: io, Alessandro Preziosi e dieci bambini di un anno. Le parrà strano ma non è stato faticoso perché adoro quei bimbi».
E poi torna “Doc”, la popolarità che le ha cambiato la vita.
«Mi ha permesso di entrare in tante case. Prima mi capitava di essere riconosciuta, ma il cambiamento è stato radicale. Adesso mi fermano, mi dicono “ciao dottoressa”. Prima il mio pubblico erano trentenni cinefili, ora le signore anziane e i bimbi mi chiedono una foto. Sento l’affetto delle persone e mi piace moltissimo».