Corriere della Sera, 15 dicembre 2021
Golden Globe, tra pippe e polemiche
Il viale del tramonto della Hollywood Foreign Press Association non è partito dai recenti scandali, il #metoo, la cancellazione della grande notte della premiazione dal salotto buono di Hollywood e dalla diretta tv.È cominciato sette anni fa, quando l’attore Gary Oldman, poco incline alla diplomazia, definì così l’associazione che assegna i Golden Globe: «Novanta nullità che si riuniscono per farsi le pippe». Due anni dopo, nel 2016, un altro attore, Ricky Gervais, meno rude ma più cattivello, dal palco della cerimonia (della quale era il presentatore, presumibilmente non a titolo gratuito, il che rende tutto ancora più divertente) somministrò un’altra abbondante dose di ridicolo: «Questo è un premio inutile, un pezzetto di metallo che alcuni simpatici giornalisti anziani in stato confusionale ti consegnano personalmente per avere la possibilità di incontrarti e farsi un selfie con te».
Tutti risero (forse in sala non proprio tutti, a casa sicuramente), ma i guai veri non erano ancora cominciati. E allora alla soddisfazione italiana per la nomination ai Golden Globe del nuovo film di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio, si affianca una certa preoccupazione per il destino del premio. Perché se gli Oscar, con tutti i loro difetti, vengono almeno assegnati dai membri della Academy (oggi quasi diecimila, raddoppiati rispetto a un decennio fa) che lavorano nel cinema come registi, attori, sceneggiatori e così via, la Hfpa che decide i vincitori dei Globe è sempre stata un’associazione ristretta e opaca. Qualche decina di giornalisti; tra i quali ci sono sì corrispondenti da Los Angeles che fanno i corrispondenti da Los Angeles, ma anche rappresentanti dalle credenziali giornalistiche discutibili. Con bonus di scandali.
L’attore Brendan Fraser che ha accusato l’allora presidente della Hfpa Philip Berk di molestie per avergli palpeggiato i glutei nel 2003 (Berk disse che scherzava), lo status di nonprofit (peraltro già dalle maglie piuttosto lasche negli Stati Uniti) messo a rischio dall’articolo del Los Angeles Times che spiegava come nel 2020 i soci si siano divisi 2 milioni di dollari in compensi vari (i soldi di sponsor e tv dovrebbero andare alle borse di studio e ai restauri di film storici promossi dalla Hfpa), il bagarinaggio di biglietti per la cerimonia da parte di un socio.
L’ultima mazzata, la più terribile, a febbraio di quest’anno: si è scoperto che i membri all’inizio dell’anno erano 87 (cosa già di per sé complicata da gestire), e nessuno di essi era nero. Reazione mediatica a catena, culminata nella cancellazione della diretta tv: lo show del mese prossimo con la solita premiazione non avrà tappeto rosso né trasmissione live per mancanza di «diversity» all’interno della Hfpa.
La corazzata Oscar era stata colpita nel 2015 dallo scandalo #oscarsowhite per la cronica assenza di neri dal corpo elettorale e per la mancanza – secondo anno consecutivo – di nomination di neri nelle quattro categorie attoriali. Così la Academy per placare gli animi (fomentati via social, ça va sans dire) si era vista costretta a allargare in modo massiccio la base dei soci (si accede su invito: famoso il caso di Woody Allen che non solo non andò mai alla cerimonia e fece anni fa una generosa donazione a patto che non lo convocassero mai più).
La Hfpa senza neri è stata costretta a una frettolosa riforma. Due mesi fa ha annunciato l’ingresso di ventuno nuovi membri, sei dei quali neri, nomi più credibili di quelli che avevano tramutato la Hfpa nel bersaglio dei rudi lazzi di Oldman.
Rimedio sufficiente per dimenticare il socio ultranovantenne sordo e non vedente (situazione che ai più appare poco compatibile con il ruolo di critico cinematografico), la ricca signora polacca dalle pubblicazioni continuative difficoltose da rintracciare, Alexander Nevsky culturista russo diventato attore e regista che ha prodotto e recitato in numerosi film d’azione a basso budget tra cui Maximum Impact e Showdown in Manila, dell’attrice Lisa Lu (che ha interpretato la nonna nel film di successo del 2018 Crazy Rich Asians), dell’ex reginetta di bellezza Margaret Gardiner che nel 1978 è diventata la prima sudafricana a vincere il titolo di Miss Universo, dell’indiano Noel de Souza, che oltre al suo lavoro giornalistico ha interpretato il Mahatma Gandhi in un episodio di Star Trek: Voyager?