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 2021  dicembre 15 Mercoledì calendario

L’esodo dell’orchestra afghana

L’orchestra afghana è arrivata l’altro ieri a Lisbona, la sua nuova casa. La direttrice Negin Khpalwak, la più nota delle sue musiciste, era già stata evacuata negli Stati Uniti subito dopo la caduta di Kabul nelle mani dei talebani lo scorso 15 agosto. Dopo molte peripezie, altre 273 persone, tra cui 150 studenti e studentesse, familiari e insegnanti dell’Istituto Nazionale di Musica di Kabul sono state finalmente messe in salvo negli ultimi due mesi, attraverso cinque diversi voli atterrati inizialmente a Doha, in Qatar. E lunedì sono giunte a Lisbona, dove riceveranno asilo politico. È stata la più grande operazione di evacuazione di un’unica comunità di afghani da agosto.Il fondatore dell’Istituto, Ahmad Sarmast, che si trovava in Australia quando Kabul è caduta, era sulla pista dell’aeroporto di Doha ad attendere l’atterraggio dell’ultimo volo pochi giorni fa. Solo allora è scoppiato in lacrime. Ce l’avevano fatta. Lacrime di gioia perché ora potrà dare a quei giovani musicisti afghani l’opportunità di continuare i loro studi all’estero. Lacrime di dolore perché il suo sogno di mantenere viva la musica sia tradizionale che occidentale in patria è durato solo pochi anni. Sul cellulare Sarmast conserva le foto di un pianoforte e di una chitarra dell’Istituto fatti a pezzi; i talebani hanno negato di averne ordinato la distruzione e hanno assicurato che proteggeranno gli strumenti, ma li hanno messi sottochiave. Nell’Istituto ora regna il silenzio.
L’operazione
Politici americani e portoghesi, il Qatar
e Yo-Yo Ma hanno favorito l’evacuazione
I talebani hanno occupato le stanze dove ragazzi e ragazze si esercitavano al flauto come al sitar, mischiando melodie occidentali e orientali, mentre il divieto contro la musica pop ha costretto molti intrattenitori a nascondersi. Lo scorso 15 agosto studenti come Marzia Anwari, violinista e conduttrice d’orchestra diciottenne, sono corsi via lasciando indietro gli strumenti per paura, poiché i talebani erano già davanti all’Istituto.
Il piano di Sarmast, che fondò questa scuola a Kabul nel 2010, è ora di ricrearla in Portogallo: farà parte di un più ampio centro per la cultura afghana con sede a Lisbona. Il musicologo 59enne, che fu già esule una volta, quando i talebani controllarono il Paese tra il 1996 e il 2001 e bandirono la musica, ha fatto di tutto per permettere l’evacuazione dei suoi studenti e insegnanti. Nonostante i talebani non abbiano emanato un editto formale come allora, Sarmast spiega che quelle famiglie vivevano nel terrore: alcuni avevano bruciato i diplomi e distrutto gli strumenti temendo una perquisizione. L’Istituto era diventato un simbolo, la sua orchestra femminile Zohra si era esibita in tutto il mondo. Alla fama si erano accompagnate le minacce già negli anni passati; lo stesso Sarmast era rimasto ferito in un attentato durante un concerto. Il musicologo ha contattato il dipartimento di Stato e parlamentari sia democratici che repubblicani in America, politici in Germania e in Portogallo. I quasi 300 membri dell’Istituto sarebbero dovuti partire entro agosto, quando gli americani ancora controllavano l’aeroporto di Kabul, ma nel giorno in cui era stato garantito loro il posto su un volo non riuscirono a superare il checkpoint talebano: un comandante si era addormentato e i suoi sottoposti si rifiutarono di svegliarlo. Poche ore dopo, per timore di un nuovo attentato di Isis-K gli americani chiusero l’accesso allo scalo. Sarmast ha continuato a bussare ad ogni porta, si è rivolto tra gli altri al violoncellista Yo-Yo Ma che ha chiesto aiuto al Qatar a metà settembre: è iniziato così un lungo braccio di ferro diplomatico con i talebani insieme all’incubo burocratico di procurare i documenti a centinaia di persone. In Qatar gli studenti hanno ricevuto nuovi strumenti, che stringevano a sé all’arrivo a Lisbona. «I talebani non zittiranno il popolo afghano», giura Marzia. «È impossibile».