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 2021  dicembre 15 Mercoledì calendario

Intervista a Giorgia Meloni

MILANO Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia: ieri Corriere.it, ora sul giornale.Alla festa di Atreju tanti leader, molti messaggi. Qual è l’idea più forte?
«Si chiamava il Natale dei conservatori, perché esiste un’alternativa al modello che le sinistre vogliono imporre alle società occidentali. Ci sono due grandi fronti che si contrappongono, uno è quello progressista e l’altro è quello conservatore, che noi vorremmo costruire anche qui e che Fratelli d’Italia si candida a guidare. E poi il messaggio che si può stare all’opposizione senza essere marginali, come baricentro di una politica che dialoga con gli altri. Ma anche la difesa delle tradizioni: c’era un mercato di Natale fantastico».
Gli ospiti, certo. Però alla fine il suo discorso è stato molto identitario. Una scelta o una contraddizione?
«Penso che le due cose siano una condizione dell’altra. Intanto è il luogo del confronto per eccellenza. È l’apertura tipica delle identità forti e definite, lei troverà sempre ad Atreju un pubblico rispettoso degli avversari. Però è curiosa questa deriva italiana per cui il rapporto tra i partiti o è la criminalizzazione o è l’inciucio. C’è una gamma intermedia molto ampia».
Che cos’è l’appello ai conservatori? Un partito più largo? E con chi?
«Tante persone che magari non vengono dalla storia della destra, ma dal mondo liberale o cattolico, sono alternative alla sinistra e sentono di non avere una casa. Vorremmo diventare un punto di riferimento anche per tutti questi mondi e allargare il fronte. È un lavoro cominciato da tempo e tre anni fa siamo entrati nella famiglia dei conservatori europei. Non un fatto tattico, ma una scelta di campo».
Con l’obiettivo anche di guidarlo, questo fronte conservatore italiano?
«Certamente, se ne saremo capaci».
Cosa vuol dire un patriota al Quirinale?
«Una persona che abbia a cuore e come priorità la difesa della sovranità italiana e della sovranità popolare, la centralità dei cittadini nelle scelte democratiche. Ora io non ho capito tutto questo dibattito che si è scatenato: la risposta naturale sarebbe stata che la Meloni ha detto una banalità. La levata di scudi dimostra che in Italia c’è un problema. Noi non abbiamo il monopolio del patriottismo, ma se oggi tutti fanno a gara a dire io sono un patriota la considero una nostra vittoria. Il tema della difesa dell’interesse nazionale è una necessità, ma non significa che gli altri siano nemici del Paese. A sinistra si considerano più patrioti europei e io più patriota italiana. E non vuol dire che loro non siano italiani o che io non sia europea».
Sia Conte che Letta hanno detto che bisogna coinvolgere Giorgia Meloni nella scelta del presidente della Repubblica. Ma se deve essere un percorso condiviso, come si concilia con l’indicazione di Silvio Berlusconi?
«Tendenzialmente si concilia, poi bisogna vedere quali sono i numeri e quali sono le disponibilità. Però quelli che dicono che bisogna coinvolgere gli altri in verità vogliono partire da una proposta propria. La sinistra pensa che la convergenza si debba e si possa trovare sempre e solo su persone del loro campo. Noi riteniamo che in questa fase il centrodestra abbia i numeri per contare e facciamo le nostre proposte. E credo che le nostre proposte debbano essere considerate con la stessa serietà e disponibilità. Noi abbiamo avuto quasi tutti i presidenti della Repubblica della stessa cultura politica».
Berlusconi è l’unico candidato del centrodestra?
«Beh, questo dipende dalle convergenze possibili, non solo da noi. È un’ipotesi che prendiamo in seria considerazione, ma poi ci sono i numeri e le disponibilità: non abbiamo da soli i numeri per eleggere un capo dello Stato di centrodestra e quindi bisognerà cercare le strade. Sia chiaro però che il centrodestra in questa fase può e deve contare. Cioè noi abbiamo, numeri alla mano, una grande occasione e non possiamo perderla. Nessuno pensi di poter eleggere oggi un capo dello Stato senza di noi, ma dobbiamo anche dimostrare di essere molto compatti».
Se ci fosse l’accordo condiviso tra i partiti lei direbbe sì a Mario Draghi al Quirinale?
«È chiaro che nell’attuale contesto sia una figura italiana autorevole, vista anche l’uscita di scena di Angela Merkel: potrebbe riequilibrare i rapporti di forza dopo lo strapotere franco-tedesco. L’Italia può difendere e rafforzare il suo peso in Europa. Mario Draghi giocherebbe questo ruolo oppure no? Non ho gli elementi per una risposta e credo che prima di tutto bisogna chiedere a Draghi che cosa intenda fare».
Lei ha proposto il presidenzialismo: pensa a un modello francese o americano?
«In Parlamento c’è una proposta di legge a prima firma della sottoscritta che propone il semipresidenzialismo alla francese. Ma siamo aperti a ogni discussione: si può disegnare un nostro modello. La mia proposta è che ci sia un presidente eletto che risponda direttamente ai cittadini per le riforme coraggiose di cui l’Italia ha bisogno. Io sono anche favorevole all’elezione di un’Assemblea costituente contestuale al voto per il nuovo Parlamento. Si può rifondare l’Italia assumendosi tutti la responsabilità di un assetto istituzionale più adeguato al Paese».
In Parlamento c’è chi vorrebbe una riforma elettorale di tipo proporzionale con soglia al 5% che rispecchierebbe la frammentazione.
«Probabilmente consentirebbe a gente che con un sistema vagamente maggioritario potrebbe non governare di provare a farlo lo stesso con i giochi di palazzo. Il proporzionale è l’esatto contrario di quello che serve all’Italia. Trovo un malcostume della nostra democrazia cambiare le leggi elettorali un anno prima che si vada al voto perché i partiti della maggioranza pensano di disegnare il sistema più consono a farli governare anche se perdono».
Cosa che hanno fatto un po’ tutti gli schieramenti, anche il centrodestra.
«Lo considero sbagliato in ogni caso. Noi proporremo un emendamento per chiedere che all’atto della presentazione delle liste venga depositata anche l’indicazione per dire ai cittadini quali sono i partiti con i quali si è disposti ad allearsi dopo le elezioni per il governo».
Ma chi è il leader del centrodestra?
«È un’alleanza politica composita che viene da lontano e non ha mai avuto bisogno di indicare un leader. Noi siamo partiti diversi e complementari che stanno insieme per scelta. Ma perché lo stesso tema non si pone anche ai 5 Stelle e al Pd?».
Non apriamo questa porta. E quindi il candidato premier non si sceglie prima ma si aspettano i voti?
«Abbiamo regole definite, decidono gli italiani. La persona del partito che prende più voti avrà la responsabilità di indicare il premier da sottoporre al Quirinale. Nel 2018 io fui quella che più di tutti chiese al presidente Mattarella di conferire un incarico a Matteo Salvini».
Eccoci. Quali sono i suoi reali rapporti con Salvini?
«Ottimi. A volte la mattina ci scriviamo per scherzare sui titoli, perché qualsiasi cosa viene letta come fatta contro l’altro. Ma se fosse così, scusi, faremmo due strade diverse. Poi sicuramente io ho il mio carattere e Matteo il suo, ogni tanto come tutte le belle famiglie discutiamo e ci sono i momenti in cui andiamo più d’accordo e altri meno».
I suoi rapporti con il premier Draghi?
«Sono sicuramente buoni. Il presidente Draghi ha anche valutato positivamente diverse nostre proposte e alcune ha deciso di realizzarle. Ha interesse ad ascoltare e questa sicuramente è una novità rispetto a governi precedenti».
E con Enrico Letta?
«È distante anni luce da me, ma lo considero un avversario degno di assoluto rispetto per autorevolezza e preparazione. Per questo mi è dispiaciuto che una battuta che forse mi è uscita male sia stata interpretata come una mancanza di rispetto, perché non lo avrei mai fatto: per me lo scontro politico può essere aspro ma non deve mai cadere nell’attacco personale».
Fratelli d’Italia compie 9 anni. I sondaggi vi danno in crescita, soprattutto al Nord: seconda forza, a volte prima.
«È per l’affidabilità, la coerenza. Non c’è trucco e non c’è inganno: dici una cosa e la farai. Al Nord diciamo che la ricchezza non la produce lo Stato ma la producono le aziende con i loro lavoratori. Siamo gli unici che non hanno mai votato né per istituire né per difendere il reddito di cittadinanza».
Non pensa però che il suo partito abbia un problema serio di classe dirigente?
«No, non lo penso. Perché non è vero.Il fatto che sia meno nota sul piano televisivo non vuol dire che sia meno capace, anzi. Non avrei potuto permettermi una classe dirigente inadeguata perché a noi non è stato regalato niente: ogni centimetro ce lo siamo guadagnato. Io ho bisogno dei migliori».
Il governo ha prorogato lo stato d’emergenza. Giusto?«No. Un’emergenza che dura più di due anni è un controsenso logico e linguistico. Il governo oggi deve riuscire a combattere la pandemia ripristinando la pienezza dei diritti individuali. Altrimenti si prefigura un problema per la nostra democrazia».
Come giudica la manovra?
«Penso che non servisse Mario Draghi per fare una manovra del genere: senza visione. Non si occupa di garantire la crescita. La limatura delle aliquote Irpef non va in questa direzione. Le nostre proposte sono concentrate su lavoro, aziende, produzione».
La verità: lei si immagina a Palazzo Chigi?
«Il mio obiettivo di vita è fare il lavoro nel migliore dei modi, non deludere le persone che credono in me. Dove arrivo lo decidono gli italiani, ce lo dirà la democrazia».