la Repubblica, 15 dicembre 2021
Intervista a Flavio Briatore
ROMA — Flavio Briatore ha la voce vibrante e vagamente minacciosa di quando è entusiasta. Sono ore cruciali per il suo progetto e si sente che ha una voglia matta di vederlo messo a terra. Come quasi tutto quello che lo riguarda, anche questa operazione si pone al confine esatto tra il visionario e il megalomane: il businessman flamboyant, come erano avvezzi definirlo i giornalisti inglesi di F1, si è messo in testa nientemeno che di rilanciare Roma. Anzi, «di risvegliarla». Il suo progetto si chiama Crazy pizza e – scandisce – «non è una pizzeria. È un brand». Un brand con il quale «far tornare la Dolce Vita a Roma».Ma scusi non aveva detto che non avrebbe più investito in Italia?«Guardi è vero che l’Italia non è un Paese accogliente per chi voglia fare impresa, però è anche vero che quando uno ha una visione, un’idea così potente, alla fine può fare impresa anche qui. E la mia idea è eccezionale, potentissima: in Italia non esiste niente del genere».Veramente è pieno di pizzerie.«È pieno di Pizza Antonio, Pizza Giuseppe. Non c’è un brand».Crazy Pizza.«Esatto».Una pizzeria a via Veneto.«Esatto anche se parlare di pizzeria non è corretto. È molto, molto di più».Come le è venuta in mente l’idea?«Questa estate avevamo aperto il primo Crazy Pizza d’Italia a Porto Cervo, un business stagionale che però è andato molto bene. Così abbiamo pensato di replicarlo: a Roma e a Milano».Perché non le piace che si dica che è una pizzeria?«Vede, la pizza è uno street product, di solito te la portano su tavoli spogli o non apparecchiati, te la buttano là con un servizio approssimativo, roba che non ti invoglia a rimanere nel locale. Noi abbiamo pensato di fare una pizzeria chic, branché. Serviamo ottime pizze, in un posto elegante, con un servizio impeccabile. La pizza è un prodotto importante, ma è presentato in modo cheap, noi gli abbiamo creato intorno unenvironment diverso».E questo dovrebbe bastare a rilanciare Roma?« Questo non è poco. Roma si rilancerà così, mi creda. Noi apriamo in via Veneto, e lì con noi aprirà anche Nobu, (il ristorante fusion di Robert De Niro, ndr ), e poi stanno venendo 5-6 grandi hotel, Bulgari, il Four Season, è arrivato Soho House. I brand, i posti nuovi, questo farà tornare la voglia di vivere la città, creerà business, vita, posti di lavoro».Perché via Veneto?«Roma è la città più bella d’Europa.Non c’è una sola ragione per cui non sia considerata anche la migliore. E via Veneto è la via di Roma, lo è sempre stata. Mentre adesso non lo è più. È dormiente. Noi la sveglieremo: signori, ricomincia la dolce vita. Via Veneto poi è un brand dentro il brand. La nostra clientela è internazionale e trasversale, ama divertirsi, cerca un’alternativa».A Roma aprirà anche il Twiga?«Sì. Sulla terrazza dell’hotel Bernini, insieme al mio amico Bobo B occa (Bernabò Bocca presidente di Federalberghi, ndr ). A gennaio, inauguriamo il Crazy Pizza a maggio il Twiga».Chissà che investimento…«Per i due locali pensiamo di superare i 4 milioni (affittiamo le mura ma rifacciamo tutti i locali) ma contiamo di arrivare a 6 milioni di fatturato col Twiga e a 2,5 col Crazy Pizza. Restituiremo molto alla città».In che forma?«Principalmente posti di lavoro per i giovani. Presto faremo un open day: cerchiamo ragazzi tra i 22 e i 35 anni, 40 persone per il Crazy Pizza e 80 per il Twiga. I giovani devono lavorare invece di stare a casa con il reddito di cittadinanza».Quanto li pagherete?«In media duemila euro al mese»Guardi che veniamo a controllare.«L’importante non è risparmiare sul contratto, ma trovare gente con la voglia di fare, e offrirgli una chance».Quando cercò di sbarcare in Salento venne accolto male.«Non capirono la mia filosofia. Ci stanno arrivando solo adesso».Le istituzioni a Roma come l’hanno accolta?«Non abbiamo chiesto niente, non ci hanno detto niente. Non abbiamo avuto nessun contatto. Ci basta che puliscano le strade. È uno scandalo che la città sia assediata da monnezza e cinghiali. È l’unica cosa che chiedo a Gualtieri: far tornare via Veneto pulita come negli Anni 50».Quanto costerà una pizza?«I prezzi non li abbiamo ancora fatti, ma certo non occorrerà svaligiare una banca. A Riad e Monaco una margherita sta a 14 euro».E il pizzaiolo ovviamente è napoletano…«Non necessariamente. Ne abbiamo molti, ma non sta scritto da nessuna parte che debbano essere per forza napoletani».