La Stampa, 15 dicembre 2021
Le fragilità di Gianni Vattimo
«Il professore aveva un forte desiderio di colmare la solitudine. Aveva paura di rimanere solo come un cane, senza nessuno intorno. Così ne beneficiavano tutti». La frase è di un cinismo disarmante e Stefano la pronuncia con altrettanto disarmante sorriso. Testimone al processo a Simone Caminada, 38 anni, assistente del filosofo Gianni Vattimo che si sarebbe approfittato della situazione di fragilità dell’intellettuale, racconta di un insieme di persone, lui in primis, che quell’umano timore della solitudine l’hanno sfruttato, manipolato per ottenere favori. Viaggi, cene in «ristoranti strepitosi», aiuti economici e così via. Perché è vero, Stefano parla di una «relazione intima, profonda», iniziata nel 2013 ad una cena e dal 2017 andata via via allentandosi. Usa frasi come un «amore coinvolgente». Poi arriva a parlare di soldi: oltre 750 mila euro. «Tutti i mesi mi dava del denaro. Qualcuno per le spese comuni, i più erano bonifici, regali». Il professore glieli ha dati spontaneamente, certo. Ma c’è la questione giuridica e c’è la questione umana. C’è quel «bisogno di affetto» che Stefano aveva «percepito sin da subito. L’ho manipolato. Sapevo che mi amava profondamente e sapevo di amarlo un po’ meno». Parole sue. Probabilmente pensieri di tanti. «Tutti prendevano. Assolutamente tutti. Dai ragazzi dell’università che gli chiedevano i soldi per le sigarette, alle cene che pagava sempre lui». C’era chi doveva sostenere le spese del dottorato, chi quelle dei figli, chi sieropositivo non poteva pagare le medicine. Una lunga lista. «Spesso davo denaro a persone vicine che credevo amici», aveva dichiarato il teorico del pensiero debole a La Stampa. Vattimo è un «gentleman» dice Stefano. Sicuramente generoso, sicuramente attento agli altri. Con delle fragilità, come tutti. Ed è su quelle fragilità che chi gli era attorno sembra aver fatto leva. Poi è arrivato Simone Caminada (per altro ieri archiviato da un’accusa di stupro per un’altra vicenda del 2019, che nulla c’entra con questa).Spregiudicato, è andato oltre. Lo sostengono i pm Dionigi Tibone e Giulia Rizzo e anche diversi testimoni. Avrebbe tentato di disporre del patrimonio e cercato di allontanare gli altri. «Ha rotto gli equilibri. Gli dicevo di stare al suo posto, che lui non era il padrone», spiega Stefano. E aggiunge: «Caminada, agli occhi di Vattimo, ci ha descritti tutti in un certo modo». Quale? Come degli «approfittatori». E il professore, così sembra, gli ha creduto. «A me ha tolto la carta di credito intestata sul suo conto corrente». Il filosofo aveva spiegato: «Simone ha approfittato della mia generosità? Tutte palle. Cercava di limitare le uscite di denaro inimicandosi le altre persone». Caminada è accusato di circonvenzione di incapace. Vattimo ribatte: «Sono completamente lucido. Il periodo dell’amministratore giudiziario è stato un incubo». Dei suoi soldi vuole disporre come meglio crede. E, come meglio gli è parso, ha gestito le sue fragilità. —