Il Sole 24 Ore, 15 dicembre 2021
In Italia più risparmi ma meno risparmiatori
Aumenta ancora il risparmio in Italia, come testimonia la continua crescita della liquidità parcheggiata sui conti corrente nazionali, ma al tempo stesso diminuisce il numero degli italiani in grado di mettere da parte il denaro. È un vero e proprio paradosso, generato anche della pandemia che ha contribuito ad accrescere le disuguaglianze all’interno del Paese, quello che emerge dalla «Ricerca sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2021», realizzata da Intesa Sanpaolo con la collaborazione del Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi.
L’indagine, presentata ieri e basata su interviste effettuate in due riprese negli scorsi mesi di marzo e maggio, mostra da un parte come il 2021 si sia dimostrato l’anno della svolta dopo l’intensa sofferenza vissuta nei 12 mesi precedenti caratterizzati dalla diffusione del virus. L’anno in cui gli italiani hanno ricominciato a vedere la luce vede però il Paese impegnato in una rincorsa su un terreno disomogeneo, anche più che in passato. Le due cifre chiave che evidenziano il fenomeno sono appunto l’aumento pari a 110 miliardi di euro dell’ammontare depositato in banca e la concomitante riduzione, dal 55,1% al 48,6% della quota di risparmiatori. Una discrepanza, quest’ultima, che appare ancora più significativa quando si pensa che il livello di coloro che hanno messo da parte il denaro in modo involontario, cioè semplicemente per non essere riusciti a consumare nell’anno della pandemia a causa delle restrizioni di attività e mobilità, è aumentata del 6,7 per cento.
Del resto, nell’anno del Covid il 36,8% degli intervistati ha visto ridurre (e l’1,5% addirittura azzerare) le entrate ordinarie a causa delle conseguenze economiche della pandemia. Nel complesso la perdita media di reddito netto familiare è stata pari a 105 euro mensili, ma non ha riguardato tutti in modo uniforme e si è sostanzialmente scaricata su poco più di una famiglia su tre. Di contro, ad alleviare gli effetti della crisi hanno contribuito i sussidi o le altre forme di supporto economico che hanno raggiunto il 28% del campione (quindi il 74% di quanti hanno perduto entrate), consentendo di contenere la riduzione del reddito disponibile al di sotto del -8,9% accusato dal Pil.
«La pandemia ha aumentato le distanze fra gli italiani e rende sempre più necessaria l’adozione di politiche più inclusive», ha confermato Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi e curatore del rapporto, sottolineando come un elemento decisivo per la ripresa resti quello della fiducia: «Senza di essa – ha aggiunto – non si scongelano le decisioni di investimento di famiglie e imprese che possono portare a un utilizzo di quel denaro che altrimenti resta fermo sui conti corrente».
Che la disomogeneità rischi di perdurare risulta evidente anche nell’atteggiamento differente degli italiani di fronte alle nuove opportunità che sembrano emergere. Il 64% del campione intervistato preferisce infatti attendere ancora prima di immettere di nuovo nel circuito economico il risparmio accumulato in eccesso. Si tratta in genere, come sottolinea il rapporto Intesa-Einaudi, della parte meno abbiente della popolazione: più avanti negli anni, appartenente al ceto medio-basso e con limitata istruzione. A questa si contrappone il restante 36%, che include i laureati, i giovani e gli appartenenti al ceto medio-alto e alto per reddito che vorrebbe invece rilanciare i propri consumi, con priorità differenti a seconda delle categorie: viaggi; auto e nuovi beni durevoli; una nuova abitazione.
Il 2022 sarà anche sotto questo aspetto «l’anno della verità», come lo ha definito Gregorio De Felice, per l’Europa, per l’Italia e anche per gli stesi risparmiatori. «Man mano che verranno definiti i passi ulteriori del Pnrr e saranno visibili i suoi progressi – ha spiegato il capo economista di Intesa Sanpaolo – anche gli italiani saranno in grado di cogliere il cambiamento in atto e potranno ridurre il risparmio, trasformandolo in consumi e in investimenti». Con una crescita attesa nell’ordine del 4% e per la prima volta da tempo superiore anche a quella della Germania, della media europea e perfino degli Stati Uniti, l’Italia sembra navigare con il vento in poppa anche nel 2022. Qualche spinta in più da risparmiatori e imprese aiuterebbe la rincorsa.