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 2021  dicembre 15 Mercoledì calendario

Il Csm solo col sorteggio. Intervista a Carlo Nordio

«Il Csm si salva dalle correnti solo con il sorteggio dei suoi componenti, avremmo reciso così il legame che vincola elettori ed eletti, ed avremmo affidato il controllo della magistratura non alla politica, ma un organismo realmente indipendente». Così Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia, protagonista di inchieste storiche, dalle Brigate venete a Tangentopoli. Alla vigilia dell’attesa riforma del Consiglio superiore della magistratura, Nordio mette le mani avanti: non basta cambiare il sistema elettorale, perché «le correnti si divideranno i seggi in anticipo, e magari faranno accordi di desistenza, come fecero i partiti nel ’94, con l’introduzione del sistema uninominale». E in merito alla direttiva europea che impone ai magistrati di astenersi dal commentare le indagini, l’ex magistrato precisa: «Per la verità una norma simile esisteva già nell’ordinamento giudiziario, ma è stato spesso disattesa». La direttiva servirà a cambiare rotta? «Dipenderà dai controlli e dalle sanzioni. Perché ogni Pm dispone di altri mezzi più insidiosi per aggirare la presunzione di innocenza».


Domanda. È entrata in vigore anche in Italia la direttiva europea sulla presunzione di innocenza. I magistrati potranno parlare solo attraverso comunicati o conferenze stampa del procuratore capo autorizzate. Servirà ad evitare la strumentalizzazione di atti e inchieste a fini politici e a garantire una maggiore terzietà della magistratura?

Risposta. Per la verità una norma simile esisteva già nell’ordinamento giudiziario, nel senso che i rapporti con l’esterno potevano esser tenuti solo dal capo dell’Ufficio o dal suo Aggiunto. Ma poiché è stata spesso disattesa senza conseguenze si è ritenuto opportuno rafforzarla. Ed è bene che sia così. Il nostro sistema si occupa essenzialmente di tre protagonisti: l’imputato che va a processo, il condannato che sta espiando la pena e la vittima che cerca giustizia. Tutto giusto, ma manca il quarto: cioè l’indagato, che spesso finisce sui giornali, come presunto colpevole, perde l’onore e magari il lavoro o la carica politica, e dopo mesi o anni viene archiviato senza neanche le scuse.

D. Servirà?

R. Dipenderà dai controlli e dalle sanzioni. Perché ogni Pm dispone di altri mezzi più insidiosi per aggirare la presunzione di innocenza.

D. Quali?

R. Quello, ad esempio, di lasciar filtrare le notizie attraverso giornalisti compiacenti, di non vigilare sulla divulgazione di intercettazioni, o addirittura di depositare atti che hanno poco o nulla a che veder con l’indagine, ma che sono tali da gettare sospetti o discredito sulla onorabilità del cittadino, come è accaduto nel caso Renzi-Open e nel deposito di 90 mila pagine, comprendenti anche documenti personali.

D. Una parte della magistratura è in subbuglio: non sarebbe tutelata la trasparenza e la libertà di stampa. È così?

R. Assolutamente no. La libertà di stampa non può spingersi fino a eliminare la presunzione di innocenza e tantomeno a violare il principio di segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni: sono tutti principi sanciti dalla Costituzione.

D. Nella sua esperienza di magistrato, parlare con la stampa e far uscire certe notizie le è stato di aiuto?

R. Ci sono stati momenti in cui i contatti con la stampa erano inevitabili ed anche opportuni, per evitare che fossero diffuse notizie inesatte. A quel punto era meglio rivelare, nei limiti del consentito, alcuni elementi dell’indagine piuttosto che lasciar lavorare i giornalisti di fantasia. Ma tutto sempre nel rispetto della dignità dell’indagato e della presunzione di innocenza. Naturalmente sono stati commessi errori ed eccessi, anche da parte mia, come del resto ho ammesso a suo tempo. Nel 1997 alcune testate scrissero in prima pagina: «Il giudice Nordio si pente». Molti colleghi ironizzarono. Beati loro che non hanno mai sbagliato.

D. È attesa la riforma del Csm. La ministra Cartabia avrebbe in testa una sua riforma ideale, ha ammesso, ma deve fare i conti con il Parlamento. Perché è così complicato mettere le mani sul Csm?

R. Perché quando è entrata in vigore la Costituzione, e quando anni dopo la legge ordinaria ne ha dato attuazione, nessuno immaginava che la degenerazione correntizia avrebbe fatto di questo organo una sorta di parlamentino dominato da interessi clientelari, come alla fine ha rivelato lo scandalo Palamara. Ma la modifica della Costituzione è un procedimento complesso, mentre la riforma è urgente. Purtroppo nessuna riforma del sistema elettorale del Csm potrà cambiare questo stato di cose.

D. Perchè?

R. Le correnti si divideranno i seggi in anticipo, e magari faranno accordi di desistenza, come fecero i partiti nel ’94 ,con l’introduzione del sistema uninominale. Occorrono due riforme epocali: una, come ha detto la ministra Cartabia, essenzialmente etica e culturale. Ma questo è un vasto programma. Poi il sorteggio nell’ambito di un canestro di persone per definizione competenti e affidabili, come potrebbero essere i magistrati già valutati tre o quattro volte, i docenti universitari di materie giuridiche e i presidenti degli ordini forensi e delle camere penali. Avremmo così reciso il legame che vincola elettori e ed eletti, ed avremmo affidato il controllo della magistratura non alla politica, ma un organismo realmente indipendente. Ora vedo con grande soddisfazione che persino magistrati come il Superprocuratore antimafia, Federico Cafiero de Raho, e alcuni membri del Csm si dicono d’accordo. Quando 25 anni fa lo scrivevo venivo considerato un eretico visionario.

D. La riforma della giustizia della ministra Cartabia pone tempi inderogabili ai gradi del processo. Basterà ad avere una giustizia meno comatosa?

R. L’aspetto più importante del processo riformatore iniziato dalla ministra non è tanto la fissazione di termini, quanto la predisposizione dei mezzi per poterli rispettare. Questo vale per ogni settore. Si può anche introdurre il diritto della donna a una mammografia entro 24 ore dalla prescrizione, ma se non ci sono i radiologi e gli strumenti ad impossibilia nemo tenetur. Così è per la giustizia. E in effetti Cartabia ce la sta mettendo tutta per potenziare le strutture, assumere personale, semplificare le procedure e digitalizzare i processi. È la prima volta che assistiamo ad un simile energico intervento. Tuttavia il cammino è così lungo, e il sistema così sfasciato, che i problemi saranno ridotti, ma non certo risolti. Per di più le riforme le fa il Parlamento. E quello attuale non mi sembra particolarmente ben disposto.