Corriere della Sera, 14 dicembre 2021
Intervista a Sarah Ferguson
Sarah Ferguson, la «ribelle» della casa reale inglese, a 62 anni si è pacificata con sé stessa e con gli altri. Lontano il tempo in cui in una foto succhiava l’alluce di un miliardario texano. La duchessa di York dopo una quarantina di libri per bambini, ne ha scritto uno per adulti, rosa, La bussola del cuore, che la riguarda da vicino. Ambientato a metà ‘800, il romanzo, romantico e dal lieto fine, ha per protagonista, Lady Margaret, una sua pro-pro zia in cui Sarah si rispecchia.
Perché?
«Perché, come me, era rossa di capelli, lottò per vivere come desiderava, ed era testarda. Inoltre era giudicata dalle apparenze, come avviene oggi con i social media. La gente vuole sempre criticare, pensa di essere più libera nello scrivere cose che non direbbe mai nella vita reale. Io spero che le donne si identifichino in lei, nelle aspettative che si continuano ad avere su ragazze che devono essere piacevoli e ornamentali, trovare un buon marito e farci figli. I luoghi del libro mi sono familiari, l’Irlanda, le Highlands in Scozia, gli Stati Uniti dove ho ricostruito la mia vita. Tuttavia è fiction, non è la mia autobiografia».
Qual è l’aspetto più difficile nell’aver fatto parte della royal family inglese?
«Non la vedo così, è stato un grande onore venir messa sulla scena pubblica il giorno delle mie nozze, il 23 luglio 1986. Sono stata fortunata e privilegiata. E quando ho combinato pasticci, mi sono sempre scusata se capivo che avrei potuto gestire meglio le cose».
Cosa direbbe al suo ex marito, Andrea, coinvolto nello scandalo sessuale di Epstein?
«Sono in stand by col mio ex marito. Quello che mi sento di dire è che è un padre gentile e ora un nonno meraviglioso».
Che cosa pensa dell’intervista di Oprah Winfrey a Harry e Meghan?
«Non presumo di dar loro consigli eccetto quello di essere felici. L’unica cosa che aggiungo è che Oprah mi aiutò molto in Usa».
Ha conosciuto la depressione e i disturbi alimentari. Ne può parlare?
«Ho avuto a lungo un rapporto non sano con il cibo. C’è stato un tempo in cui i tabloid inglesi criticavano il mio peso e le mie scelte chiamandomi Duchessa di Pork. Cominci a pensare che tutto il mondo ti vede grassa e senza appeal. Mi è stato di grande aiuto il dietologo italiano Gianluca Mech. Oggi sono orgogliosa del mio girovita».
Perché Lady Diana continua a vivere nel nostro immaginario?
«Siamo state come sorelle, non c’è migliore esempio nel darsi al prossimo col cuore. Di lei ricordo la risata squillante e la sua voglia di divertimento».
Il libro si svolge in un’epoca in cui le donne avevano una libertà limitata: oggi quali sono le maggiori conquiste da raggiungere?
«Io sono interessata affinché i diritti delle donne abbiano voce e tutte siano ascoltate. La povera Lady Margaret, la mia eroina, doveva fare ciò che gli era stato detto fino a quando andò contro i desideri della società e della famiglia. Dovette combattere per vivere come voleva e questo avviene ancora per molte donne. Pensate solo ai matrimoni combinati che perdurano. Nel mondo, quasi 130 milioni di ragazze non vanno a scuola, e solo nel 49 percento dei casi c’è parità di genere nell’educazione primaria».
Che rapporto ha con l’Italia?
«Ho sentito un grande amore da subito, soprattutto in Puglia e in Toscana. La famiglia Della Gherardesca mi ha mostrato grande amicizia, e così Tiziana Rocca che organizza tanti eventi, anche di beneficenza».
Chi è oggi Sarah Ferguson?
«Una donna forte, indipendente che sta realizzando i suoi sogni, come quello di diventare scrittrice. Ho capito che puoi cominciare una carriera a 62 anni. Ne sto già scrivendo un altro, sono al decimo capitolo di una specie di Sherlock Holmes al femminile. E sono impegnata in un film sulla stessa era vittoriana, sul principe Alberto e sua madre Luisa, a cui il marito negò la possibilità di vedere i suoi due figli. Ci sono tanti lati di me, Fergie, Sarah Ferguson, la Duchessa…».
Dunque non si riconosce più nell’immagine dell’ultima ribelle aristocratica?
«Conservo un po’ di sana sfacciataggine. Continuo a vedere la vita come una grande avventura».
Rimpianti?«Non ne ho. Li avrei se non fossi riuscita a dire a mia madre, prima che perdesse la vita in un incidente d’auto nel 1998, che le volevo bene. Fui abbandonata da lei quando ero teen-ager. Ho avuto problemi di autostima. È uno dei motivi per cui per 28 anni sono stata in terapia. Ma sono contenta oggi più che mai. Passo il tempo cercando luce e gioia».