la Repubblica, 14 dicembre 2021
Intervista a Volodymyr Zelensky
Presidente Volodymyr Zelensky, Vladimir Putin ha di nuovo ammassato truppe ai confini con l’Ucraina. Le sembrano manovre militari più minacciose del solito?«A che cosa servono le truppe stanziate vicino al nostro confine?Sono il potenziale di un ricatto.Anzitutto contro gli Stati occidentali. Quando le truppe russe aumentano, il ricatto si fa più duro, tanto da far temere un’aggressione contro il nostro Stato o contro l’intera regione. La Russia ha iniziato questa guerra nel 2014 e da allora siamo abituati a qualsiasi scenario. Purtroppo non si può dire lo stesso di altri Paesi europei. La Germania, per esempio, ci ha recentemente impedito di ottenere dalla Nato fucili anti-drone e sistemi anti-cecchino, che sono armi esclusivamente difensive.Qualsiasi democrazia sotto aggressione dovrebbe avere il diritto di acquistare tali armi.Purtroppo in alcune capitali europee la paura prevale».Europa e Stati Uniti hanno condannato il Cremlino e si sono schierati nuovamente al fianco di Kiev. Ma se domani i russi invadessero il suo Paese, sareste pronti a fronteggiarli?«Proteggeremo la nostra terra e la nostra gente in ogni circostanza e da ogni invasione. Gli ucraini non rinunceranno mai alla loro libertà.A Mosca, intanto, si potrebbe aprire un museo per le tante condanne ricevute dal Cremlino.Indubbiamente, siamo grati per il supporto che ci viene offerto. Ma gli sforzi collettivi non sono sufficienti a riportare la Russia né a una politica basata sul rispetto del diritto internazionale e degli Stati vicini, né a significativi colloqui di pace nell’Ucraina orientale. Basti pensare che l’accordo sui prigionieri di guerra siglato a Parigi nel 2019 non è ancora stato attuato. Centinaia di persone sono tenute prigioniere nei territori occupati, dove la Russia aveva promesso di garantire l’ingresso delle organizzazioni internazionali. Ma ciò non accade perché i prigionieri ucraini sono in condizioni così spaventose che la Russia non osa mostrarli alla Croce Rossa».In caso di guerra, ha valutato un possibile bilancio in termini di vite umane?«È proprio perché pensiamo al possibile numero di vittime che insistiamo costantemente sugli sforzi diplomatici. Noi non “giochiamo” con le armi, non ammassiamo le truppe al confine, non adottiamo misure di forza contro il territorio occupato del nostro Stato. Questa guerra ha già provocato circa 15mila morti. Un milione e mezzo di ucraini sono stati costretti a fuggire dalle loro case e sono diventati rifugiati interni. Se parliamo del prezzo di un conflitto più ampio, è chiaro che le perdite umane potrebbe raggiungere un ordine di grandezza molto superiore.Compreso per i russi. È lecito chiedersi se la società russa sia pronta o no a pagare con la vita dei suoi figli il tentativo di occupare un’altra parte dell’Ucraina».Nel Donbass, intanto, si continua a morire. Perché dopo 8 anni ancora non si vede neanche uno spiraglio di pace?«L’Ucraina è pronta a fare tutti gli sforzi necessari per ottenere una pace giusta e duratura. Questa intervista si trasformerebbe in un grosso libro se cominciassi a elencare tutte le proposte che abbiamo rivolto alla Russia per intensificare i negoziati. Ma un solo capitolo conterrebbe tutte le risposte della Russia, che continua a non riconoscersi come parte in causa. La sua astuzia al tavolo dei negoziati è di insistere sulla necessità di parlare con i separatisti del Donbass. Ma chi sono questi separatisti? Nei territori occupati tutto è gestito da militari e funzionari del governo russo».Putin chiede adesso garanzie scritte, quali, per esempio, la bocciatura preventiva dell’adesione di Kiev alla Nato.Sareste pronti a rinunciare a quel progetto in cambio di un ritiro definitivo delle truppe di Mosca dai vostri confini?«Il nostro Stato ha rinunciato alla sua parte dell’arsenale nucleare sovietico, il terzo più grande al mondo, e in cambio ha ricevuto assicurazioni, anche dalla Russia, di rispettare i nostri confini e la nostra sicurezza. Il che non è accaduto. È quindi strano sentire da parte russa una richiesta di garanzie, quando ha lei stessa violato già tante promesse fatte».Crede che la minaccia di “pesantissime sanzioni economiche” formulata dal presidente americano Joe Biden sia sufficiente a fermare Mosca?«Dopo i colloqui tra il presidente americano e l’omologo russo non c’è stata nessuna riduzione dell’ammasso di truppe nostri confini. Per non parlare di quello che accade nel Mare di Azov, dove il 70% della sua superficie è sotto il controllo della Russia. Solo quando le cose cominceranno a cambiare potremo dire che gli argomenti di Biden si sono dimostrati convincenti».Non pensa che per far pressione su Putin basterebbe minacciare la non apertura del gasdotto Nord Stream 2 appena ultimato, che consentirà a Mosca di trasportare verso la Germania e il resto dell’Europa 55 miliardi in metri cubi di gas naturale all’anno?«Il fatto stesso che il Nord Stream-2 possa ipoteticamente essere messo in funzione è estremamente destabilizzante per la nostra regione. La Russia sta investendo nei Paesi occidentali allo scopo di far funzionare pienamente il nuovo gasdotto, il che implicherebbe la fine del trasporto di gas dal territorio ucraino.Quando ciò accadrà, i problemi di sicurezza in Europa centrale e orientale aumenteranno fortemente».Siete attualmente in dialogo attivo con i leader dei Paesi dell’Ue. Cosa si aspetta esattamente dall’Europa e, in particolare, dall’Italia?«Alcuni potrebbero avere paura del potenziale economico dell’Ucraina, ma l’Italia e altri Paesi trarranno solo vantaggio se l’Ucraina diventerà un membro a pieno titolo della comunità europea. Gli italiani non hanno meno peso politico per parlare alla Russia di pace rispetto ad altri Stati che sono già coinvolti nello sforzo negoziale. Natale è alle porte, ed è quindi il momento di cercare di ottenere un cessate il fuoco, il rilascio dei prigionieri e la creazione delle condizioni per la libera circolazione delle persone.Sono certo che quando parlerà con Mosca, l’Italia potrà dire la sua parola. E che Putin non potrà ignorarla».