la Repubblica, 14 dicembre 2021
Giovanni Maria Flick, cattolico, è favorevole alla legge sul fine vita. Un’intervista
ROMA – Promossa. E da approvare assolutamente. «Perché rende più concreti i quattro paletti della Consulta attraverso una formula più generale e non legata al caso specifico». Ecco il giudizio dell’ex presidente della Consulta Giovanni Maria Flick sul “suicidio medicalmente assistito” su cui la Camera dovrà votare. Sul caso Cappato-Dj Fabo, la Corte aveva detto che la patologia doveva essere irreversibile, causa di sofferenze fisiche o psicologiche assolutamente intollerabili, per un malato che può vivere solo attraverso trattamenti di sostegno vitale, però capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Le stesse condizioni, con «maggiore concretezza e specificità», si ritrovano oggi nella legge.
«Meglio una legge che nessuna legge» dice Mario Perantoni di M5S. Pure lei la vede così?
«Senz’altro. E mi lascia perplesso la singolare convergenza tra i fautori di una libertà totale da un lato e gli oppositori altrettanto radicali dall’altro nel voler demolire la legge faticosamente costruita alla Camera. Un obiettivo comune per finalità opposte».
Un sì convinto il suo?
«Ci lamentiamo tutti perché da anni si stava lavorando inutilmente per arrivare a una legge sul fine vita.
Adesso che c’è la proposta ciascuno la tira per la giacca chiedendo o paletti più rigidi che la rendano, di fatto, inapplicabile, o all’opposto, la demolizione totale dei paletti che già ci sono».
Lei è un cattolico praticante, va a Messa ogni domenica, il Papa l’ha scelta come avvocato per il caso del palazzo di Londra. Non teme una scomunica se dice sì alla legge?
«È vero, sono un cattolico praticante, ma sono anche laico costituzionalmente (quindi non laicista). Credo che in una società pluralista una soluzione come quella elaborata faticosamente dalla Consulta non sia un compromesso, ma un risultato accettabile, anche se tuttora nutro delle perplessità sul passo che la Corte ha compiuto».
Ha valicato il confine tra giudice delle leggi e legislatore?
«Sì, ma la Corte lo ha fatto con delle buone ragioni in una società pluralista. Ha ritenuto, ferma restando la necessità di tutelare il soggetto debole per ragioni di solidarietà umana, che si potesse escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio. Ma solo quando la sofferenza è irreversibile, intollerabile, e la vita dipende da un presidio medico, senza il quale la persona non può neppure sopravvivere».
Sono le quattro condizioni della Consulta?
«Sì, certo. Proprio quelle. La Corte ha ritenuto che in quei casi non sia punibile l’accelerazione della morte considerandola di fatto eguale a quanto già prevedeva la legge del 2017 sul fine vita, e cioè la sedazione senza un accanimento terapeutico per contrastare la morte che sta per arrivare».
Il centrodestra però non la vota.
«È un atteggiamento dettato solo da valutazioni di carattere politico.
Invece non si può più tornare indietro di fronte a un risultato acquisito dall’ordinamento».
Per l’Associazione Luca Coscioni la legge non va bene perché consente l’obiezione di coscienza ai medici.
«Riconoscerla è fondamentale per il rispetto dell’autodeterminazione di un medico chiamato a partecipare a quel processo, e non a fare solo lo spettatore. Chi critica i paletti vuole eliminarli del tutto per affermare la totale libertà e autodeterminazione».
Vogliono bloccare la legge per portare voti al referendum?
«Non so cosa faranno gli italiani, ma sono contrario a cancellare i paletti per rendere libera l’autodeterminazione della persona che vuole la morte attraverso l’intervento di un altro».
In Germania hanno deciso che basta la volontà individuale di
morire.
«Per me una legge senza paletti diventa la chiave per qualsiasi soluzione, anche quella di una persona giovane e sana, che per una delusione amorosa, dice all’amico “premi tu il grilletto perché io non ho il coraggio di farlo”».
Il fantasma della legge Zan incombe sulla legge. Farebbe un appello per votarla?
«Il mio mestiere non è quello di fare appelli. Però, come cittadino, ritengo che il Parlamento abbia cercato di trovare per la prima volta un equilibrio tra esigenze entrambe fondate, ma tra loro opposte. E comunque non dimentichiamoci che la legge Zan è saltata proprio per la mancanza di una maggiore disponibilità a cercare un punto d’incontro».