Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  dicembre 14 Martedì calendario

Putin rimpiange l’Urss. Quando finì fece il tasista


MOSCA
«La disintegrazione della Russia storica sotto il nome di Unione Sovietica»: è stato questo il crollo dell’Urss secondo Vladimir Putin. A trent’anni dallo sgretolamento dell’impero sovietico, il presidente russo ha ricordato quell’evento epocale con parole che tanto ricordano quelle che aveva già pronunciato nell’ormai lontano 2005, quando definì la fine dell’Urss «la più grave catastrofe geopolitica del XX secolo». Ma stavolta – riporta Ria Novosti – in un’intervista per un documentario dal titolo «Storia Moderna», Putin ha parlato anche di sé e ha raccontato che nei difficili anni Novanta a volte gli è capitato di dare dei passaggi in auto per guadagnare qualche soldo in più. «A volte ero costretto ad arrotondare anche con dei passaggi. Mi spiace dirlo ma purtroppo succedeva anche questo», ha detto il leader del Cremlino. Le dichiarazioni di Putin hanno subito fatto il giro del mondo, ma il sito Meduza sottolinea come contrastino in parte con quanto affermato dal presidente russo in un’intervista per un documentario del 2018, quando -Putin aveva detto di avere solo pensato di dedicarsi ai passaggi in auto.
Secondo Ria, Putin nel 2018 aveva detto di essere stato pronto a lavorare come tassista quando aveva lasciato il lavoro al Comune di San Pietroburgo dopo che il suo mentore, Anatoly Sobchak, aveva perso le elezioni per essere confermato sindaco. Gli anni Novanta furono un periodo di grandi sacrifici economici per molti russi e – come scrive la Bbc – molte persone ogni tanto si improvvisavano «tassisti». Dopo il crollo dell’Urss si affermò un capitalismo selvaggio e sregolato, le condizioni di vita di gran parte della popolazione peggiorarono e grandi ricchezze si concentrarono nelle mani di potenti oligarchi.
L’ex ufficiale del Kgb Vladimir Putin negli anni Novanta divenne capo dell’intelligence (Fsb) e quindi primo ministro. Infine Yeltsin gli spalancò le porte del Cremlino dimettendosi in diretta tv dalla carica di presidente il 31 dicembre del 1999. In questi 22 anni Putin ha rafforzato sempre più il proprio potere al punto che l’anno scorso una riforma costituzionale ha cancellato di fatto il limite di due mandati presidenziali consecutivi per l’attuale capo di Stato russo, che, se lo vorrà, potrà in teoria ricandidarsi ancora nel 2024 e nel 2030. Inoltre, con la riforma, la Russia viene definita come l’erede dell’Urss e alcuni vedono in questo un tentativo di legittimare Mosca come grande potenza. «Ci siamo trasformati in un Paese completamente diverso e ciò che era stato costruito in mille anni è stato in gran parte perso», ha detto Putin riferendosi al crollo dell’Urss, da lui definito «la disintegrazione della Russia storica» e «una tragedia».
Le parole di Putin arrivano in un momento di nuove tensioni tra Russia e Occidente attorno all’Ucraina. Kiev e Washington accusano Mosca di aver concentrato oltre 90.000 militari vicino al confine con l’Ucraina e dicono di temere un’aggressione del Paese da parte della Russia, che smentisce però di preparare un attacco, chiede che la Nato non si allarghi a Est e minaccia di dispiegare missili a medio raggio se gli Stati Uniti faranno altrettanto. Usa e Ue si dicono pronti a pesanti sanzioni nel caso di un attacco all’Ucraina.
La Russia nel 2014 si è di fatto annessa la Crimea con un’invasione di uomini armati e senza insegne di riconoscimento ed è da tempo accusata di appoggiare i separatisti nel Donbass, nel Sud-est ucraino. Ieri l’Europa ha approvato un pacchetto di sanzioni per i mercenari russi della compagnia Wagner, accusati di «azioni destabilizzanti» in Libia, in Siria e proprio in Ucraina. —