Il Messaggero, 14 dicembre 2021
I dati sui tempi biblici della giustizia
Cinque mesi per un rinvio. Sono questi i tempi medi nei processi penali di primo grado. È quanto emerge da uno studio condotto dalle Camere penali e dall’Eurispes, che, nel 2019, hanno monitorato oltre 13mila procedimenti in 32 Tribunali. Una situazione peggiorata rispetto all’indagine precedente, che risaliva al 2008. Ma la ricerca, per la prima volta, ha voluto indagare le cause dei rinvii, per stabilire a cosa sia dovuta la lentezza della giustizia. La conclusione è che in moltissimi casi, oltre a cause fisiologiche, ce ne sono alcune patologiche, come gli errori di notifica o il cambiamento dei giudici. I risultati dello studio, eseguito prima del rallentamento dovuto alla pandemia, sono stati presentati ieri dal presidente dell’Unione delle Camere penali, Giandomenico Caiazza, dal presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara, e dal consigliere delle Camere penali di Roma Giuseppe Belcastro.
TEMPI ALLUNGATIRispetto all’analisi eseguita nel 2008, la distanza tra un’udienza e l’altra si è allungata. Se nel 2008, in media i giorni, al monocratico erano 139, oggi sono 154 e si è passati da 117 a 129 giorni per quelli davanti al Tribunale collegiale. Al contrario, sempre più breve è la durata dei procedimenti: solo 14 minuti in aula monocratica (18 nel 2008), 39 minuti davanti al Tribunale collegiale (52 nel 2008).
LE CAUSE
Nella maggior parte dei casi l’udienza ha riguardato la sola ammissione delle prove (16,4%), la prosecuzione dell’istruttoria, anche se l’attività prevista è stata svolta e completata (16,1%), la discussione (10,7%), l’assenza dei testi citati dal pm (8,3%), l’omessa o irregolare notifica all’imputato (6,2%), la richiesta di messa alla prova (4,3%), l’assenza del giudice titolare (3,3%). Accanto a ragioni «fisiologiche», dunque, sull’elevatissimo numero di rinvii incidono anche ragioni «patologiche», come errori di notifica e l’assenza del Giudice titolare.
POCHE SENTENZEDai risultati emerge che dei processi monitorati in primo grado solo un quinto (20,7%) arriva a sentenza. L’incidenza delle sentenze è scesa dal 29,5% nel 2008 al 20,7% del 2019. Per quanto concerne i procedimenti terminati con sentenza, le assoluzioni sono poco meno del 30%, il 3,7% è rappresentato da assoluzioni per particolare tenuità del fatto, mentre le condanne sono il 40,4% delle sentenze, percentuale nettamente più bassa di quella rilevata nel 2008 (60,6%). Al contrario, risulta molto più elevata la quota relativa all’estinzione del reato: 24,5%, a fronte del 14,9% del 2008.