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 2021  dicembre 13 Lunedì calendario

Le ultime sulla trattiva segreta per ritrovare i resti di Emanuela Orlandi

L’ex procuratore reggente di Roma Giancarlo Capaldo, coordinatore dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, ha stilato la lista di monsignori, ufficiali e militari dei carabinieri, cancellieri che a vario titolo, chi come protagonista, chi come testimone, avrebbero partecipato alla trattativa da lui condotta con il Vaticano per ritrovare i resti della giovane sparita nel 1983 e mai più ritrovata. Un confronto avviato nel novembre del 2011, quando un ufficiale dell’Arma avrebbe portato nell’ufficio di Capaldo al primo piano a piazzale Clodio la richiesta d’Oltretevere di aprire un dialogo riservato e che si sarebbe poi sviluppato con almeno tre incontri – due in procura e uno nella biblioteca apostolica nello stato città del Vaticano. Interlocutori due monsignori che pur di chiudere l’inchiesta avrebbero agevolato in ogni modo il ritrovamento del corpo di Emanuela, chiedendo al contempo di traslare la salma del presunto cassiere della banda della Magliana Renatino De Pedis, ucciso a Roma il 2 febbraio 1990, da incensurato, e sepolto nella cripta della basilica di sant’Apollinare. Una trattativa che – qualora confermata – avrebbe del clamoroso. Infatti, a che titolo gli alti prelati esercitavano pressioni su un’indagine svolta da uno stato estero? Ed è vero che avrebbero potuto offrire indicazioni utili al ritrovamento della Orlandi? Capaldo già lo scorso 17 novembre, in occasione della presentazione del suo romanzo “La ragazza scomparsa” sul caso alla libreria Libraccio di via Nazionale a Roma, aveva confermato l’esistenza della trattativa, mostrandosi poi pronto a svelare i nomi di chi vi partecipò durante la puntata del programma Quartogrado dello scorso 26 novembre. Il primo a ipotizzare un clamoroso dietro le quinte era stato nel 2016 il regista Roberto Faenza nel documentario “La verità sta in cielo”. Da parte sua però Capaldo aveva preferito rimanere in silenzio, senza mai né confermare né smentire queste ricostruzioni. Fino appunto a un mese fa quando ha deciso di uscire allo scoperto dicendosi pronto a raccontare tutto. Una posizione che non è sfuggita all’avvocatessa Laura Sgrò, che da tempo tutela gli interessi dei familiari di Emanuela Orlandi. La penalista ha quindi reiterato alla giustizia vaticana l’istanza di sentire Capaldo come aveva già formalizzato nel 2017 dopo che nei primi due capitoli del mio saggio “Peccato Originale” avevo approfondito temi, dati e interlocutori di questi incontri senza ricevere alcuna smentita. La Sgrò ha presentato anche istanza alla prima commissione del Csm affinché ascolti l’ex magistrato per chiarire con quali crismi sono avvenuti questi incontri, se sono stati verbalizzati e se vi sono le registrazioni dei colloqui come ha lasciato intuire lo stesso Capaldo, intervenuto domenica sera nella trasmissione Atlantide di Andrea Purgatori.
Dall’identikit che siamo in grado di ricostruire, i due prelati chiamati in causa da Capaldo sarebbero personaggi all’epoca di rilievo della curia con papa Benedetto XVI. Il primo appartenente alla segreteria di Stato con al vertice il cardinale Tarcisio Bertone, il secondo in organigramma in altro dicastero ma in dialogo diretto con monsignor Georg Ganswein, all’epoca segretario particolare di Joseph Ratzinger. I due avrebbero dialogato con il procuratore reggente chiedendo di spostare la salma di De Pedis al cimitero Verano, togliendola dalla cripta della basilica che proprio la Orlandi frequentava per seguire le lezioni di flauto traverso all’istituto “Ludovico da Vittoria”. Si tratta ora di trovare conferme alle parole di Capaldo per capire se trattativa c’è stata e qual è stata la sua genesi visto che poi sarebbe finita nel nulla.
Di certo qualche mese dopo il nuovo procuratore Pignatone, il 14 maggio 2012, dopo aver assunto la guida delle indagini scelse una mossa ad alto impatto mediatico, incaricando l’antropologo forense Cristina Cattaneo e la polizia scientifica di ispezionare la chiesa e analizzare tutte le ossa conservate sotto la basilica alla ricerca di quelle di Emanuela. Per settimane ai telegiornali scorrevano i servizi su quest’attività ciclopica che si sviluppava su 58.188 reperti ritrovati sia nell’ossario sia nella grotta dei Martiri sotto il pavimento della cripta. All’appello sembra che manchino però 100-110 scheletri che dovrebbero essere lì custoditi e che, invece non si trovano. Mistero. Ancora, proprio in quei giorni l’allora rettore della basilica Pietro Vergari viene indagato per sequestro di persona e conseguente morte di Emanuela e intercettato. Il 19 maggio trapela la notizia sui giornali e lui preso dall’agitazione chiama un’utenza in Vaticano. Al suo interlocutore si rivolge con il titolo di «eccellenza» e quest’ultimo prima lo esorta a stare calmo e non fare errori come in passato («Perché tutte le volte che lei è andato di fuori poi è successo quello che è successo….Stia tranquillo adesso!») e poi letteralmente gli dice: «Guardi che il suo telefono è sotto controllo». Insomma misteri rimasti insoluti ma non determinanti per Pignatone che nel 2015 chiese e ottenne la chiusura dell’inchiesta. Capaldo si oppose e non firmò la domanda che venne accolta e confermata anche dalla Cassazione, lasciando l’assoluto mistero sul destino di questa povera ragazza e sui parenti che ancora oggi non sanno dove piangerla.