il Fatto Quotidiano, 12 dicembre 2021
Biografia di Teresa Saponangelo raccontata da lei stessa
Le parole sono importanti, specialmente se l’occhio del riflettore all’improvviso è diventato gigante: “Speriamo di non offendere nessuno”. In cosa? “Per quello che dirò”. Pericolo già percepito o solo presupposto. “Ancora non mi rendo pienamente conto; (sorride, si sistema i capelli) mi stanno arrivando messaggi da persone che non vedo né sento da decenni. È stata la mano di Dio sta avendo un impatto che non capita mai”.
Teresa Saponangelo è la donna sulla lambretta tra il padre di Paolo Sorrentino e il Sorrentino giovane.
Teresa Saponangelo è la mamma; la mamma allegra, scherzosa, giocoliera con le arance (“quanto mi sono allenata”), imprevedibile, rabbiosa, giustamente gelosa. Una donna complessa, soprattutto se il regista si chiama Sorrentino e la storia è sua nei fatti, non nei sogni: “E Paolo ha pure dato poche indicazioni, mi ha solo tranquillizzata: ‘Quando sorridi sei proprio lei; quando sei seria diventi mia zia’”.
Lei è una bravissima attrice, specialmente di teatro, una da gavetta, quella vera, con gli alti e i bassi, certezze e illusioni, disperazione e telefonini che squillano.
Fino a quando la mano di Dio l’ha accarezzata.
Tra poco per il cinema sarà “la mamma”…
(Sorride) Lo so, lo so. Perché ho questa natura dolce.
A 48 anni improvvisamente famosa.
Ho i social invasi dai messaggi, non mi era mai capitato: cerco di rispondere a tutti; per me è una scoperta quotidiana per capire tanto le reazioni altrui quanto le mie rispetto agli altri.
Cos’è per lei il successo?
La continuità nel lavoro, la possibilità di scegliere un ruolo e di poter passare dal teatro al cinema e viceversa; (pausa) la continuità è al primo posto.
Ansiosa?
Sul lavoro non particolarmente, nonostante abbia vissuto lunghi momenti di pausa.
E nel frattempo?
Magari studiavo danza, canto, cucina o seguivo i corsi più disparati, anche all’estero; alcuni colleghi mi prendevano per il culo.
Suo figlio come ha reagito al clamore?
È orgoglioso: l’altro giorno l’ho sentito chiudere una conversazione online con la frase “scusate, ma devo andare alla prima di Sorrentino”, con il tono di chi è superiore a queste cose e le ritiene una palla. In realtà è felicissimo; è pure convinto di aver trovato la sua strada: “Lavorerò con Paolo”.
Perfetto.
Ogni volta rispondo la verità: “I suoi aiuti sono tutte persone colte e laureate. Quindi se non studi non ti prende”.
Sorrentino uno zio.
Più che altro è un riferimento altissimo per i giovani; loro sono sempre attratti da chi nella vita ha ottenuto conferme importanti e lui, forte pure di un Oscar, in questo film manda un messaggio potente: quello di poter uscire da un tunnel, anche se il tunnel appare infinito.
Si è mai imbarazzata a interpretare la madre morta del regista?
Forse all’inizio, per la responsabilità: dovevo prima emozionare lui e poi il pubblico.
Riguarda i suoi lavori?
Mai, non mi piace.
Rifarebbe tutto?
Assolutamente. Oggi più di ieri; non condivido l’atteggiamento di alcuni registi che in questi anni mi hanno rimproverata per scelte giudicate “non artistiche”. Lì mi sono offesa: se li avessi ascoltati sarei sparita, morta come attrice. Non sarei qui.
Nella lista dei film sbagliati di sicuro non c’è Ferie d’agosto.
Lì ho un rimpianto: ero talmente imbarazzata e intimidita da un cast così importante (al solo ricordo ancora si imbarazza e si intimidisce perché inizia a infilare una serie di frasi disarticolate, smozzicate) … poi in quel momento facevo fatica, insomma… no… poi ero… ero piccola… venivo da Napoli… ancora non avevo capito… cioè dov’ero…
Quindi?
Insomma, ogni volta che finivo di girare scappavo da Ventotene e tornavo a Roma; così mi sono persa la foto ufficiale del manifesto: lì dovevo starci pure io.
Di quel cast chi la intimidiva di più?
Paolo Virzì in primis, poi Ennio Fantastichini; (pausa) Ennio ancora non lo conoscevo bene, mi sembrava duro, respingente; tempo dopo ci siamo ritrovati all’Asinara e ho scoperto una persona incredibile, di una dolcezza spiazzante, un uomo generoso e un collega onesto; (sorride) a Ventotene c’erano anche Laura Morante e Sabrina Ferilli, per me rappresentavano mondi inarrivabili.
Servillo all’inizio la intimoriva?
L’ho corteggiato.
Cioè?
La prima volta l’ho incontrato a Venezia e non ci conoscevamo; anzi, lui non conosceva me. L’ho fermato: “Voglio lavorare con lei”; (pausa) lo seguivo in ogni spettacolo, era meraviglioso, provavo un’ammirazione totale. Ancora adesso lo sto implorando di tornare insieme sul palco.
Ammirazione o cotta?
Giuro, solo ammirazione, si vede in alcune scene di È stata la mano di Dio: lo guardo in maniera particolare; lui poi è molto serio, non dà confidenze, utilizza riferimenti culturali che possono intimorire l’interlocutore. Toni ha rappresentato una delle preoccupazioni maggiori prima del set con Paolo (Sorrentino, ndr).
Per il confronto diretto?
A teatro era tostissimo, così avevo quell’eco nell’orecchio: temevo di non essere all’altezza del rapporto marito-moglie, di non risultare alla pari.
Alla fine com’è andata?
C’è stato solo un attimo di panico, non riuscivo a girare una scena, si era riproposta la dinamica attore-regista. Poi l’ho superata.
Cosa pensava di Sorrentino prima di questo film?
Abbiamo iniziato insieme nel 1995.
E…
Era timido, silenziosissimo: stava in produzione mentre debuttavo come attrice cinematografica. Dopo quel film gli diedi da leggere una sceneggiatura e il feedback fu molto diretto: “Fa schifo”. Negli anni successivi ci siamo un po’ persi, poi ho partecipato al provino per The Young Pope ed è andato male.
Gli ha chiesto perché?
Mai.
Che ne pensa di lui dopo averci lavorato?
È stato affettuoso, dolce, accogliente e sul set qualcuno spifferava: “Non è sempre così!”; (cambia tono) è come se si fosse affidato, è come se sul set avesse ricreato una famiglia artistica.
In qualche modo siete tutti collegati…
Io e lui ci siamo conosciuti 26 anni fa, Toni gli è legatissimo, Roberto De Francesco è super amico, Antonio Capuano non ne parliamo, quindi non poteva maltrattarci, gli era più semplice coccolarci. C’era la sua Napoli.
A che età è arrivata a Napoli?
A due anni.
E com’era la città quarant’anni fa?
Da una parte divertente, da mattina a sera vivevo per strada in estrema libertà; però, dall’altra, aleggiava un pericolo costante, con frequentazioni finite sotto la droga e la piccola criminalità.
Sua madre.
Era molto giovane, vedova a 23 anni, costretta a lasciarci un’autonomia non comune ai miei coetanei.
Suo padre…
Era un marinaio ed è morto in un incidente sul lavoro: è caduto sul rimorchiatore, ha battuto la testa e non è più tornato a casa.
A Sorrentino quando ha rivelato di essere pure lei orfana?
Credo mai. Forse già lo lo sapeva, ma non ne abbiamo parlato.
Possibile?
Non c’è questa grande confidenza. Lo so, è pazzesco, ma secondo me gli orfani si riconoscono d’istinto.
Vi sarete confrontati per il ruolo?
(Ride) Questa domanda una volta l’hanno posta contemporaneamente a me e a Luisa Ranieri. Ci siamo guardate e insieme abbiamo risposto: “No”. Paolo non ha sviscerato situazioni intime, contesti emotivi sui quali lavorare, ci ha solo indicato una strada.
Da bambina cosa sognava di diventare?
Una hostess, ma il mio metro e 58 lo ha reso decisamente impossibile; poi a quattordici anni ho capito che il mio desiderio più profondo toccava il teatro, grazie a Mariangela Melato.
In È stata la mano di Dio Antonio Capuano urla contro una teatrante.
Gesto vero, alla Capuano; lui ha un rapporto complesso con il teatro, è più esigente di quando va a vedere un film. Poi è un grande conoscitore di testi; (ride) anni fa mi ha diretta in un monologo scritto da Francesco Piccolo: oltre a recitare dovevo arrampicarmi su una pertica, una sorta di lap dance. La sera dell’esordio ero emozionata, quindi avevo un tono di voce leggermente più basso: a un certo punto dal fondo della sala sento qualcuno urlare: “Voce! Voce!”. Dentro di me mi domando “ma chi è?”, e subito dopo mi do la risposta: “Capuano”.
A teatro per combattere la timidezza.
No, per niente; (ci ripensa) anzi, qualcosina c’è, ma è più legata al timore di esporsi, di raccontarsi, poi, però, vince il desiderio di esibirsi.
Si sente sexy?
Io? No! Eppure mi dicono che lo sono; (ride) dopo lo spettacolo con la pertica mia madre ha incontrato Francesco Piccolo e la sua curiosità ha vinto sull’imbarazzo: “Scusa, ma perché hai pensato proprio a mia figlia?”. “Perché è brava e sexy”.
Lo vede…
Ho appena finito di girare la serie televisiva tratta dai libri di De Silva sull’avvocato Vincenzo Malinconico: interpreto l’ex moglie del protagonista, in una scena devo sedurlo per riconquistarlo. A un certo punto il regista ha fermato le riprese: “Teresa, più accattivante”; (pausa, ride) oddio, l’aggettivo giusto era un altro, ma va bene così, comunque io sono scoppiata a ridere: “Più di così?”.
In questi anni chi dei suoi colleghi l’ha colpita maggiormente?
Soprattutto gli attori maschi: ho sempre guardato e imparato da loro, esclusa la Melato.
Come mai?
Non lo so, mi hanno ispirato di più personalità come Sergio Rubini e Fabrizio Bentivoglio; (pausa) Sergio è uno degli attori più emozionanti, mentre con Fabrizio ho lavorato su un set di Capuano.
Capuano tratta male pure sul set?
Malissimo! Ma questo suo modo esprime un grande amore: è un artista fisico (sorride). Antonio nel corso di questi 25 anni è stato la persona che mi ha maggiormente tirata fuori dai momenti di sconforto, di delusione e stanchezza rispetto a questo lavoro. E nel film lo è anche per il Sorrentino ragazzo.
Ha mai pensato di mollare la carriera di attrice?
Sì, per brevi momenti.
Quale era il piano B?
L’insegnante o l’estetista: sono molto brava con i massaggi, ho imparato a teatro, tra di noi è normale allentare reciprocamente le tensioni fisiche.
A cosa è sopravvissuta?
Alla spocchia altrui; come dicevo prima, penso ai registi che mi giudicavano a priori.
Intorno a lei ora avverte invidia?
Più che altro curiosità da parte di persone che prima non mi si filavano.
Lei chi è?
Una mamma che in questo momento fa grande fatica nel suo ruolo; poi sono una donna e un’attrice alla soglia di una maturità che un po’ mi spaventa.