Il Messaggero, 12 dicembre 2021
I numeri del panettone
Centottanta euro per un panettone, manco fosse d’oro! In effetti, quello del pasticcere campano e star tv Sal De Riso, se non proprio interamente fatto del prezioso metallo, è ricoperto di foglie d’oro (commestibili). Fortunatamente i prezzi del tradizionale dolce natalizio industriale sono rimasti allineati allo scorso anno (i lievitati a marchio delle catene dei distributori si trovano a partire dai 3 fino agli 11-12 euro al chilo) nonostante i rincari record delle materie prime (cereali + 25%, zucchero + 42%, grassi vegetali + 70%, frutta secca + 35%).
Se per i supermercati spesso si tratta di prezzi civetta per attirare clientela, per l’industria dolciaria significa ulteriore erosione dei margini di guadagno, abbinata a un calo della preferenza da parte dei consumatori. Le rilevazioni di Nielsen Iq per conto di Csm Ingredients dimostrano infatti che nel calo complessivo dei consumi, i panettoni industriali arretrano, gli artigianali crescono.
GLI ARTIGIANALI
«In uno scenario – rileva lo studio – di contrazione generale nei consumi del mercato legato alle categorie merceologiche a cui appartengono i prodotti delle ricorrenze natalizie, il panettone industriale resta il segmento più solido nonostante abbia subito una flessione del -2,5% assestandosi a 217 milioni di euro nell’ultima campagna.
Il comparto artigianale non riesce a bilanciare questa tendenza nonostante una crescita organica e trasversale, che si attesta ormai a 118,5 milioni di euro (+3,2% verso l’anno precedente) e ad un aumento generale della penetrazione (+10%) concentrata soprattutto al Sud e al Nord-Ovest, dove sono sempre di più gli esclusivisti del comparto che considerano il panettone artigianale un dolce di qualità e un perfetto cadeau natalizio».
C’è così addirittura chi parla di effetto cannibalizzazione del comparto artigianale sul segmento premium industriale (identificato dai prodotti sopra i 10 euro al chilo, a fronte degli artigianali che vanno dai 25 ai 50 euro). La percentuale di vendite dei premium industriali lo scorso anno è calata così dell’11% raggiungendo una cifra pari a 23,6 milioni di euro.
L’offerta industriale del segmento mainstream grazie alla leva di prezzo, decresce invece in misura meno importante (-7,5%), assestandosi a sfiorare i 75 milioni. Nonostante la flessione, sette famiglie italiane su dieci continuano ad acquistare il panettone a Natale, sia per la propria tavola che come regalo. Per la versione tradizionale è indubbiamente preferita la versione da 1 chilogrammo.
Dall’analisi emerge che circa tre quarti degli acquisti avvengono tra i giorni dell’Immacolata e l’Epifania con una spesa media di 25 euro, ma il dato più interessante è che si rileva un costante aumento della richiesta anticipata di panettoni, in particolare nei mesi di ottobre, novembre e poi un prolungamento a gennaio con le offerte 2x3 quando il dolce viene consumato anche per colazioni e merende. L’allungarsi del periodo di acquisto e le preoccupazioni legate all’epidemia Covid rendono impossibili – a due settimane dal Natale le previsioni dettagliate sulla stagione.
IL DERBY
All’Unione Italiana Food non si sbilanciano neanche sul derby panettone-pandoro che da anni viaggiano quasi appaiati in termini di fatturato per quanto riguarda il segmento industriale. Il panettone tradizionale supera di pochissime percentuali (meno del 5%) il cugino pandoro tradizionale. Se si passa invece alle versioni speciali (senza canditi, farciti, con grani particolari, ecc.) il panettone stravince la sfida.
Infine, a proposito del dolce natalizio italiano, ottimi segnali arrivano dai mercati esteri, in particolare dalla Gran Bretagna, tanto da far scrivere la scorsa settimana al Sunday Times che «gli inglesi fanno scorpacciata di panettone». Il giornale rivela che le vendite in alcune catene di alta qualità come Waitrose sono aumentate da novembre del 59% e poco meno in altri supermercati (Tesco e Sainsbury).