Corriere della Sera, 12 dicembre 2021
La bufala sulla Terza Pagina
Una delle più resistenti bufale da manuale di storia (del giornalismo) vorrebbe che la famosa Terza pagina abbia una data di nascita inequivocabile: l’11 dicembre 1901, quando uscì sul «Giornale d’Italia» diretto da Alberto Bergamini una pagina, la 3, dedicata alla Francesca da Rimini di D’Annunzio che due giorni prima aveva inaugurato la stagione del Teatro Costanzi di Roma con Eleonora Duse. Questa cantilena è riuscita a far guadagnare a centinaia di candidati l’accesso nell’albo dei giornalisti, perché si trattava di una domanda ricorrente agli esami: quando è nata la Terza pagina? Bastava aggiungere che ai commenti sullo spettacolo, sulla regia, sulla musica e sul testo, si affiancava il racconto della mondanità e della cornice della serata. Dunque critica e cronaca, com’è ovvio. Volendo, si poteva precisare che quel marchio d’origine dannunziano avrebbe gettato la sua ombra lunga sulla cultura dei giornali italiani, fatua quanto magniloquente (il «salotto avulso» è la celebre definizione di Alberto Arbasino, che pure vi scrisse per anni). In realtà si tratta di una leggenda di comodo, che ancora in questi giorni si è vista ripetuta per celebrare i (presunti) 120 anni della Terza. Che non è nata per nulla quell’11 dicembre, poiché già in precedenza (sin dal penultimo decennio dell’800) diversi quotidiani regionali e nazionali («Corriere del Mattino», «Giornale di Napoli», «La Tribuna») avevano sperimentato la 3 culturale monografica o miscellanea. E quell’11 dicembre non segna, neppure per il «Giornale» di Bergamini, una nuova consuetudine: semplicemente si continua come sempre. Perché la Terza diventi la Terza, bisognerà aspettare diversi anni. Ora, sarebbe arrivato il momento non solo di cambiare domande agli esami ma, prima ancora, di correggere le pagine manualistiche che riguardano la cultura nei giornali italiani, anche per evitare di tramandare idee distorte e facili stereotipi.