La Stampa, 11 dicembre 2021
Lina Wertmüller raccontata dalla figlia
Quanto è difficile parlare della propria madre, a poche ore di distanza dalla scomparsa, accanto al feretro esposto al saluto della gente, nel clima ufficiale del Campidoglio, in una giornata di pioggia che sembra fatta apposta per piangere. Quanto è difficile accogliere gli amici, i parenti, i conoscenti, le celebrità come Mara Venier, Milena Vukotic, Veronica Pivetti, Leopoldo Mastelloni, le autorità come il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, l’assessore alla Cultura Miguel Gotor e il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini che parla di «una grande donna, regista coraggiosa, innovativa, sempre avanti rispetto ai tempi». Ogni tanto ci vuole una boccata d’aria, una sigaretta, un abbraccio con il compagno Alessandro Santoni, una parola scambiata con le persone più vicine, anche solo per spiegare che quel braccialetto al polso «è di mamma ed ha a che fare con il mare, la sua passione». Con il regista Valerio Ruiz, autore, nel 2015, del documentario Dietro gli occhiali bianchi, Maria Zulima Job, figlia di Lina Wertmüller ed Enrico Job, mette a punto i particolari della cerimonia funebre di stamane, nella Chiesa degli Artisti, in Piazza del Popolo. Pochi interventi, forse un intermezzo musicale e, soprattutto, stile sobrio, in linea con le volontà della regista: «Di ricordi fatico a parlare - dice Maria - ne ho talmente tanti, è stata una mamma con la M maiuscola».
Che cosa le viene in mente ripensando a sua madre?
«L’amore, tutto quello che ha dato e tutto quello che adesso sta ricevendo, per lei non esisteva separazione tra lavoro e vita, teneva tutto insieme, in nome, appunto, dell’amore. D’altra parte come si poteva non amarla? Era una grande donna, con una genialità speciale, con un gran cervello, con una forza d’animo incredibile, con...si può dire? Con due palle così».
Qual è l’insegnamento che le è rimasto più impresso?
«La positività. Mia madre ha sempre visto il bicchiere mezzo pieno, riusciva a superare tutto, senza difficoltà. Spero che questa sua lezione mi possa aiutare, che anche io riesca a fare così, magari più avanti».
Prima di lasciarla, ha espresso particolari volontà?
«Una sola, voleva stare con mio padre, Enrico Job. Infatti adesso stiamo pensando di fare una tomba al Verano in cui possano riposare insieme, accanto ad altri grandi artisti, suoi amici, che adesso, come lei, stanno lassù».
La fine di suo padre è stata forse la ferita più grande nell’esistenza di Lina Wertmuller. E’ d’accordo?
«E’ terribile perdere l’uomo della vita, loro due sono sempre stati una cosa sola, hanno vissuto un amore meraviglioso. Sul lavoro riuscivano a trovare una simbiosi pazzesca, magari litigavano anche, poi, però, tornavano a casa e c’era solo l’amore, nient’altro».
Wertmuller non ha eredi, il suo cinema resta un «unicum», secondo lei perchè?
«Oggi non c’è nessuno come lei, o almeno non c’è una donna come lei, con una testa come la sua, capace di fare film così avanti. Penso a Travolti da un insolito destino... , si apriva con una frase "tra 20 anni questo mare sarà pieno di plastica". E’ andata esattamente così. Tutti i grandi registi, penso a Fellini, restano unici, non possono avere repliche».
Una delle sue doti era la curiosità.
«Sì, era curiosa di tutto, della vita, delle persone, ha fatto molti film sul Sud proprio per questo, in quell’epoca tante cose non si sapevano e lei pensava fosse giusto mostrarle, perchè i film sono lo specchio della vita. Se qualcosa non le tornava, diceva sempre "andiamo a informarci"».
Aveva un sogno nel cassetto, un progetto mai realizzato?
«Mia madre ha sempre fatto tutto quello che voleva, nei cassetti ci sono idee per altri film che aveva in mente di girare, ma, in genere, se voleva una cosa, la faceva».
È possibile che l’archivio di sua madre venga custodito dal Ministero o dal Centro Sperimentale , che ne pensa?
«Sono d’accordo, mi farebbe piacere, il ricordo di mia madre deve continuare a vivere, più iniziative si faranno in questo senso, più ne saremo onorati e felici».
C’è un modo in cui le piacerebbe che Roma la ricordasse ?
«Sarebbe un onore se le si dedicasse una piazza, una via, un cinema, un teatro».
Che cosa le mancherà di più di sua madre?
«L’amore, le carezze, i bacini, le dolcezze, tutto quello che ci dicevamo tra noi, in famiglia».