La Stampa, 11 dicembre 2021
Ricchi e poveri, quando uno slogan fa autogol
Poi dicono questa frase: “Era solo ironia”. Probabilmente fraintendono il significato della parola. Certamente l’hanno pensata come una gran trovata ed erano convinti di suscitare sorrisi e clamore (per il secondo: missione compiuta). Se non funziona, c’è sempre l’alibi e siamo noi a essere troppo suscettibili. È colpa nostra se vedendo la pubblicità di un’agenzia immobiliare romana con lo slogan: “Ciao povery” o “Solo per chi ha domestici” a) non chiamiamo subito per vedere un attichetto b) non pensiamo che il copy writer sia un genio assoluto c) musoni che siamo, consideriamo le diseguaglianze sociali una cosa seria, anche se una delle poche. Poi, certo: “Era per farsi notare e ci siamo riusciti”, “era in realtà una campagna matrioska: la pubblicità di un’agenzia di pubblicità”. Una battuta sbagliata può capitare a tutti, basta ritirarla con stile. Viene da chiedersi: questi fanno una riunione, uno ha l’idea, nessuno obietta, il capo approva, va dal cliente, che è felice e paga. Stampano, affiggono e solo dopo viene il dubbio che possa essere, come dire, il manifesto della corazzata Potëmkin.
Nella comunicazione contemporanea è abituale l’uso dello sproposito. Ce lo dimostrano ai più alti livelli della vita pubblica. Se passa, è un successo. Altrimenti ci sono espedienti consolidati. In questo caso non si poteva ricorrere alla “frase estrapolata dal contesto”. Rimanevano la “provocazione” (ma quella funziona con l’arte) e l’equivoco. Quest’ultimo è una strada a doppio senso. Personalmente credo che sia stato preso sul serio Pietro Castellitto mentre scherzava su Roma Nord e invece si rida di cose pericolose come farsi il vaccino con un braccio finto. Nel caso specifico, poiché sul sito propongono anche appartamenti di fascia bassa, forse erano semplicemente confusi. Sarà che hanno alzato gli occhi e visto tante pubblicità improbabili. Nella stessa Roma da anni si è tormentati dall’umorismo di un’impresa di pompe funebri, che ora propone bare incartate come un regalo di Natale e tiene in vita per dispetto chissà quanti, almeno fino all’Epifania. I più non se la prendono: di tutto si fa un meme. Poi non distingui più l’origine dai derivati.
Ci sono state in passato ondate di sdegno contro le pubblicità soprattutto per l’uso del corpo femminile. Limitato quello, è come se per contrappeso si fossero liberate altre aree in cui far passare il messaggio. Va bene non lasciar stare i santi e andare a prendere un caffè da loro, già meno imporre ai propri fanti ingannevoli annunci sulla cuccagna che dura ogni fine settimana, poi più. E ancora, poi più. Esiste un giurì di autodisciplina, ma basterebbe il buon senso. È una pretesa anche questa. Orientarsi non è semplice. Un giorno appare un tizio e dice che sta per fondare un partito, tutti lo prendono sul serio, fanno dibattiti e sondaggi, ma era solo “pubblicità per se stesso”. È che quell’altro sembrava stesse facendo pubblicità per se stesso, invece, guarda, aveva fondato un partito.