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 2021  dicembre 11 Sabato calendario

Intervista a Gianna Nannini

Prendete una che mette sempre enfasi e carica in ciò che canta. E fatele interpretare una canzone malinconica, riflessiva, carica di ricordi. Insomma, il rock che fa il lento, per dirla alla Celentano. Il risultato o è una gran schifezza o una sorpresa che emoziona. Inutile dire cosa viene fuori se Gianna Nannini si impadronisce di Diamante , vecchia hit di Zucchero, cantandola assieme al suo autore, Francesco De Gregori.
Inutile dirlo anche perché la canzone sta già imperversando su radio, web e tv. «È stata una sorpresa anche per me, nata nel tour estivo appena terminato», ci dice la cantante.
Ci racconti di più.
«Un amico tedesco mi ha suggerito di provarla in questo tour voce e piano.
Subito si sono sentite la vibrazione del momento e l’energia del pubblico, che quando la cantavo accendeva le candele».
E lei è rimasta colpita?
«Dalla canzone parecchio, e non da oggi: mi ricordava l’infanzia, la mia nonna, come quella di De Gregori a cui era dedicata. E la frase “nuove distanze ci riavvicineranno” pare scritta oggi, inutile che dica perché.
Però sapevo che non era facile, proprio perché bisogna dipingerla, non gridare. Ci ho lavorato su».
Al punto da far nascere ora questo duetto con De Gregori.
«La frequentazione dura da anni. Ora avevamo un progetto di un disco con traduzioni di Dylan, ma ci sono state difficoltà: altrove si capisce poco la qualità della scrittura nella canzone italiana. E allora ci siamo detti di farla capire, questa qualità. Poi le nostre voci assieme si sposano».
Una versione voce e piano, quasi musica nuda come si dice ora.
«Sa, lo scarno crea un’onda, stimola ad ascoltare con attenzione, e senza effetti speciali capisci meglio se una canzone è buona davvero o no. Il piano poi è uno strumento assoluto, è talmente pieno di armonie che spesso devi mettere solo quello, sennò c’è l’effetto sandwich, troppa roba».
Nuovo singolo, quindi nuovo album in vista?
«Sto ancora elaborando canzoni nuove, virate verso il blues, il mio stile delle origini. Vediamo cosa esce.
Speriamo di pubbicare nel 2022. Gli impegni non sono pochi».
A cominciare dal tour teatrale che partirà a marzo.
«Lì il piano ci sarà ancora, ma anche un sound design vero e serio. E poi il 28 maggio il concertone al Franchi di Firenze, che invece sarà rock e con una superband e ospiti, ma qui lascio la sorpresa».
Una bella spanciata di musica live, anche per rimediare al forzato
digiuno della clausura da virus.
«Il blocco dei concerti per me è stato blocco creativo: non riuscivo a scrivere, senza la vibrazione del palco. Ne ho approfittato proprio per studiare il piano, con una maestra armena cattivissima che mi ha fatto suonare classici tipo Beethoven.
Spesso aprivo la finestra e la gente del mio quartiere di Milano si affacciava ad ascoltare. E quando non suonavo bevevo vino. Ho cercato di non annoiarmi, via. In fondo è stata una pausa utile, ogni tanto serve. Certo, meglio se fosse stata per atri motivi».
Della vicenda Covid che idea ha?
«Mi pare ci sia un meccanismo politico dentro, c’è ancora molto da capire. Sui vaccini dico solo che non servono imposizioni né in un senso né nell’altro, ognuno decide in libertà e assumendosi responsabilità».
A proposito di libertà, lei è una paladina anche di quella sessuale.
Impossibile non chiederle qualcosa sulla legge Zan.
«Una legge non è sufficiente contro i pregiudizi, ma aiuta, eccome, perché in Italia servono le leggi per imporre certe cose, sennò la gente non capisce. In un Paese normale la Zan non servirebbe perché certe idee di civiltà e rispetto sono già radicate. E lo sono perché si parte dalle scuole: mia figlia Penelope studia in un istituto di lingua inglese, e c’è più libertà nelle menti. Purtroppo una battaglia di civiltà è stata sputtanata con la politica».
Da rocker con mentalità internazionale, cosa pensa dei Måneskin?
«L’apertura mentale loro l’hanno, musicalmente e non solo. Hanno dato una bella botta, mi piacciono, incoraggio la loro energia e il rock».
Ci duetterebbe?
«Perché no? Ma non ora, sembrerebbe che lo faccio per cavalcare il fenomeno».
Tra i loro successi, Sanremo. Che pensa del festival nuova versione?
«Che non c’è una cosa precisa, è un fritto misto, o per dirla in rock, tuttifrutti. Ma è rimasto l’unico modo di promuovere la musica in tv, quindi ci si adatta».
Lei ci è stata solo da superospite.
Mai stata vicina a parteciparci?
«L’ho pure vinto, scrivendo nel 2008
Colpo di fulmine , per Giò di Tonno e Lola Ponce. Il modo migliore per partecipare a Sanremo: tangenzialmente. A parte questo sì, stavo per portareFotoromanza in gara, e penso che avrei vinto, era un pezzo esagerato. Poi anche alla Ricordi capirono che era una hit.
Meglio così, la frase “questo amore è una camera a gas” non so se l’avrei potuta cantare su quel palco».