Il Sole 24 Ore, 11 dicembre 2021
A Google, Facebook e Amazon metà della pubblicità mondiale
Alphabet, la società madre di Google, si è lanciata in un’operazione con la quale, attraverso l’intelligenza artificiale, punta a sviluppare strumenti in grado di scoprire nuovi farmaci. Per farlo ha fondato una nuova azienda: “Isomorphic Laboratories”.
Un segno di potenza, del volersi spingere sempre più in là, confidando su spalle fortissime. In alcuni casi l’esibizione di forza sta portando a scontri “di sistema”: la multa da oltre 1 miliardo dell’Antitrust italiano ad Amazon (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) e contestata dalla stessa società che ha parlato di sanzioni e obblighi «ingiustificati e sproporzionati» annunciando ricorso, rappresenta un caso emblematico.
Intanto quello che sta accadendo nel mercato pubblicitario sa di barriere venute giù con una facilità che con il tempo appare sempre più disarmante. Il Wall Street Journal l’ha ribattezzato “triopolio”. Sono loro – Google, Facebook e Amazon – a dare le carte sul mercato mondiale della pubblicità. E nel 2021 sono arrivati a detenere più del 50% della quota mondiale della pubblicità su tutti i mezzi, escludendo la Cina. Vale a dire che di tutta la torta degli investimenti pubblicitari – quindi non si parla solo di digitale – Alphabet (Google), Meta (Facebook) e Amazon hanno preso e portato dalla propria parte più della metà a livello mondiale. E fra 2019 e 2021 quella quota è salita di 10 punti percentuali.
I numeri sono contenuti all’interno delle ultime previsioni (“Global end-of-year forecast”) di GroupM, media investment company del gruppo Wpp, società di investimento media ai vertici nel mondo attraverso, fra i vari, le agenzie media globali Mindshare, MediaCom, Wavemaker.
E a giudicare dal trend l’avanzata degli assi pigliatutto non sembra incontrare ostacoli. Lo rende palese anche l’esperienza, con i media “tradizionali” che stanno combattendo con le unghie e con i denti una battaglia che nessuno si sognerebbe di non definire impari. «Escludendo la Cina, dove le quote di pubblicità digitale sono particolarmente elevate, la pubblicità digitale globale rappresenta il 58,7% di tutta la pubblicità nel 2021» si legge nello studio diffuso da GroupM a inizio settimana. Su questo versante «Alphabet, Meta e Amazon rappresentano tra l’80-90% del totale globale». Tuttavia, «guardando alla pubblicità totale al di fuori della Cina in tutte le sue forme, le tre società rappresentano oltre il 50% nel 2021».
Dato «importante, ma in fondo atteso perché questi tre soggetti sono entrati in tutte le scelte di comunicazione degli investitori pubblicitari», spiega Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italia. La loro forza? La pervasività del mezzo web, i dati, ma anche «il concentrarsi sulle Pmi, quelle che noi a livello globale chiamiamo small medium business».
Chiaro che con questi numeri l’interrogativo di base sta nel capire se si tratti di minaccia o opportunità di allargare il mercato. Più la prima, evidentemente, visto che il mercato aggiuntivo non sembra lenire per i media tradizionali le ferite lasciate da quanto si sposta verso i «Gfa». Per Setti di GroupM si tratta anche però di una sfida: «Questi player stanno imponendo un nuovo modo di comunicare che spinge tutti noi a pensare in una logica differente di costruzione del contenuto. Il che vuol dire anche che i mezzi tradizionali possono avere gli strumenti per giocare la loro partita con le loro estensioni digitali».
Per chi opera nel digitale a dominare sono invece le preoccupazioni. «C’è un’intera industry – spiega Alfonso Mariniello consigliere Iab (associazione di categoria delle imprese che si occupano di digital marketing) – che si trova a operare nel restante 20% del mercato e vede erodersi in maniera inarrestabile la quota di revenue sulla quale puntare. Lo diciamo da tempo: sarà frutto della bravura di Facebook, Google e Amazon, ma anche di posizioni dominanti in filiere integrate al loro interno che rendono difficile, se non impossibile, una competizione fair».
Sul tema della posizione sul mercato pubblicitario e dell’utilizzo dei dati la Ue si è mossa nei mesi scorsi aprendo indagini sia su Google, sia su Facebook. Si vedrà. Dal canto suo lo studio GroupM segnala un mercato pubblicitario in crescita del 22,5% nel 2021 (esclusi investimenti politici Usa) e del +9,7% nel 2022. Complessivamente nel 2026 il mercato è atteso superare i mille miliardi di dollari (763,2 nel 2021) con un digitale che arriverà a pesare il 71,9 per cento. Per Google, Facebook e Amazon tutto oro che luccica. Del resto senza andare troppo indietro, o spingersi troppo in avanti, basta guardare agli ultimi dati comunicati dalle tre società quotate a Wall Street. Nel terzo trimestre dell’anno i ricavi di Google Advertising sono saliti del 43,2% a 53,1 miliardi di dollari (dai 37,1 di un anno prima). Quanto a Facebook, la crescita è stata del 33% da 21,2 a 28,3 miliardi di dollari. Per Amazon l’incremento è stato del 49% a 8,1 miliardi di dollari. In un solo trimestre il gruppo fondato da Jeff Bezos, e guidato ora dal ceo Andy Jassy, ha raccolto una cifra pari agli investimenti pubblicitari di tutto un anno sul mercato italiano.