Il Messaggero, 11 dicembre 2021
È uscito il Dizionario della memoria collettiva
Vedi alla voce del verbo ricordare. Ma ricordare bene. Perché se invece del mitico E che, c’ho scritto Jo Condor? col passare degli anni il nome dell’avvoltoio di Carosello è diventato Giocondo, significa che avete bisogno di un dizionario. Il nuovo Zanichelli Parole per ricordare. Dizionario della memoria collettiva di Massimo Castoldi e Ugo Salvi racconta tutta la storia: il villaggio di montagna in pericolo, l’arrivo del Gigante amico e il lieto fine con le barrette di cioccolata. Che si tratti di un dizionario anomalo non c’è dubbio: non inizia con Abaco ma con A babbo morto, (espressione toscana riferita a debiti saldati con un’eredità), per arrivare alla z di Mago Zurlì, passando per la h di Ha da passa’ a nuttata di Eduardo, la o di O così o Pomì e la q di qb, acronimo di quanto basta.
COME ERAVAMOLa verità è che non basterebbe mai. La trama è quella della nostra storia, gli show della tv quando c’era solo quella, il cinema, i modi di dire, i fumetti, ma anche gli eventi tragici, la politica, le tradizioni popolari. Com’eravamo ma senza nostalgia perché il nuovo avanza comunque: troviamo la voce Quattro più quattro di Nora Orlandi (coro nato nel 1964, usato oggi per designare persone che parlano all’unisono) ma anche il Concertone del Primo maggio, il Dadaùmpa delle gemelle Kessler e il Dopofestival di Sanremo. È un dizionario che comprende usi evocativi, allusivi, metonimici e antonomastici della lingua italiana. Ma che ne sarà dell’uomo del monte (quello dei succhi di frutta) o di Tafazzi (il personaggio di Aldo, Giovanni e Giacomo) quando nessuno ricorderà più le loro apparizioni in tv? «Abbiamo esplorato una zona della lingua non rappresentata dai dizionari di uso e dalle enciclopedie – spiega Massimo Castoldi, 61 anni, filologo e docente di Filologia italiana a Pavia, milanese come l’altro autore, Ugo Salvi, 61 anni, fisico in pensione – Normalmente se cerco azzeccagarbugli in un dizionario non lo trovo, e se lo trovo non so cosa rappresenti per la collettività. Quindi siamo partiti dall’antonomasia, nomi propri che diventano nomi comuni e viceversa, come l’Avvocato, il Pirata, Penelope, paparazzo e torquemada (crudele generale dell’Inquisizione), poi siamo passati alla dimensione metonimica e evocativa del linguaggio, come borsalino o chianti. Ma il terreno è fluido, alcune parole diventano antonomasie e altre no: esiste la carrambata, da Carràmba! Che sorpresa, mentre il meteorologo Bernacca che pure inseriamo nel dizionario, non ha dato origine alla bernaccata. Insomma abbiamo messo insieme un dizionario quasi impossibile, a nostra assoluta e totale discrezione».
Settemila voci, circa mille in più e pochissime in meno rispetto alla prima edizione di 18 anni fa. Ci sono Caporetto e Vermicino, l’abominevole uomo delle nevi e bimbominkia di renziana memoria, c’è l’eskimo e il caschetto alla Vergottini, la bella mbriana (fata che protegge dal munaciello di Napoli), i cavoli a merenda, i quattro salti in padella e le gambe che fanno giacomo giacomo. Espressione che deriverebbe dalla stanchezza dei pellegrini giunti al santuario di Santiago de Compostela dove erano custodite le spoglia dell’apostolo Giacomo... «Molte parole sono condivise anche se nessuno sa più da dove vengano – spiega Castoldi – non si dice più quell’uomo è un carnera, dal pugile friulano campione dei pesi massimi nel 1933, e forse nemmeno Nuvolari, ma questi termini hanno ancora un forte potere evocativo. Abbiamo inserito uomo di mondo, nelle due accezioni: quella di Manzoni che fa definire così i bravi a Don Abbondio e quella di Totò che dice Sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare a Cuneo».
ACHILLE LAUROSi volteggia tra la storia (Addavenì Baffone per Stalin, il Bagnasciuga, soprannome di Mussolini che usò il termine per errore al posto di battigia) e la cronaca (troviamo il biondino della spider rossa, il killer di Milena Sutter, ma anche Bolzaneto, la caserma dei pestaggi durante il G8 di Genova del 2001). Alla voce Achille Lauro c’è però la storia dell’armatore napoletano, il sequestro nell’85 da parte dell’Olp, i risvolti politici con Craxi e Andreotti, ma manca l’Achille Lauro dei nostri giorni, il rapper che quest’anno tornerà a Sanremo. «Ci dev’essere sfuggito – ammette Castoldi – però lo citiamo nella voce Me ne frego, che è il titolo della sua canzone ma anche il motto dei legionari dannunziani a Fiume». Nessuno ricorda più l’astronomo dilettante Paneroni, ma le sue teorie hanno avuto un revival con il terrapiattismo dei giorni nostri. Ma tra un secolo che senso potrà mai avere lavato con perlana? «Anche le voci destinate a cadere rimangono nella memoria collettiva – risponde Castoldi – E se oggi uno scrittore usa questa espressione in un romanzo, magari tra cent’anni a qualcuno verrà il ghiribizzo di aprire il dizionario per recuperarne il significato».