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 2021  dicembre 10 Venerdì calendario

I dati dell’ultimo Censimento Istat

Italia, paese di vecchi e culle vuote Sono 59. 236. 213 gli italiani raccontati dall’Istat nel «Censimento della popolazione e dinamica demografica – anno 2020». Un Paese in cui l’età media aumenta da 45 a 45,4 anni, dove al calo già in corso da anni si è aggiunto il Covid che ha provocato una diminuzione record delle nascite e un aumento delle morti, un inverno demografico, una recessione che appare inarrestabile.
Al 31 dicembre del 2020 in Italia si registra, un calo dello 0,7% dei residenti. In un anno la perdita è stata di oltre 400mila persone (405.275), che è come se scomparisse la città di Bologna. Sono nati 405 mila bambine e bambini e sono morte 740mila persone. Il saldo viene definito la sostituzione naturale tra nati e morti ed è negativo, sono 335mila persone in meno. Dall’unità d’Italia per trovare un dato così allarmante bisogna tornare indietro di oltre un secolo al 1918 quando il saldo fu di 648mila persone in meno per effetto dell’epidemia di spagnola che provocò quasi la metà degli 1,3 milioni di decessi registrati in quell’anno. Il prezzo più alto, in termini di vite umane, è stato pagato dal Nord-Ovest dove le morti sono aumentate del 30,2% rispetto al 2019, il doppio della media nazionale che fa registrare un aumento comunque sostenuto del 16, 7%.
L’aumento dei decessi è meno evidente nelle regioni del Mezzogiorno dove si ferma all’8,6% per effetto della minore diffusione del Covid durante la prima ondata, la più difficile e pericolosa per l’assenza di vaccini, di terapie e di strutture adeguate nella lotta contro l’epidemia mentre si sono trovate a fronteggiare per la prima volta un incremento importante di decessi solo negli ultimi mesi del 2020. È la Lombardia la regione che sperimenta, in termini di eccesso di mortalità, i dati peggiori: +35,6% rispetto al 2019. Si scoprono più vecchie dopo il 2020 quasi tutte le regioni italiane. In quei dodici mesi per ogni bambino si contano 5,1 anziani a livello nazionale, un valore che scende a 3,8 in Trentino-Alto Adige e Campania, e arriva a 7,6 in Liguria. La Campania, con un’età media di 42,8 anni (42 del 2019), continua a essere la regione più giovane, la Liguria quella più anziana (48,7 come nel 2019). Il comune più giovane è, come nel 2019, Orta di Atella, in provincia di Caserta (età media 35,7 anni), mentre il più vecchio è Ribordone, in provincia di Torino (età media 66,1 anni).
Conseguenza dell’invecchiamento della popolazione e di una diversa aspettativa di vita, Italia ci sono più donne che uomini: rappresentano il 51,3% del totale. La prevalenza delle donne, dovuta al progressivo invecchiamento della popolazione e alla maggiore speranza di vita, si conferma anche nel 2020. Esse rappresentano il 51,3% del totale, superando gli uomini di 1.503.761 unità. Il rapporto di mascolinità è quindi pari a 95 uomini ogni 100 donne, più equilibrato rispetto al 2011 quando si contavano 93,5 uomini ogni 100 donne.
Ci sono poi più donne tra i laureati e i senza titolo di studio. Il 55, 8% dei titoli terziari di I e II livello, compresi i dottorati di ricerca, è stato conseguito da donne – sottolinea l’Istat – La prevalenza femminile si ha anche per le licenze di scuola elementare (58,7% contro 41,3%) così come per gli analfabeti e gli alfabeti che non hanno completato un corso di studi (58,3% donne, 41,7% uomini). I diplomi di scuola secondaria di secondo grado o di qualifica professionale si distribuiscono equamente tra uomini e donne mentre per le licenze di scuola media si contano, come nel 2019, 53 maschi e 47 femmine.
A livello regionale il gap di genere più importante si ha per coloro che non hanno conseguito un titolo di studio: in Basilicata, su 100 individui 64 sono donne, 63 in Umbria e Marche.