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 2021  dicembre 09 Giovedì calendario

Riecco Michetti

“La gentilezza è la figlia maggiore del rispetto e dell’educazione, come si dice. E sono sicuro che c’è spazio per un partito che dice buongiorno a tutti, amici e avversari. Che sorride al mattino”. “Enrì, vuoi fare politica?” “Mi piacerebbe che ci fosse spazio per il partito degli educati. Mi ci vedrei bene. E la politica mi appassiona, vedrai che nell’anno nuovo qualche sorpresa ci sarà. La gente dà fiducia a chi è capace di risolvere problemi. E io so risolvere problemi, ho le competenze. Mi conoscono di qua e di là. Non è mai successo che qualcuno abbia avuto da ridire su di me. Nemmeno Giorgia che nei miei riguardi è stata veramente unica: voglio che vai al Comune e governi bene. Scegli tu da solo. Questo mi disse”.Rieccolo, è proprio lui, Enrico Michetti. Il mister Wolf che Giorgia Meloni annunciò per la salvezza di Roma, candidato al Campidoglio ma trombato con un “laconico” risultato, come egli spiegò, e già perduto nella nebbia (del resto anche i suoi manifesti erano stati predittivi: “Michetti chi?”). Il professore, l’avvocato, il tribuno radiofonico, o anche il signor Nulla, che in soli cinquanta giorni di campagna elettorale è divenuto l’imperatore del luogo comune, irrompe nel bar gelateria da Toni, quartiere di Monteverde, alle 8:30 precise. È il luogo amico, l’angolo delle confidenze e degli incontri casalinghi, la sosta obbligata sulla via del lavoro. Si accomoda al tavolo, e come il geometra con le piantine catastali da rielaborare, illustra, disponendo sul tavolo un plico esagerato di cartelline (tutte a titoletti) al tizio in apparenza piuttosto sconsolato, le sue mosse future. Intanto caffè e cornetto.
“Ho sempre rifiutato i toni volgari. Nessuno che mi conosce immagina che io possa dire volgarità, offese”. “Chi ti conosce sa che sei uomo d’altri tempi”. “Nooo, non è che essere gentile è una qualità di cui vergognarsi. Essere gentile è uno stile di vita. E poi, scusami: competente. So di quel che parlo, e lo so non perché lo dica io ma perché è la mia storia professionale a rendere verità a quel che dico. Nel Lazio non c’è un solo Comune che non abbia chiesto la mia consulenza per districarsi nella foresta delle leggi, nelle difficoltà di fare appalti, nelle determine dirigenziali. I sindaci sono nelle mani dei burocrati. Io li affranco da questa schiavitù”.
“Sei nel campo degli enti locali da trent’anni”. “Ho contato 880 sindaci di centrosinistra che hanno chiesto un aiuto a me”. “Ammazza!”. “Più tutto il resto. Nessuno che possa dirsi insoddisfatto del mio lavoro. Con me Roma avrebbe svoltato”. “Non ti hanno capito”.
“Guarda, l’unica difficoltà mia è stata di aver accettato una corsa a perdifiato. Avrei avuto bisogno di un anno, non di due mesi”. “Enrì, altre quattro settimane e avresti vinto, te lo dice il sottoscritto”. “Ti credo. Avrei non solo vinto, ma capito subito cosa fare di questa città. Gli altri non sanno niente”. “Niente”.
“Sai chi mi ha stupito? La Raggi. L’ho incontrata. È una tosta e in questi anni ha studiato e si vede. Adesso aveva il Campidoglio in mano”. “Dei tre candidati preferivi la Raggi? L’hai incontrata?”. “L’ho incontrata e ti dico che sa tutto, è padrona di ogni iter burocratico. Mi ha fatto vedere il lavoro per l’Expo. Eccellente”. “L’hanno buttata fuori”. “Acclamata quando non sapeva far nulla e giubilata quando invece aveva imparato tutto. È un altro paradosso, caro mio”.
“Vuoi entrare in politica?” “Ci sta. Ci sta che da tecnico…. ma ci sta anche che chissà. Ogni mattina mi ferma per strada un sacco di gente, nessuno che abbia una parola scortese. La gentilezza è una qualità, lo stile è una qualità. Quando quelli mi volevano far dire dei comunisti, dei cosacchi a San Pietro, chi pensava che io dicessi loro porcherie, beh l’ho stoppato: da me non avrete una sola parola scortese”. “Regolare”. “L’avversario si affronta mica si insulta?”. “Regolare”. “Mi ci vedi che rispondo in modo sgarbato?”.
“Loro però ti hanno insultato”. “Non ho risposto sapendo che questo mio atteggiamento sarebbe potuto essere frainteso”. “Vabbè”. “Guarda che Giorgia Meloni non mi ha detto di andare al Comune e mettere i suoi amici. M’ha detto: vai e governa bene. Se governi bene Roma poi vinceremo le Politiche”. “Però dopo è stata titubante”. “Io non mi lamento. In meno di due mesi ho fatto ciò che si poteva fare. Il centrodestra a Roma è più debole di quel che si pensa. Da un po’ che sta sul 30 per cento e non si muove da lì”.
“Ti attaccavano anche gli amici”. “E i giornalisti li hai visti come mi hanno dipinto? Ma tutti rispondono a un padrone. Io sono fuori dalle lobby dei costruttori, da quelli che contano sempre e fanno scrivere cose”.
“Che vuoi fa’?”. “M’hanno detto che parlavo di Cesare, se so’ messi a ride per Augusto. Pensa alle buche e non all’imperatore. Ma scusa? Siamo a Roma, e questa città è stata la Capitale del mondo intero. Possibile che un riferimento alla storia sia sbagliato? È la culla del diritto, il Diritto romano è un esame fondamentale ancora oggi a Giurisprudenza. Pensa solo agli acquedotti che hanno costruito. Pensa a quanti furono costruiti, a che mirabile operazione di ingegneria idraulica. Sbagliavo a dirlo?”.
“Ma ti candidi?”. “A me la politica appassiona e se intravedo il varco io mi ci incammino”. “Ma fai un partito?”. “Costruire un movimento che cambia il modo di porsi, che mette al primo posto l’educazione e la competenza secondo te sarebbe visto con sufficienza? Io ci vedo un futuro”. “Anche da tecnico in un ministero dopo le elezioni”. “Da tecnico. Tutta la mia vita l’ho vissuta da tecnico. Non sai quanta gente mi ringrazia e mi rispetta”. “Ci facciamo una spremuta?”. “Sì, falla portare”.