Il Sole 24 Ore, 9 dicembre 2021
UniCredit, il piano di Orcel parte da 16 miliardi agli azionisti
Un gruppo più integrato, più efficiente e che sia così in grado liberare «tutto il potenziale nascosto». Andrea Orcel traccia la rotta della nuova UniCredit. Ed è un’inversione netta rispetto a quella del predecessore, Jean Pierre Mustier, che dopo una serie di maxi-cessioni (come Pioneer, Fineco, Bank Pekao, Yapi) era arrivato a mettere sul tavolo uno spezzatino del gruppo tra Italia e resto d’Europa. Da allora molte cose sono cambiate. E così oggi le nuove parole d’ordine di piazza Gae Aulenti sono «integrazione e crescita» nel nuovo piano strategico “UniCredit Unlocked”. «Dopo un periodo di razionalizzazione e ristrutturazione – scandisce Orcel nel corso della videopresentazione – Unicredit guarda a un’era di obiettivi, crescita e creazione di valore: non è un piano di breve termine ma che guarda al futuro».
La sfida, va detto, è tutt’altro che scontata. La presenza del gruppo sparsa in 13 diversi paesi, prassi operative eterogenee e perfino segmentazioni commerciali che cambiano da paese a paese sono ostacoli non banali da superare per un gruppo che vuole dirsi davvero unico, e non sono a parole. Ma Orcel intende ridisegnare la banca dalle fondamenta. Appena insediatosi, tra maggio e luglio scorsi, l’ex Ubs ha creato quattro aree commerciali (Italia, Germania, Centro ed Est Europa), ha rivisto l’organizzazione e ora punta su un cambio di approccio e mentalità, velocizzando i processi e decentrando responsabilità decisionali. E per farlo, anche in una logica di armonizzazione, conta di fare leva in particolare sulla tecnologia, con cui scalare esperienze positive delle singole nazioni per estenderle a tutto il gruppo.
Obiettivo: 16 miliardi al 2024
Si vedrà. Di certo la Borsa dà pieno credito al banchiere romano, tanto da far schizzare del 10,8% il titolo, che chiude a 12,8 euro. In una sola seduta la capitalizzazione cresce di 2,8 miliardi, tornando ai livelli pre-Covid. Del resto gli obiettivi finanziari al 2024, anno a cui guarda il piano, e i benefici per gli azionisti sono notevoli. E vanno al di là delle aspettative degli analisti. UniCredit intende generare un ritorno sul capitale tangibile del 10% (dal 4% circa attuale) e distribuire almeno 16 miliardi di euro in arco piano tra buyback e dividendi, cifra monstre se si considera che essa rappresenta il 60% circa della capitalizzazione pre annuncio. La prima tranche, fissata per il 2021, è pari a 3,7 miliardi (cash dividend del 30%) ma a tendere l’obiettivo è andare oltre.
Target «ambiziosi» per qualche analista, «aggressivi» per altri, ma che nel complesso trovano il consenso del mercato perchè credibili. Anche perchè si basano su ipotesi conservative (Euribor a 3 mesi stabile) e in fondo avrebbero l’effetto di chiudere la forbice con i principali competitor europei. Tre le leve su cui il banchiere intende agire. La prima è quella dei costi, la cui base verrebbe ridotta di 0,5 miliardi in valore assoluto rispetto alle previsioni, al netto di 0,6 miliardi di investimenti nel digitale e di 0,5 miliardi di inflazione, facendo così atterrare il rapporto tra costi e ricavi dal 56% al 50%. La seconda direttrice è quella dei ricavi: piazza Gae Aulenti vuole spingere sull’acceleratore, generando 1,1 miliardi di ricavi netti in più per portare la redditività sopra il costo del capitale, principalmente grazie alle commissioni e a un recupero nella quota di mercato. La banca offrirà prodotti attraverso il supporto di due fabbriche prodotto centralizzate, il Corporate Solutions e Individual Solutions, che lavoreranno trasversalmente nelle 4 aree del gruppo. Il terzo fronte è quello del capitale, che sarà usato in maniera più oculata, puntando su business a minor assorbimento. Tutto ciò, combinato a un incremento della redditività, consentirà di generare capitale organicamente per circa 150 punti base all’anno. A piano UniCredit conterà su un Cet 1 ratio compreso tra il 12,5 e 13%. «Cerchiamo di bilanciare la massimizzazione dell’utile netto con la minimizzazione del consumo di capitale per raggiungerlo», sottolinea Orcel.
Ci sarà così spazio per fare importanti investimenti sul digitale, sborsando 2,8 miliardi. Una dote che permetterà al gruppo di varare una nuova piattaforma commerciale per la clientela, ma anche di migliorare la gestione dei pagamenti e rafforzare in particolare le difese sul fronte della cybersecurity. In agenda ci sono 3600 nuove assunzioni (mentre in serata è emerso che il piano prevede per l’Italia 950 uscite volontarie), di cui 2100 sul fronte informatico. E anche per questo guadagna il plauso dei sindacati: «Per la prima volta c’è un vero piano di rilancio», dice il segretario della Fabi Lando Sileoni.
M&A e il capitale in eccesso
Il capitale in eccesso potrà essere usato nel caso di eventuale M&A senza che questo «impatti sulla distribuzione» agli azionisti. In questo senso il ceo di UniCredit vule tenersi mani libere: oggi non c’è nulla sul tavolo. «Non lo pianifico e non lo escludo», dice Orcel. Ma se in prospettiva si presenterà qualche occasione «la valuteremo». Che siano piccole acquisizioni di portafogli o qualcosa di più significativo lo si capirà col tempo. Una cosa è certa, anzi tre. Eventuali operazioni dovranno rispettare tre condizioni: idoneità strategica, consolidamento del Rote atteso e incremento degli obiettivi di distribuzione.