Avvenire, 9 dicembre 2021
I robot in redazione
Prima di rispondere vale la pena di fare il punto su alcune cose. La più importante è che la figura del giornalista non solo è cambiata con l’avvento del digitale ma sta anche subendo duri colpi e trasformazioni a causa della crisi che da anni colpisce l’editoria. C’è anche un altro dato, non meno importante. E cioè che, in questi anni, è cambiata anche la fiducia della gente nei confronti dei giornalisti e dei giornali. Secondo l’Edelman Trust Barometer 2021, in Italia i giornalisti hanno la fiducia solo del 36% degli italiani (era il 39% nel 2020). E non è finita qui: dal 2020 al 2021 la credibilità dei media tradizionali è passata dal 65% al 52%.
Di problemi il settore ne ha tanti altri ma lo spazio che abbiamo a disposizione ci impone di restare sulle domande iniziali. Davvero i robot (come chiamiamo comunemente certi sistemi automatizzati) stanno rubando (e ruberanno sempre di più) il lavoro ai giornalisti? E cosa cambierà per i lettori?
La risposta più corretta alla prima domanda è «dipende». Dipende innanzitutto da come gli editori ma anche le redazioni useranno queste nuove tecnologie. Da tempo, per esempio, l’agenzia Reuters usa questi sistemi per elaborare notizie di Borsa, su bilanci aziendali o sui risultati di una partita di basket. Lavori che in Italia fanno ancora tanti colleghi umani in diverse redazioni (credo) con pochissima soddisfazione professionale. Si sono abituati a farlo. Per dovere, non certo per passione. Anche se poco qualificante e poco soddisfacente questa è una parte ancora importante dell’informazione. L’arrivo dei sistemi automatizzati, in grado di fare questo tipo di lavoro, apre due scenari. Il primo è che siccome costano di meno degli umani, non si ammalano e non chiedono ferie, vengano adottati per tagliare posti di lavoro. Il secondo, che sta già avvenendo in America come in Svezia, è di usare l’intelligenza artificiale nelle redazioni per liberare tempo ed energie dei giornalisti per impiegarli nella creazione di informazione di qualità, in grado di fare la differenza e di rendere i prodotti giornalistici migliori.
Cosa cambia (o cambierà) per i lettori? In questo caso molto poco. Il giornalismo di qualità è (sarà) ancora fatto dagli umani, le brevi di cronaca e di sport o le notizie sulla viabilità dalle macchine.
Personalmente ho testato due servizi di base che usano l’intelligenza artificiale per produrre testi e devo dire che la maggior parte dei risultati mi ha colpito per la loro qualità. Questi sistemi sanno già scrivere un buon articolo sul lancio di un prodotto, rimaneggiando un comunicato stampa, ma non sono (ancora) in grado di fare un’inchiesta. Significa che noi giornalisti possiamo dormire sonni tranquilli? Per ora sì, ma non so per quanto. Chi ha avuto modo di testare software di intelligenza artificiale potenti come il GPT-3 di OpenAI, si è trovato davanti a un sistema capace di scrivere testi così complessi e ben argomentati da potere mettere in crisi non solo il mondo dell’informazione. Se non saranno regolati, i sistemi più potenti come questo presto potranno produrre analisi, editoriali, tesi o libri di saggistica al posto nostro, magari senza che nessuno ci avverta sulla vera natura dell’autore.