ItaliaOggi, 9 dicembre 2021
Seul, i buddisti non vogliono sentire i canti di Natale nei bar
Il Natale porta polemiche anche in Asia. Dopo il dibattito sul decalogo politicamente corretto della Ue, a migliaia di chilometri di distanza, in Corea del Sud, l’ordine buddista ha minacciato un’azione legale contro la campagna dei canti natalizi promossa dal ministero della cultura sudcoreano su scala nazionale.
Il governo coreano, l’ufficio dell’arcidiocesi cattolica di Seul, il consiglio nazionale delle chiese della Corea e le chiese cristiane unite hanno annunciato il lancio di una campagna per promuovere i canti natalizi su suggerimento del cardinale Andrew Yeom Soo-jung, che lo scorso martedì si è ritirato dalla carica di arcivescovo cattolico della capitale.
L’iniziativa natalizia ha lo scopo di offrire conforto alle persone che soffrono durante la pandemia. E invita le catene di caffè, i ristoranti e i supermercati a trasmettere canti natalizi nei loro negozi. Inoltre, verranno distribuiti 30 mila coupon che consentiranno alle persone di riprodurre in streaming i canti natalizi sulle principali piattaforme di musica digitale, mentre la Korea Copyright Commission ha stilato un elenco di 22 brani che potranno essere riprodotti gratuitamente.
Il 25 dicembre, Natale, saranno le stazioni radio gestite dalle principali emittenti coreane a passare brani tradizionali.
La principale associazione buddista del paese, l’ordine Jogye, si è detto «profondamente scioccato» dalla campagna. Ed è pronta a intraprendere azioni legali contro il governo guidato dal democratico Kim Boo Kyum. «La campagna di canti natalizi è un’esplicita promozione di una religione specifica da parte del governo, e costringe le persone a una particolare musica religiosa», sono le parole di un funzionario dell’ordine Jogye riportate dal Korea Herald, «In quanto tale, la campagna di canti natalizi deve interrompersi immediatamente».
L’associazione buddista ha sottolineato che il progetto del governo è solo uno degli episodi di «pregiudizio religioso e di discriminazione» che si sono verificati di recente nelle organizzazioni pubbliche e in altri esecutivi regionali. Tentativi che, secondo l’ordine Jogye, includono un piano per creare un percorso di pellegrinaggio cattolico nazionale che includa due templi buddisti lungo il percorso e la presenza dominante di musicisti della chiesa in 19 cori di concerti nazionali e pubblici. L’ordine ha contestato anche la visita di Papa Francesco, che lo scorso ottobre ha incontrato il presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in.
I buddisti coreani, pur di fermare la campagna di Natale, sono pronti a tutto. Oltre al ricorso in tribunale, l’associazione sta valutando di presentare una petizione costituzionale oppure richiedere un’ingiunzione provvisoria per bloccare la distribuzione dei coupon e per la trasmissione dei canti in streaming.
I rappresentanti dell’ordine buddista comprendono le buone intenzioni del governo, ma non concordano sul fatto che siano i tradizionali canti natalizi a dover dare conforto e supporto ai cittadini. Motivo per il quale hanno chiesto lo stop e la soppressione definitiva della campagna. Babbo Natale, dopo l’Europa, porta polemiche anche in Corea del Sud.