Il Sole 24 Ore, 9 dicembre 2021
Il prezzo del caffè è raddoppiato
Il caffè come i microchip. Anche la materia prima dell’espresso è sempre più costosa e sempre più rara, a causa di problemi di produzione e del caos nei trasporti marittimi. I chicchi di varietà arabica in particolare sono quasi raddoppiati di valore da inizio anno, fino a raggiungere livelli di prezzo che non si vedevano dal 2011, intorno a 2,5 dollari per libbra all’Ice di New York. Il rally – sia pure tra alti e bassi – minaccia di proseguire, contagiando in misura crescente anche il mercato del robusta, caffè di qualità meno pregiata, adatto alle miscele solubili, ma utilizzato insieme all’arabica anche per la tazzina all’italiana: un piacere, quest’ultimo, che in molti bar è già rincarato a 1,20 euro e oltre negli ultimi mesi.
Anche il caffè, come molti altri prodotti e merci, viaggia soprattutto in navi porta container. E i rifornimenti – con i noli marittimi decuplicati in un anno e tempi di trasporto tuttora biblici – sono diventati un’incubo. Al punto da spingere i torrefattori a servirsi del mercato dei futures come fornitore “d’emergenza”, una soluzione non certo ideale in termini di qualità e di selezione dei chicchi. Eppure magazzini delle borse merci dopo l’estate hanno cominciato a svuotarsi rapidamente, con consegne per oltre 400mila tonnellate di arabica all’Ice nel trimestre in corso, un fenomeno che accentua le tensioni sui prezzi dei futures.
L’offerta di caffè non solo raggiunge con difficoltà i mercati di consumo, ma è anche particolarmente scarsa. Ci sono fenomeni di accaparramento, come spesso accade in periodi di forte rialzo dei prezzi: gli operatori segnalano frequenti casi di default sulla consegna di carichi ordinati quando i prezzi erano più bassi di oggi. Ma in cima alle preoccupazioni, ad alimentare il rally dei prezzi, ci sono soprattutto i danni climatici subiti dai raccolti, in particolare in Brasile. Il Paese sudamericano, primo produttore mondiale di caffè (soprattutto arabica), ha sofferto gelate e periodi di siccità con effetti disastrosi sulle piantagioni, tanto che gli analisti temono un impatto anche sui raccolti dei prossimi anni.
Nella stagione 2021-22 l’Usda si aspetta che il raccolto brasiliano si ridurrà del 19%, a 56,3 milioni di sacchi da 60 kg, mentre l’export la previsione è di un crollo del 27% a 33,2 milioni di sacchi.
Anche il secondo produttore di arabica, la Colombia, è in difficoltà: la federazione nazionale dei coltivatori di caffè ha segnalato in questi giorni che a novembre la produzione si è ridotta del 22% rispetto all’anno scorso (a 1,13 milioni di sacchi). In Etiopia, altro importante fornitore, è intanto riesplosa la guerra civile.
Il clima avverso non ha risparmiato neppure il Vietnam, leader nella produzione di caffè robusta. Ma l’impatto non è stato grave come in Brasile. Il problema principale è stato piuttosto il Covid: un’ondata di contagi nei mesi scorsi ha paralizzato il Paese, con conseguenze disastrose sia sulla disponibilità di manodopera in agricoltura, sia soprattutto sulla logistica. Viabilità e porti bloccati, qui e in altre aree del Sudest asiatico, hanno ostacolato le esportazioni, con ricadute che non hanno interessato solo la filiera del caffè ma anche altri settori, tra cui in particolare l’abbigliamento e le calzature sportive (si veda Il Sole 24 Ore del 5 settembre 2021).