La Stampa, 9 dicembre 2021
Il manifesto Si Vax di Tito Boeri. Intervista
Un dialogo sui vaccini per non chiudersi nelle proprie idee è l’idea racchiusa nel libro «Sì Vax» (Einaudi) scritto dagli economsti Tito Boeri e Antonio Spilimbergo.
Com’è nata l’idea di scrivere un libro sotto forma di dialogo socratico?
«Quest’estate ho discusso a lungo con una persona a me molto cara che non ha voluto vaccinarsi e ho pensato che la formula del dialogo fra due persone che si rispettano poteva essere quella giusta per affrontare la riluttanza a vaccinarsi».
Un dialogo che nella realtà però non esiste. Il dibattito pubblico è invece sempre più violento.
«Temo molto l’acutizzarsi del conflitto fra vaccinati e non vaccinati nel confronto pubblico. Rischia di diventare esplosivo. Tutti i Sì vax hanno nella loro cerchia di legami persone che sono riluttanti a vaccinarsi e con cui faticano a discutere di questi temi. Il libro può essere d’aiuto».
Una guida per discutere senza litigare e semmai anche trovarsi d’accordo?
«Una guida alla comprensione reciproca. Chiaramente non ci siamo basati solo sulla nostra esperienza personale ma abbiamo consultato medici di base che avevano chiamato soprattutto ultra 65enni che non si erano vaccinati. Parlando con loro ci siamo fatti raccontare quali erano le resistenze e le ragioni addotte dai loro pazienti che non volevano vaccinarsi».
Voi però siete degli economisti. In che modo intervenite su una materia sanitaria?
«Come economisti abbiamo una certa dimestichezza nel leggere e interpretare i dati e questo è importante perché invece spesso si creano equivoci sulle cifre che vengono fornite. Siamo poi abbastanza abituati a capire i conflitti, gli incentivi che guidano il comportamento umano e a non dare giudizi morali. Questo ci mette nella condizione spesso di offrire soluzioni pragmatiche, di compromesso fra esigenze diverse. E’ l’approccio migliore quando si deve tracciare il confine fra tutela della libertà di ciascuno di noi e libertà degli altri. Se diamo giudizi morali rischiamo unicamente di accentuare il conflitto e di non risolvere il problema».
Un esempio di equivoco sui dati?
«Nel libro, uno dei due dialoganti, Riccardo, snocciola alcuni dati secondo i quali in termini assoluti tra i ricoverati in terapia intensiva ci sono più persone vaccinate che non vaccinate. Piera gli fa notare che la popolazione vaccinata era nettamente più numerosa quindi era normale che ci fossero in termini assoluti più ricoverati. Guardando alla percentuale di vaccinati in terapia intensiva e alla percentuale di non vaccinati in terapia intensiva ci si rende conto che la probabilità di contrarre la malattia in forma grave è nettamente più alta fra chi non si vaccina».
I contrari al vaccino sostengono che l’obbligo vaccinale sia un attentato ai diritti fondamentali delle persone.
«Si è discusso a lungo dell’obbligo, qualcuno ha anche proposto di far pagare le cure mediche a chi non si vaccina. Noi crediamo che siano tesi sbagliate perché non si pongono il problema di come mettere in atto l’obbligo vaccinale. Si pensa di mandare polizia e carabinieri con stuoli di infermieri a casa di ognuno? Oggi ci sono circa 6 milioni di persone non vaccinate; tenendo conto dei richiami vorrebbe dire fare 12-18 milioni di visite a domicilio alle persone. Oppure diamo multe e se loro non pagano finiamo in contenzioso con i tempi biblici italiani? O ancora adottiamo misure di tipo penale? Proposte di questo tipo hanno l’unico risultato di scatenare l’ira di chi non è vaccinato».
Che cosa suggerisce, invece?
«E’ preferibile creare piccoli incentivi, spinte gentili creando sempre maggiori difficoltà come il Green Pass per lavorare a contatto di colleghi e col pubblico o il Green Pass potenziato per andare al ristorante. Negli Stati Uniti si organizzano lotterie. Si tratta di studiare misure per incoraggiare le persone a vaccinarsi senza imporre obblighi assoluti ma attraverso soluzioni pragmatiche. E rendere sempre più difficile il procrastinare la scelta di vaccinarsi».
Un altro degli argomenti utilizzati dai contrari al vaccino è che non è stato abbastanza sperimentato.
«Non è vero, la sperimentazione è stata fatta velocemente ma con estrema cura. Si è stati più rapidi che altre volte perché i governi si sono fatti carico di molti rischi economici insiti nel progettare i vaccini e perché il contagio del mondo è stato così rapido da permettere di raggiungere rapidamente la soglia critica di contagiati che permette di condurre in porto la sperimentazione. Di questo parliamo in dettaglio nel libro».
Secondo molti contrari, fra tre anni i vaccinati saranno tutti morti o con modifiche al Dna.
«La storia dei vaccini, raccontata nel libro, ci insegna che gli effetti negativi dei vaccini emergono subito non nel lungo termine. Oggi abbiamo più di tre miliardi di persone vaccinate e, in molti casi, da quasi un anno. Se ci fossero i rischi paventati dai No vax ne avremmo qualche riscontro, non crede? In Italia la farmacovigilanza monitora attentamente la situazione».
Una parte di chi non si vaccina ammette di avere paura.
«Questo è un atteggiamento coraggioso. A chi ha paura dico che non bisogna ragionare come se esistessero scelte senza rischi. Vaccinarsi non è a rischio zero e quando ci si vaccina si sta bene. Bisogna, però, mettere a confronto i rischi di vaccinarsi e avere effetti collaterali negativi a quelli di non vaccinarsi e contrarre il virus in forma grave. I dati dimostrano in modo incontrovertibile che vaccinarsi è la scelta di gran lunga meno rischiosa».