Il Messaggero, 8 dicembre 2021
Intervista al rapper Highsnob, che sarà a Sanremo
La vita spericolata che Vasco sognava di vivere, come cantava a Sanremo nell’ ’83, prima della svolta, Highsnob l’ha vissuta già. Stupefacenti, dipendenze, carcere, disturbi dell’umore: il passato del 35enne rapper vero nome Michele Matera, avellinese di nascita ma spezzino d’adozione è tornato prepotentemente a bussare alle sue porte sabato sera, dopo che Amadeus ha annunciato la sua partecipazione tra i big al Festival di Sanremo 2022 e in molti hanno digitato in rete il suo nome alla ricerca di informazioni su di lui, fino a quel momento sconosciuto («Però due Dischi d’oro li ho vinti già, con 23 coltellate e con Harley Quinn, che hanno fatto rispettivamente 20 e 17 milioni di ascolti su Spotify», dice). Era sparito dai social un anno fa, dopo l’uscita del suo ultimo album Yang. È riapparso lunedì, due giorni dopo l’annuncio della sua partecipazione al Festival, dove gareggerà in coppia con l’altrettanto sconosciuta Hu (vero nome Federica Ferracuti, fermana, classe 1994, finalista l’anno scorso a Sanremo Giovani), pubblicando un’immagine scattata sul letto d’ospedale un giorno prima di scoprire di essere tra i big della kermesse.
Cosa le è successo?
«Ho dovuto sottopormi a un intervento chirurgico legato ad alcuni disturbi del comportamento alimentare causati dal bipolarismo, che è stato la natura di molti miei problemi».
Con certe malattie non si scherza: quando le è stato diagnosticato?
«Dieci anni fa. Non ho mai nascosto di soffrirne. Il mio primo disco, uscito nel 2018, lo intitolai proprio Bipopular. I disturbi mentali in Italia sono considerati ancora un argomento tabu. È importante parlarne».
È in cura?
«Lo sono stato. Quest’anno mi sono anche sottoposto per quattro mesi, da gennaio a giugno, a una terapia cognitivo-comportamentale».
Si spieghi meglio.
«È una terapia che aiuta il paziente a rimuovere dei meccanismi che la psiche ha creato negli anni come roccaforte per evitare di affrontare certi problemi. Nel mio caso i disturbi dell’alimentazione, l’azzardopatia. E la depressione, che in passato mi ha fatto pensare anche al suicidio. Quando si tratta di disturbi così complicati, l’idea di togliersi la vita è uno degli elementi che si presenta più frequentemente: rappresenta la via d’uscita più rapida dal problema».
Cosa l’ha salvata?
«Gli affetti, i miei genitori. Da papà, che fa il pittore e suona nei locali, ho ereditato la passione per l’arte e per la musica. Mamma lavora in un call center. Sono sempre stati molto presenti nella mia vita».
Ora come sta?
«Bene, ma non si abbassa mai la guardia. Sono stato sempre una testa calda, ma vorrei che non passasse solo questo di me. All’Ariston cercherò un riscatto».
Cosa ha spinto Amadeus a credere in lei?
«Il testo della canzone. È potente. Non posso svelare il titolo, lo faremo il 15 dicembre quando parteciperemo alla finale di Sanremo Giovani su Rai1, insieme agli altri big».
Di cosa parla il brano?
«È una canzone d’amore, piena di positività. Ho voluto Hu al mio fianco perché la sua voce impreziosisce il pezzo, che è molto personale. Come tutto il nuovo album, che uscirà nel 2022. Racconterà la mia rinascita. Ho chiuso con il passato. La vita da presunta rockstar non è bella. Luoghi comuni come il sesso, la droga e il rock’n’roll sono lesivi».
La cosa più estrema mai fatta?
«Una sera mi spogliai sul palco, insieme al mio ex sodale Samuel Heron, con il quale formavo il duo dei Bushwaka».
Tutto qua?
«Di cose da raccontare ne ho. Magari lo farò in un libro».
Quella sera come finì?
«Eravamo al Forum di Assago. Sedute sugli spalti c’erano 14 mila persone. Era un evento dedicato alla scena hip hop. La Digos ci inseguiva, siamo scappati».
È per questo che è finito in carcere, a San Vittore?
«No. Quello avvenne nel 2007. Avevo vent’anni».
Cosa combinò?
«Rimasi coinvolto in una rissa scoppiata per stupidaggini tra ragazzini. Non ne vado fiero. Rimasi dentro tre giorni».
Ha fatto mai del male fisico a qualcuno?
«In quel caso sì, ma per difendermi. Ma a parte quella vicenda, mai».
A scoprire i Bushwaka fu Fedez. Poi dopo lo scioglimento del duo lei violò una clausola di riservatezza inclusa nel contratto. E la vicenda finì in tribunale. Come si risolse?
«Ho dovuto pagare un risarcimento».
20 mila euro, giusto?
«No. La cifra esatta non la ricordo. Tra i 5 e i 10 mila euro, comunque. Sono stati devoluti a un’associazione che si occupa di violenza contro le donne».
A Sanremo avrà i riflettori puntati addosso. Nel 2020 il suo collega Junior Cally finì al centro delle polemiche per i contenuti dei suoi testi, che pregiudicarono la sua gara: teme i giudizi sul suo passato?
«Spero non ci si accanisca su di me. Con il passato ho chiuso: porterò sul palco la mia voglia di rinascita».